"Il Mattino", Martedì 21 Marzo 2000
UN CASO D'IDENTITÀ LETTERARIA MULTIPLA
Incursioni tra i media da Bologna a Napoli firmate Luther Blissett
di Felice Piemontese
La notizia è che Luther Blissett ha deciso di suicidarsi secondo il rituale giapponese del seppuku, che, apprendiamo, è cosa diversa dal harakiri. Il seppuku prevede infatti che, dopo lo sventramento, un secondo officiante decapiti il suicida. Ma il lettore non s'impressioni. Luther Blissett non esiste, e il suicidio rituale appartiene, come la sua esistenza, al campo del virtuale. Tutto, dunque, avviene sulla carta o nel mondo incorporeo del Web, così com'è stato finora, negli anni cioè in cui il "guerrigliero mediatico" ha condotto la sua avventurosa esistenza. Ma, a questo punto, sarà forse il caso di chiarire. Un Luther Blissett vero esiste, e si tratta di un giocatore britannico di assai modesta levatura, un centravanti che, parecchi anni fa, prima dei clamori (e dei miliardi) berlusconiani faceva disperare i tifosi milanisti (quorum ego) perché il più delle volte, invece di inquadrare la porta, sparava alle stelle il più invitante dei palloni. Per chi sa quali motivi, è toccato proprio all'incolpevole Blissett di dare il nome al personaggio multiplo inventato da alcuni giovanotti svegli e intraprendenti per portare avanti un progetto di guerriglia anticapitalistica di tipo nuovo: fondato tutto, cioè, sull'uso spregiudicato dei media e della cultura, ribaltando completamente le pratiche tradizionali basate sull'identità, sul copyright, sul concetto di Autore.
Ognuno poteva (e può) decidere in ogni momento di essere Luther
Blissett. Per firmare un volantino o un poema, un romanzo o un
quadro, e soprattutto per realizzare operazioni di sputtanamento
dei media, la cui debolezza in proposito è inversamente
proporzionale all'enfasi e alle manie di grandezza che spesso
gli stessi media amano esibire. è accaduto perciò che
la più grande Casa editrice italiana (Mondadori), lanciatasi
incautamente sulle piste del succitato Blissett in un raptus di
spregiudicatezza del tutto inspiegabile, abbia pubblicato qualche
tempo fa, chi sa fino a che punto rendendosene conto, un libro
composto di "porcherie in stile piercing, rave, sesso estremo
e banalità retaiole di ogni genere". Materiali che lo stesso
Blissett aveva fornito all'incauto compilatore, salvo poi rivelarlo
ai giornali prima che il libro uscisse, provocandone l'inglorioso
flop. O anche, è accaduto che una nefanda trasmissione
televisiva sia stata messa sulle tracce di un artista inglese
scomparso e indotta, per ritrovarlo, a inviare troupes in giro
per l'Europa, salvo poi scoprire che questo artista non era mai
esistito. L'anno scorso, un libro di cui Blissett figura come
autore - Q - è arrivato addirittura in finale al premio
Strega. Ne erano autori quattro giovani bolognesi che nella costruzione
del "progetto" hanno sicuramente avuto un ruolo di rilievo,
anche se, trattandosi di un'identità multipla, la disseminazione
in situazioni e luoghi diversi è una caratteristica fondamentale.
Anche a Napoli, qualche mese fa, è uscito un libro con
la fatidica firma. è intitolato "Beatrice", e
realizzato dagli autori che fanno capo alla rivista di poesia
in rete "Vico Acitillo, 124 - Poetry Wave" (di cui sono
animatori Antonio Spagnuolo ed Emilio Piccolo).
Da dove tutto questo derivi, e che cosa si riprometta, non è facile a dirsi in poche parole. Di sicuro i "blissettiani" vengono dritti da un ambiente post-situazionista con suggestioni Dams. Da Debord e da Vaneigem riprendono alcune delle idee di base (la dèrive, il gusto della beffa ideologica, la negazione del concetto di Autore e di proprietà intellettuale, la psicogeografia) anche se in morte di Debord ne presero le distanze con un feroce e sarcastico pamphlet. Il proponimento fondamentale è quello di "agire dentro il sistema della comunicazione massmediatica, combattendolo con le sue stesse armi", e cioè mettendo in atto una vera e propria "guerriglia mediatica" che tralasci la diffusa recriminazione e adotti invece "una pratica ludica che esorcizza in quanto tale la disinformazione esercitata dai mass media e ne ridimensiona ai nostri occhi il potere". Così, si dovrebbe poter sfidare "il capitale culturale sul suo stesso terreno", dare "l'assalto alla cultura attraverso l'infiltrazione nell'industria culturale" per le "nuove guerre di classe" i cui contorni rimangono peraltro abbastanza vaghi, anche se si precisa che "il mito di lotta" proposto è "ludico, accattivante, efficace", e "pubblicizza una visione della vita e della lotta di classe libera e felice, lontana dagli errori/orrori del Novecento".
Non ignora, Blissett, che è forte il rischio "di risultare funzionali alla logica paranoica del potere". Tanto è vero che la Casa editrice Einaudi che, guarda caso, ha lo stesso proprietario della Mondadori a suo tempo beffata), dopo aver pubblicato Q, e averne ricavato dei bei soldini, pubblica ora, di Blissett, *Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0* (composto da materiali originariamente apparsi presso editori underground), con l'obiettivo, si presume, di guadagnarne altrettanti, pagando i relativi diritti d'autore al nostro "guerrigliero", benché multiplo. Che si trova così del tutto all'interno di una pesante contraddizione, non di tipo moralistico, ci mancherebbe, ma costitutiva, istituzionale (come accadde, del resto, anche al vituperato Debord). In quanto al lettore, si trova di fronte ai compositi reperti di un'operazione senza dubbio intelligente, talvolta con sprazzi di genialità, ma di cui è impossibile stabilire se si tratta di una forma di colta e aggiornata goliardia, o di qualcosa che sia pur minimamente possa incidere nel gran corpo putrescente della società spettacolar-mercantile. Chi sa. In ogni caso, sappiate che Blissett fa seppuku ma non muore: si reincarna e risorge in molte forme diverse, convinto che si può fare.