8. Impatto Imminente

 

L'elemento mitico non mancherà di farsi avanti, e già si sta avvicinando. In realtà esso è sempre presente, e al momento opportuno affiora alla superficie come i tesori. Tuttavia emergerà, come principio eterogeneo, proprio dal movimento quando questo sarà pervenuto al suo livello più alto, al massimo della sua potenza. E, inteso in questo senso, il movimento è soltanto il meccanismo, il grido della nascita. Non si ritorna indietro verso il mito, il mito lo si incontra di nuovo quando il tempo vacilla sin dalle fondamenta, sotto l'incubo di un pericolo estremo (Ernst Jünger, Der Waldgang).

Questo brano del pensatore reazionario tedesco, scritta nel 1951, preconizzava ciò che il giro di boa del millennio ci sta portando ad affrontare. Ma l'opinione di Jünger è, nello specifico, condivisibile solo se si pone l'accento su quel "come principio eterogeneo"che fa sbandare la frase e la spezza in due tronconi. Altrimenti ci toccherebbe seguire questo longevo puttaniere fino in fondo, fino alla constatazione che "i popoli non abbandonano mai la speranza di un nuovo Teodorico, di un nuovo Augusto - un principe il cui mandato si annunci nelle costellazioni celesti. Essi intuiscono che la vena aurea del mito è appena al di sotto della superficie della storia, appena sotto il terreno misurato dagli agrimensori del tempo"(1).
Il mito che voglio far emergere come principio non solo eterogeneo ma caotico e in continua trasformazione è quello del network tamariano degli eventi. L'armonia, la trasparenza e la concordia tra le persone mi interessano ancor meno della linearità, e Reggie Dunlop non è un bardo che canterà le gesta del nuovo Teodorico rivoluzionario bensì un avanbardo che canta la Gemeinwesen. La comunità aperta che sorge dal network non è una società liberata post-rivoluzionaria, né tantomeno una classe rivoluzionaria: essa è la rivoluzione in atto, se per rivoluzione intendiamo un'evoluzione impredicibile e sul filo della catastrofe, un gioco del continuo divenire. Non ci sono più un prima e un dopo la rivoluzione, c'è solo un durante. Mi spiego meglio: il mito tamariano non è solo una semplice leva per muovere le masse alla rivoluzione (com'era invece il "mito dello sciopero generale"di Georges Sorel), non ha solo un'importanza strategica di pars destruens: le allegorie che ho usato in questo libro sono fondative, teogoniche, in esse è più importante la pars construens. Se un tale mi dicesse che il rifiuto del lavoro è solo un modo per spezzare gli ingranaggi capitalistici e vale solo fino alla rivoluzione, e che dopo di essa bisognerà tornare a lavorare perché l'ozio è una prerogativa della borghesia corrotta e decadente, mi chiederei da quale letamaio stalinista è uscito questo sopravvissuto del XX secolo.
La questione è analoga per il soggetto che ho chiamato - a seconda dei contesti - Reggie Dunlop, Luther Blissett, Tamariano, Con-dividuo, Avanbardo, Situazionauta etc.: se un giorno riusciremo a spodestare l'èlite capitalistica, proprio allora sarà il momento di approfondire ed estendere l'uso tamariano del mito, del segreto, della simulazione e della menzogna per creare situazioni, perché queste non sono prerogative della marcia società di classe da superare in nome della Verità e di rapporti "più naturali". Lascio volentieri queste sconcezze a chi sguazza nei letamai pseudo-anarco-francescani. Come scrisse Georg Simmel:

"La concordia, l'armonia, la collaborazione, che hanno valore di forze socializzanti per eccellenza, devono venire interrotte da distanza, concorrenza, repulsione per creare la reale configurazione della società: le forme fisse organizzatrici, che sembrano forgiare la società o crearne una simile, devono continuamente essere disturbate, squilibrate, intaccate da forze individualistiche irregolari per vincere, cedendo e resistendo, la vitalità della loro reazione e della loro evoluzione [...] La reciproca conoscenza che condiziona positivamente i rapporti non lo fa di per sé sola: lo stato delle cose, così com'è, include anche una certa ignoranza, presuppone una certa misura, ovviamente incommensurabile, di alterna reciproca segretezza [...] Il segreto in questo senso, l'occultamento di realtà sorretto da mezzi negativi o positivi, è una delle massime conquiste dell'umanità. Rispetto alla condizione infantile in cui ogni rappresentazione viene subito espressa, ogni iniziativa è accessibile a tutti, tramite il segreto si ottiene un infinito ampliamento della vita perché molti dei suoi contenuti non possono affiorare neppure nel caso in cui tutto venga reso pubblico" (2).

La descrizione di Simmel non vale solo per la società capitalistica, ma per ogni consorzio umano passato, presente e futuro, si tratti di società o di comunità. Poiché nessuna rivoluzione è tanto radicale da proiettare chi la fa al di là di ogni precedente alienazione e catapultare l'umanità in una sorta di Storia Sacra, è lecito supporre che dopo il crollo dell'èlite sorgeranno nuovi problemi di convivenza e comprensione reciproca, e il segreto e la menzogna continueranno ad avere le loro preziose funzioni. L'elemento mitico non mancherà dunque di farsi avanti: il futuro appartiene, forse, al network tamariano degli eventi. La comunità che viene è comunità del rischio, delle collisioni e del conflitto. Se possibile, ci sarà ancor più conflitto che nella presente comunità-capitale, ma non sarà competizione nel mercato né guerra civile, bensì un conflitto che non scorderà mai di essere anche cooperazione sociale: una continua creazione di situazioni di vita vissuta dove nessuno perderà perché la vittoria sarà la stessa partecipazione al gioco, la stipulazione di nuove alleanze momentanee e di regole che prevedano già il proprio aggiramento e la propria trasgressione. Un grande "Darmok e Tjalad a Tanagra", o "Picard e Datohn su El-Adrel", qualcosa che non avreste mai associato all'idea di una fuoriuscita dal capitalismo.

"Si è alzato il vento con polvere dentro. Forse un temporale in arrivo"- disse, chiudendo le finestre, qualcuno. Ignorando quanto fosse nel falso. E nel vero. (Gilberto Centi, 1995).

 

NOTE

1. E. Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, Milano 1980. Il titolo originale è Der Waldgang, ovvero "il passare al bosco", "il darsi alla macchia".

2. Georg Simmel, Il segreto e la società segreta, SugarCo, Varese 1992. Oggi diremmo dividualistiche anziché "individualistiche"e dinamica delle cose anziché "stato delle cose".

 

 

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