7. Spronando il lama della storia fino a farlo sputare
Un'alba. Il cielo è terso ma non troppo. Un uomo cammina in mezzo
agli alberi. In lontananza, la Tour Eiffel e il Big Ben, ma potrebbe anche
essere una scenografia di compensato. L'uomo ha un sacchetto in mano che
contropendola rispetto al braccio. Ogni tanto si china sotto un albero,
sparge un po' del contenuto del sacchetto, poi attraversa il prato e ripete
l'operazione da un'altra parte. La scena si ripete per parecchi giorni.
Nelle settimane seguenti, i quotidiani cittadini e le pagine locali del
Daily Planet, del Monde e del Daily Bugle, sono costretti a dar conto di
un fenomeno, abnorme per le sue proporzioni, di uso diffuso di allucinogeni
naturali.
L'Amanita Muscaria, se ingerito senza precauzioni può dar luogo a reazioni
molto pericolose e portare finanche al decesso, ma nelle dosi giuste dà
visioni e deliri. Una droga usata tradizionalmente, celebrata in canzoni
e storielle popolari, probabilmente usata anche dagli antichi druidi durante
le celebrazioni religiose.
Dai giornali locali risulta che da qualche tempo una fetta notevole della
popolazione giovanile di ****** è entrata in possesso del know-how
relativo ai modi di preparazione e alla tabella dosi-effetti di quel benedetto
(o maledetto) fungo. Da perquisizioni della polizia effettuate in diverse
scuole emerge che mentre l'uso di hashish e marjuana è rimasto stazionario,
si sono avuti segnali dell'esplosione nelle ultime settimane del consumo
di "droghe di altro tipo", correlato con ricettari medico-gastronomici
di incredibile accuratezza.
Corrono voci decisamente allarmistiche, altre tentano di tranquillizzare
benpensanti e padri di famiglia sul fatto che i nuclei sanitari, con la
consulenza di esperti micologi, elimineranno presto ogni residuo della mortale
Amanita dal verde cittadino.
C. si definisce Corsaro Situazionauta e Provocatore Professionista. Ha
aderito un anno fa al Luther Blissett Project. Del tutto casualmente è
venuto in contatto con me, Luther, ed un mio collega, Luther. Ci ha mostrato
del materiale sulla singolare stagione d'oro a ****** di quello che è
da tempo (e giustamente) classificato come fenomeno modaiolo ciclico, incentivato
in questo caso da una natura generosa. Si tratta di qualche filmato tv e
di un archivio di ritagli di giornali e riviste risalenti a un paio di anni
fa, che fanno riferimento alla proliferazione nei parchi e nei giardini
privati di ****** del fungo Amanita Muscaria.
Nelle pagine locali del Daily Bugle si legge:
"Da alcune settimane nella periferia si registra un aumento nella diffusione dell'Amanita Muscaria dovunque vi siano aree verdi. Non è possibile dire al momento se il fenomeno sia dovuto a un improvviso innalzamento nel tasso di fecondità della specie o all'azione di qualche sconsiderato. Il fungo è pericoloso per ingestione, soprattutto per i bambini."
"È un articolo chiaramente reticente e tendenzioso", spiega
C. in una intervista da noi fattagli per conto di una radio antagonista
di Amburgo, "chiunque fosse uscito di casa in quei tempi e, normalmente,
avesse parlato con un po' di gente, si sarebbe accorto del fatto che tutti
sapevano molto bene che il funghetto si poteva trovare in qualunque giardino,
anche in centro.
Tutti sapevano che la sua diffusione era effettivamente dovuta a uno sconsiderato.
Altro che esuberanza della natura!"
Si sarà ormai capito che qui C. parla di se stesso e di alcuni amici
che in quell'umido inverno per parecchie notti batterono l'area metropolitana
con sacchetti di spore.
"Tutti erano capaci di usare il fungo o come minimo avevano un amico
che sapeva come fare...". C. & co. infatti non avevano dimenticato
di lasciare in giro innumerevoli volantini con vere e proprie istruzioni
per l'uso.
