Tutta pagina da Repubblica Bologna di Venerdì 10 Febbraio 1995.
Underground made in Bo (sic)
Si sono "ribattezzati" col nome di un centravanti inglese. Il loro progetto è l'annullamento dell'identità, creano situazioni paradossali nella vita quotidiana; beffano "Chi l'ha visto?" e Chiambretti, sono collegati per vie telematiche.
MANIACI, SUICIDI D'ARTE TUTTI RISOLTI IN TAL BLISSETT
di Marina Amaduzzi
Nella Bologna underground, quella delle culture contro, i Luther Blissett sono all'apice della fama. Ricercata ed esorcizzata. Sono stati loro, una ventina di ragazzi qui, una cinquantina in tutta Italia collegati per via telematica, a combinare il raggiro a quelli di "Chi l'ha visto?".
E quando Piero Chiambretti si è messo sulle loro tracce, nell'ultima
puntata del "Laureato" registrata all'Università, loro
non si sono fatti trovare. "Ci sta antipatico e non ci piace il suo
modo di fare TV. Preferiamo Gianni Ippoliti", spiegano.
Ironici e trasgressivi, chi sono i Luther Blissett? Se ne sa poco o nulla.
"Il nostro progetto si basa sull'annullamento dell'identità
nominale", dicono. In questo movimento cultural-politico "si sono
suicidati", come riferiscono loro stessi, i transmaniaci che si rifanno
alle teorie di Roberto Bui, il gruppo di River Phoenix, la fanzine della
"no generation" che ha chiuso i battenti ma presto risorgerà
come Luther Blissett e quelli del "Puttanoroscopo", che trasmettevano
a Radio Città del Capo. Inoltre si sono aggiunti alcuni giovani a
titolo personale. La poetessa cyberpunk Pina D'Aria firma qualcosa come
Luther Blissett, così come l'artista Aldo Vignocchi.
IL GRUPPO ABBANDONA JACK FRUSCIANTE
Anche Enrico Brizzi, autore di "Jack Frusciante
è uscito dal gruppo", usa qualche volta lo pseudonimo: ma il
rapporto con il gruppo della "no generation" si è di fatto
interrotto da tre quattro mesi. Loro predicavano il "no" all'identificazione
generazionale, lui, per raccontare una generazione, ci ha scritto addirittura
un libro. Il loro principio base era "siamo un gruppo di persone che
non ha niente in comune, se non il fatto di non avere niente in comune":
Brizzi, con il suo libro, l'ha contravvenuto, "accettando di recitare
la parte di scrittore generazionale". Da quel momento i River Phoenix
hanno approfondito e fatto evolvere la loro linea che li ha portati a confluire
nel Luther Blissett Project, "e così proseguiamo dei discorsi
di cui River Phoenix è stato un po' l'archetipo".
È in preparazione un libro su questa composita galassia che si chiamerà
probabilmente "Luther Blissett un killer in libertà" [?]. "Rinunciano
a qualunque identificazione per poter colpire liberamente, naturalmente
dal punto di vista culturale" spiega Giancarlo Guglielmi, uno dei due
soci della Synergon, la casa editrice bolognese che pubblica libri e riviste
di questo movimento.
Di Roberto Bui, una delle punte del movimento underground bolognese, parla
un Luther Blissett. Lui, infatti, non esiste più: è svanita
la sua identità di studente ferrarese di Lettere.
Rimane però il libro che ha scritto "Transmaniacalità e Situazionauti", in cui traccia le linee di una nuova cultura filosofica che si contrappone a quella dei cyberpunk. "Il libro lo ha scritto lui, ma è il risultato dell'elaborazione di una quindicina di persone provenienti da una militanza di ultra sinistra ed anarchica".
"Transmaniaci - racconta il Luther - deriva da Transmaniacon, un romanzo di fantascienza scritto nel settantanove da John Sherley, precursore del cyberpunk. La parola "transmaniacon" indica un biotrasmettitore che trapiantato a poca distanza dal cuore serve a trasformare gli umori di chi ci sta intorno. Riesce a manipolare gli stati d'animo collettivi, trasformando, ad esempio, una festa in una rissa". Ma tutto ciò cosa c'entra con Bologna ed i suoi figliocci ribelli?
"Agli inizi degli anni Novanta il cyberpunk dominava il dibattito delle controculture - spiega ancora Blissett -. Cercavano di agire sulla trasparenza dei dati e delle informazioni. Dicevano che andava scassinata la banca dati perché l'informazione deve essere di tutti. I transmaniaci sostengono invece che non c'è una penuria di dati ma un overdose. L'informazione non è una banca ma una galera, non bisogna scassinare ma evadere. Invece di credere al mito della Glasnost dell'informazione, lavoriamo sulla deformazione, sullo spreco, sul caos di dati, sulle interferenze, sui coni d'ombra". Ecco allora che, rimanendo anonimi, i transmaniaci mettevano in giro leggende metropolitane.
METTEVANO IN GIRO LEGGENDE METROPOLITANE
Classico esempio quello dell'orrorismo: la scorsa
estate lasciavano in giro per la città frattaglie varie ed interiora,
dicendo di rifarsi ai situazionisti francesi. Tutte balle! Oltre che lavorare
sui falsi, davano vita a performance estreme, riprendendo la tradizione
del body art '70.
"La transmaniacalità naviga nell'estremo, indaga come si trasforma
un'emozione in un'altra, un'identità in una diversa. C'è una
critica filosofica ai concetti di identità e memoria. I transmaniaci
si sono poi riversati questa primavera nei Luther Blissett, anche se le
idee rimangono. Si racconta che Luther Blissett è arrivato in Italia
attraverso le reti telematiche Cybernet e ECN con la domanda di aderire
al progetto che prevede l'uso del nome collettivo e la morte dell'identità
nominale. Chi ha dato il primo imput non si sa. È la storia di ragazzi
che passano ore ed ore a dialogare via modem col computer. "È il nostro
mezzo di comunicazione preferito, insieme alla radio" dicono citando
le trasmissioni a Radio K Centrale e a Radio Città del Capo (i mercoledì
notte). "Tutti possono aderire al Luther Blissett Project e portare
il proprio contributo al personaggio. Contestiamo l'idea di un genio individuale
che crea. Tutti concorrono, l'ispirazione divina non esiste. Siamo per il
plagio e contro il copyright. Le idee circolano, non esiste la proprietà
privata delle idee come diceva Brecht".
Nelle reti telematiche incontrano gli esponenti del cyberpunk. E questo
è tutto. Non hanno luoghi di ritrovo, bazzicano il Link e il Livello
57, spazio di comunicazione occupato ed autogestito in via Dello Scalo 21,
quando ci sono concerti o performance. Provengono dall'ambiente universitario
ma lo criticano a spada tratta: "È deprimente, popolato da pseudoacculturati
e pseudorivoluzionari. L'unico pseudo che ci piace è lo pseudonimo".