C.: "Già da qualche settimana lasciavamo nei cessi delle scuole superiori e dell'Università i ricettari. In un primo tempo i più si sono dimostrati restii ad abbandonare le droghe leggere tradizionali, perché più che agli effetti liberatori e di socializzazione che esse implicano, erano interessati al valore feticistico delle canne... allo status. Quando si sono accorti che la valenza trasgressiva e l'aura che circonda le canne non è la cosa più importante, hanno capito il vantaggio di poter accedere gratuitamente a una droga leggera, senza favorire il racket dello spaccio e aprendosi a una serie di esperienze attive e non più passive. Però va chiarita una cosa: personalmente non mi interesso di sperimentazione creativa tramite sostanze psicotrope, e non me ne frega niente della ricerca dell'ipercoscienza o cose di questo genere. Chi non conosceva l'autore di questa grande polluzione - ma anche qualcuno che mi conosceva - ha pensato di avere a che fare con un freakettone megalomane. Ma i freakettoni sono loro. Io sono un Provocatore Professionista e un Netsurfer dell'inconscio collettivo. Non mi interessano le tante esperienze singole, i tanti viaggi che singolarmente si possono intraprendere con l'uso di questa o quella sostanza. Sono interessato invece a dare il mio contributo alla costruzione di un network degli eventi. La liberazione dei segni e delle esperienze può avere all'origine molto di visionario e di poetico, ma si dovrebbe basare essenzialmente su un comune savoir-faire nell'uso spassionato dei segni stessi. Il vero viaggio sarà quello lì, e renderà inutili i simulacri mediatici da cui oggi le esperienze comuni vengono masticate, la tv e le sue discendenze interattive'".
Luther Blissett: "Ma qual era l'effetto immediato che ti proponevi di raggiungere con questo evento? Perché hai usato un cavallo di Troia così pop?"
C.: "Il fungo allucinogeno era adattissimo a suscitare l'interesse e la preoccupazione di molte persone. Non mi interessava tanto l'oggetto specifico, quanto il modo della comunicazione. Volevo vedere quante persone avrebbero mangiato la foglia. Le leggende metropolitane - fondate o meno - sono lo specchio delle storie che i media ci propinano quotidianamente e sono virtualmente indistinguibili da esse. L'estetica della tv conferisce alla leggenda un grado di probabilità superiore che ne determina l'evoluzione successiva..."
Un numero sempre maggiore di persone è in grado di percepire le differenze
tra un si dice e una notizia riportata dai media, ma solo perché
tali differenze sono suggerite dagli operatori dei media stessi. Si tratta
quindi di costruire delle leggende metropolitane che già all'origine si
prestino ad essere riportate dai media, cioè che impediscano agli
operatori di prendere posizione sulla loro tendenziosità. Insomma, devono
crederci loro prima di tutti e non essere in grado di capire chi può avere
interesse alla diffusione della notizia.
A questo proposito C. dice: "Le leggende metropolitane hanno in
genere delle grosse pecche: trattano argomenti marginali o tabù, sono troppo
pop nei canoni espressivi o troppo poco, esprimono punti di vista singoli.
Bisognerebbe fare un salto di qualità verso l'iperreale, costruire storie
prive di abbellimenti coloriti, trattare argomenti di interesse generale,
ma mirare a target precisi in ogni singola fase dello sviluppo. E nel momento
in cui il loro cammino attraversa i media bisogna interagire con molta cautela."
L.B.: "Abbiamo letto le numerosissime lettere false che i giornali vi hanno pubblicato..."
C.: "Sì, come vedi sono firmate da persone di tutte le età e contengono le opinioni più diverse sulla faccenda: costringono i lettori a prendere posizione ed esasperano gli animi. Ne abbiamo scritte centinaia, statisticamente ogni giornale doveva per forza pubblicarne almeno una. La leggenda del fungo è stata un esempio di penetrazione nell'immaginario mediatico da parte di eventi creati arbitrariamente per strada. Tornando al discorso generale, oggi la paura della disinformazione è massima e soprattutto fondata. Logicamente radio marciapiede non ha mai smesso di funzionare, ma il suo territorio di azione non è più ampio come una volta. Funziona più che altro all'interno di ambiti e interessi ultralocali. L'interesse di molti e la paura di catastrofi globali ridiffondono l'uso di radio marciapiede. Ma tutto questo evidentemente è strumentale ad altro. Ed è proprio qui che viene il bello: una volta create le onde dell'immaginario bisogna prendere la tavola e fare surf. Ognuno trova il suo stile di netsurfer. C munque ci vogliono coordinazione ed equilibrio. Infatti non bisogna mai farsi sommergere dall'onda della cronaca, né allontanarsene troppo, ma scartare al momento giusto e nella direzione meno prevedibile. Tra l'altro è una pratica che ha preso piede anche in Italia, ho sentito..."
L.B.: "Modestamente... Domanda retorica: il vostro scopo è la delegittimazione dei media?"
C.: "Evidentemente no. L'unica legittimazione reale che i media hanno è politica, e distruggerla equivale a fare la rivoluzione, il che realisticamente non può essere tra gli obiettivi più immediati... Lo scopo è un altro. All'inizio è necessario fare sperimentazione, per rendersi conto di quali siano i margini possibili di incidenza sull'immaginario collettivo - abbiamo riscontrato che essi sono amplissimi - e gettare teste di ponte su territori più vasti possibile. più tardi il rapporto con la comunicazione di massa si porrà in termini del tutto diversi. Usando come tavola da surf il multiple name, la delegittimazione che opereremo sarà più profonda, perché colpirà i nessi tra immaginario e produzione materiale."
L.B.: "Cioè?"
C.: "Le idee poduttive vengono dal basso. In effetti oggi la produzione,
di merci e di immaginario, si appropria delle idee e ne abusa indiscriminatamente.
Il sistema dell'informazione mette solo in collegamento intelligenze che
sondano i bisogni-desideri espressi al momento dall'organizzazione del lavoro,
oppure da arte e moda. Dobbiamo riprenderci la facoltà di organizzare questi
collegamenti.
Il Prodotto intellettuale ha bisogno di un nome proprio che lo accompagni:
trade mark, griffes, nomi di personaggi famosi... è così che si
verifica un livellamento verso il peggio: esperienze interessanti vengono
massificate e banalizzate e dall'altra parte spaventose cazzate occupano
l'immaginario, grazie all'accostamento con altri segni di successo.
Dal nostro punto di vista il nome proprio insinua sospetti sulla consistenza
e sugli scopi di qualsiasi progetto."
L.B.: "In effetti, il multiple name è un grosso deterrente per i cazzari..."
C.: "Eh già... [dallo zainetto Invicta, estrae un quaderno Benetton
e legge] Karen Eliot afferma che il nome collettivo illumina i problemi
sollevati dai vari atteggiamenti mentali sull'identità [ma anche] l'individualità,
l'originalità, il valore della proprietà e la verità'(1). Dunque il nome
collettivo è l'arma definitiva per squarciare il simulacro dei rapporti
sociali(2).
Anche se il viaggio di Luther Blissett nei suoi primi passi è stato
aperto a un'interpretazione ludica che giustamente lo caratterizza, è
evidente che il multiple name ha delle implicazioni più ampie. Ciò che
qui stiamo preconizzando, sia chiaro, è la genesi di un nuovo tipo
di vita. La gioiosa e al tempo stesso faticosa liberazione che ci aspetta
non è sufficiente venga attuata singolarmente. Deve essere lo sforzo
collettivo di una nuova comunità. Tra l'altro, cosa ci può essere di più
adatto ad essere descritto-infiammato da un mito? "Perché sì,
i miti a volte descrivono a posteriori, ma altre volte giocano col loro
oggetto mentre ancora si evolve, così da influenzare gli avvenimenti in
modo meraviglioso"(Jacques Le Goff).
L.B.: "Io direi che chiunque voglia salvare il culo deve prendere atto che questo passaggio è ormai una necessità impellente. Ciò dovrebbe renderci poco tranquilli anziché no... "
C.: "È vero. Ciò che il Luther Blissett Project intende avviare
è la vera politica di salute pubblica, attesa anche da troppo. La
mitologia è nata per conferire unità e identità a popoli e classi
sociali a cui esse erano state strappate, oppure per aiutare a compiere
un superamento, a fornire l'energia necessaria per una trasformazione. Il
nome collettivo crea e decrea mitologie per dissolvere le identità che
ci vengono assegnate ogni giorno a scopo di controllo, e che oggi costituiscono
l'impasse da superare. Così Luther Blissett chiude il circolo della Storia
come Tradizione. Ma se vogliamo che un'evoluzione di pensiero si compia
davvero e in tempi non eterni, dobbiamo stare attenti...
In ogni epoca i poteri costituiti hanno avuto il bisogno strutturale di
superare dei momenti di crisi rigenerativi, di assecondare adattamenti di
mentalità che coinvolgevano larghe fasce di individui. Ci piace pensare
che, tutto sommato, ciò abbia comunque prodotto un'effettiva evoluzione
del pensiero umano, che di volta in volta si è sbarazzato di certezze
e identità fittizie. Sta di fatto che l'establishment, vampirizzando (recuperando)
i miglioramenti che venivano dal basso, ha sempre mantenuto il controllo
della situazione. All'interno dei sistemi politici gli sbocchi dei processi
critici sono sempre stati indotti e in seguito pilotati. La Chiesa romana
corrotta ha reagito alle critiche radicali con la Controriforma, e nell'era
moderna la borghesia ha inventato la socialdemocrazia per neutralizzare
la lotta del proletariato".
L.B.: "Stanno riemergendo teosofie e spiritualismi vari - questa non è forse una reazione alla crisi dell'Individuo e delle ideologie liberali e borghesi?"
C.: "Certo. Se oggi l'individuo è l'ultimo ingombrante totem, pur essendone chiari i limiti, significa che è anche il più resistente; è ben difficile intravvedere un modo di riformarlo e nondimeno i suoi difensori si chiuderanno a riccio per difenderlo, proprio come una chiesa (o un tempio). Ora cercano di scavare nell'interiorità fino a trovare il nucleo dell'animo umano e della sua infinita potenza. Puah! è per questo che Luther ha iniziato un détournement di questi culti: per sfilare il tappeto da sotto i piedi a questi guru del cazzo... La partita va giocata in chiave dinamica e non statica. Solo Luther Blissett può tessere la rete poiché essa deve essere elastica. L.B. crea miti che (come è stato storicamente per molti di essi) vengono continuamente ridefiniti da altri me stesso. Personalmente ho sentito raccontare almeno tre diverse origini del Progetto. Solo che ora le fasi storiche si misurano in settimane..."
Avevo conosciuto C. ad una conferenza accademica sul teatro di ricerca
a Milano nel dicembre '94. In quei giorni io e Luther fummo invitati ad
un pigiama party nella zona dei Navigli, credo. Non eravamo mai stati ad
un pigiama party ed eravamo parecchio divertiti all'idea. Ci portarono in
una casa molto grande, in un palazzo quasi diroccato. La festa era silenziosa
e al tempo stesso vitale. Si erano formati vari ambienti interessanti, tutti
con un'atmosfera tenue. Lì cominciammo uno scambio di idee con un austriaco
sulla sua attività di sabotatore neoista. Uno pieno di contatti... Aveva
scambi anche con la Brooklyn Psychogeographical Association, della cui esistenza
a quel tempo noi non sapevamo neanche... e l'omologa di Helsinki. Del tutto
en passant, gli chiedemmo come si chiamava e avemmo la conferma del fatto
che avevamo parecchio in comune. Si chiamava Luther. Disse di essere interessato
alla psicogeografia e ai modi di sviluppo e manifestazione delle paure metropolitane.
In questa fine di millennio il corpus del rimosso sociale - ci diceva -
è destinato ad essere squassato sempre più dalle esigenze del libero
mercato. Verremo bombardati da proposte palliative ai guasti irreversibili
che sono stati prodotti alla qualità della vita e all'ambiente, ma questa
inquietudine di fondo può essere sfruttata e provocata.
Già da alcuni anni questo Luther di Innsbruck e alcuni suoi amici si
autotassano per far pervenire per posta, a cittadini scelti a caso sull'elenco
telefonico, perfetti dépliant a colori con proposte di acquisto di
rifugi antiatomici da parte di ditte serissime. Mi ha detto, più o meno:
"Non è che vogliamo aiutare a formarsi l'ennesimo movimento
di opinione antinuclearista. L'idea è quella di impaurire la gente
basandosi sulla comune consapevolezza dell'irresponsabilità del mercato
mondiale."
A questo punto Reiner ha detto: "Nell'immaginario collettivo nord-occidentale
certe sicurezze basiche del passato sono ormai incrinate. Ad esempio, riguardo
al controllo che possiamo esercitare effettivamente sui potentati economici
o all'esistenza di limiti precisi che questi devono osservare nel perseguire
i loro interessi. I tentativi spettacolari di rassicurazione, come gli interventi
concertati delle forze ONU nei conflitti locali, risolvendosi in clamorosi
fallimenti, non fanno che acuire la sensazione di smarrimento."
Mi sono dichiarato d'accordo su questo: oggi si è modificato l'ambito
di ciò che è verosimile, sia a livello di politica internazionale
sia di quella locale. Tutti hanno capito che qualunque cosa serva al mercato
diventa plausibile. Non è ben chiaro di cosa dobbiamo aver paura,
l'unica certezza è che abbiamo paura. La mafia russa e le sue presunte
bombe atomiche sono una dimostrazione scioccante di questo, ma ne abbiamo
molte altre davanti.
Questa paura, secondo Reiner (e secondo me), va fatta montare. Per riuscirci
non bisogna far altro che ventilare ipotesi sempre più terrorizzanti, anticipando
situazioni che il capitalismo presenterebbe comunque presto. Al limite,
anche suggerire al mercato nuovi modi di sfruttare la parvenza di ordine
e tranquillità che ancora sussiste, insomma mostrare all'occidente il suo
fegato cirrotico. Accelerare, come dice Giuliano Berruti, la dinamica delle
situazioni verso la sua conclusione logica, non lasciare che i tempi di
un declino materiale e di sistema (che potrebbe portare alla catastrofe,
è vero, ma è peggio questo stillicidio) siano gestiti dall'alto.
Contro il dominio del Codice c'è solo la paura della morte. Dunque,
assaporiamo questa paura e lasciamola assaporare agli altri.
Reiner ci ha detto ancora: "Dopo la faccenda del Sarin nella metropolitana
di Tokyo, nessuno si è stupito molto (neanche in Italia) del fatto
che in borsa le quotazioni delle aziende produttrici di maschere anti-gas
fossero salite vertiginosamente e il loro fatturato cresciuto di milioni
di yen. Si pensa che attualmente un impiegato su tre a Tokyo vada al lavoro
premunito di maschera. Ti faccio notare, tra l'altro, che contro il Sarin
la maschera anti-gas non ha alcun effetto..."
Questi fatti sono emblematici: se nessuno fa troppo caso a queste coincidenze
vuol dire che per molti l'ipotesi che i bisogni possano essere creati tramite
la paura, con tutte le conseguenze del caso, non è più così infondata.
Reiner e i suoi hanno usato anche questo episodio per la loro guerra
psichica ad ampio raggio. Oltre a dépliant nelle buche della posta,
tempestano i cittadini austriaci con inchieste di mercato telefoniche, grazie
alla collaborazione di un'amica con voce suadente, che presenta le maschere
anti-gas come "un prodotto utile per tutta la famiglia", e chiede
qual è il loro atteggiamento mentale verso questo accessorio. Sembra
che il responso generale sia abbastanza positivo, nel senso che le persone
intervistate tendono a perdere la pazienza o ad impaurirsi o a buttare giù
il telefono, reagendo al tono di assoluta tranquillità con cui la ragazza
introduce l'argomento. È chiaro che una simile strategia di guerra psichica
produce effetti soprattutto sub limine. Non è possibile rilevarne
l'efficacia né a breve né a lungo termine. È una scommessa
che vale comunque la pena di fare. Agendo su larga scala, Luther Blissett
diverrà profeta dell'Apocalisse del Secondo Millennio. Finalmente, queste
pietrificate condizioni sociali danzeranno...
Luther Blissett gira per queste metropoli di plastica a cavallo di un
lama che sputa negli occhi di tutti i trafficanti di anime. Ogni giorno
io, Luther, imparo qualcosa di nuovo su Luther. Ogni giorno mi giungono
idee e proclami su cosa Luther è, ma soprattutto su cosa non è.
Quindi Luther non ha una teoria, ma moltissime. Ogni volta che qualcuno
con sguardo furbo gli chiederà cosa pensa di questo e di quello, Luther
potrà rispondere una cosa e poi proseguire contraddicendosi PERFETTAMENTE,
oppure prendere una mano al suo interlocutore, appoggiargli l'altra dietro
la schiena e iniziare a ballare uno spericolato tango. Questo corrisponde
ai dettami di un corretto scambio di opinioni, secondo quanto esponenti
della Neoist Alliance hanno più volte fatto notare.
Nel devastare i merdosi compromessi del politically correct e nel perforare
i capaci serbatoi del Buon Senso Comune, Luther Blissett impara a basarsi
sul dato di fatto della propria invincibile potenza. Luther Blissett irrompe
nell'autosufficienza dei dibattiti da gruppetti antagonisti, da bar, da
cyber-bar o da anti-stadio, con la potenza di un'asserzione categorica,
che gli deriva dal suo proprio modo di non essere, per imparare il quale
ha seguito numerosi corsi di addestramento presso altri se stesso. Se la
realtà, nel senso più ampio, è ridotta a un cumulo di data che
risiedono in molti computer biologici, Luther Blissett è il Virus
che arriva a sconvolgere la loro organizzazione.
Luther Blissett conosce la potenza che deriva ai virus dal fatto di mutare
il proprio patrimonio genetico. Tralasciamo per un attimo il punto di vista
del parassita Uomo; i virus ricercano la propria sopravvivenza. Essi costringono
la scienza a studiarli di nuovo e ancora di nuovo, e si trasformano di continuo
in qualcosa che è altro da loro. Lasciano una carcassa inutile nella
provetta che aveva fatto urlare di gioia (per i soldi) uno studioso appartenente
alla arretrata razza umana. Questo perché la loro esistenza viaggia
libera e non si lascia certo imprigionare in una provetta. Tantomeno la
vita può essere costretta in un nome proprio o in una fulgida opinione
di sé.
Per quanto detto finora, quando Luther Blissett - uno spostato - cammina
in una sera umida per le stradacce del paese da cui proviene, sa di essere
solo, ma al tempo stesso di far parte della Performance Globale Neoista
dell'Universo.
Luther Blissett rivendica l'ossessiva apparizione del suo nome sui tavoli
delle osterie, sui muri di periferia, nei cessi delle scuole, sulle pareti
delle dighe, sull'asta della bandiera americana sul suolo lunare, in queste
pagine, sul Muro del Pianto e via dicendo. Probabilmente qualcuno si innervosirà.
Non preoccupatevi, è un ottimo segno...
NOTE
1. The Art Strike Papers/Neoist Manifestos, op. cit.
2. "[Il nome collettivo, come] il Teatro Situazionautico, realizza una de-propriazione. Quest'ultimo è un concetto antitetico a quello di ri-appropriazione (trasferire qualcosa da una proprietà a un'altra) e più ampio di quello di es-propriazione (sottrarre qualcosa ad una proprietà): si tratta di abolire il principio stesso di propriazione; nulla è proprio a nulla."("Mr. Pacco's, I suppose"- Luther Blissett #1/2, Grafton 9, Bologna giugno-settembre 1995).