Da "L'Espresso" n. 10, anno XLIV, sezione "Cultura", pagg.100-101
DOPPIO GIALLO LUTHER BLISSET [sic]
Storia di "Q"
Lutero, gli anabattisti, la Chiesa, il futuro papa Paolo IV... In 650 pagine, un thriller tra Riforma e Inquisizione. Sotto uno pseudonimo.
di Sandro Magister
Processare l'Inquisizione è di moda. È la purga per arrivare puliti al Giubileo. In Vaticano chiamano gli storici a dissertare e papa Giovanni Paolo II si batte il petto per qualche suo predecessore cattivo. Ce n'era uno dal bel cognome napoletano. Si chiamava Gian Pietro Carafa e divenne papa nel 1555 a settantanove anni pieni di salute, col nome di Paolo IV.
Sembrava immortale. Infatti. Eccolo ricomparire come fosse l'eterno, col suo occhio a sorvegliare la storia, i grandi eventi e i piccoli, avventurieri e puttane, banchieri e conclavi, mistici e spie. Ci intravedi quasi il triangolo, attorno al suo occhio. Ma neanche lui si rivela poi tanto onnipotente.
L'occhio di Carafa ricompare in un volumetto di 650 pagine che arriva in libreria in questi giorni, stampato da Einaudi. È un romanzo, c'è scritto così sulla copertina. Ma poi già lì comincia il mistero. Il titolo è una lettera d'alfabeto maiuscola, "Q". Che dopo un po' scoprite essere l'iniziale di Qohelet, il libro più scettico e dissacrante dell'intera Bibbia. Nome di battaglia del controprotagonista dell'intero romanzo, il nemico invisibile che solo alla fine si svela, tra i rii di una Venezia crepuscolare, tra fuochi che sanno d'inferno.
E l'autore? Luther Blisset [sic], c'è stampato sulla copertina. Nome d'adozione, già usato a coprire autori anonimi, soprattutto su Internet. In questo caso però si carica di significati reconditi. Passi per Lutero, che è allusione facile facile. L'eretico, il protestante, l'avversario della Chiesa romana, l'uomo che ha scatenato in Europa la più tremenda tempesta religiosa del millennio che finisce, anche allora con di mezzo i cantieri del Giubileo. Ma Blisset [sic] è parola più fine, aerea, volante. In inglese "to bliss" dice gioia sublime, estasi erotica e mistica, da santa Teresa trafitta. Ed è qui che batte il cuore dell'autore nascosto, più che sul Lutero troppo presto passato all'ingrasso dei principi e al massacro dei suoi stessi seguaci. Dicono che l'autore sia un collettivo. Una squadretta di giovani dell'università di Bologna [?].
Possibile. Gli stili del romanzo sono molteplici, a incastro. Le competenze multidisciplinari. Storia, teologia, letteratura, arte, Tiziano e Pontormo, giudei e turchi, i torchi degli stampatori, i conti dei banchieri, gli archibugi dei mercenari, i velieri di Anversa. E da Bologna una simile sorpresa ce la potevamo aspettare. Ci ha già abituati Carlo Maria Cipolla, coi suoi libri d'economia scritti come romanzi d'avventura. O Carlo Gunzburg, con le sue indagini su Piero della Francesca e i suoi reportage sul formaggio e i vermi. O Pier Cesare Bori, fattosi quacchero a forza di spaziare in libertà tra le fedi, fuori dalle gabbie di qualsiasi Chiesa.
E "Q" è congegnato col meccanismo serrato di un giallo. Che si intreccia con quasi mezzo secolo di storia, nel Cinquecento squassato dalla Riforma protestante e dalla Controriforma dell'Inquisizione. "Nell'affresco sono una delle figure di sfondo", scrive Q sulla prima pagina del suo diario, che nel romanzo entra come a ritmare la guida degli accadimenti. Ma che formidabile proscenio: papi e imperatori, rivolte e battaglie. E, soprattutto, che formidabile pilotaggio degli eventi, dallo "sfondo". Nel primo dei tre atti del romanzo è Thomas Muentzer, il protagonista dichiarato, il capo della rivolta dei contadini contro i principi tedeschi e contro lo stesso Lutero. È una rivolta religiosa che diventa sommossa politica, conquista di borghi e città in nome della fede purificata. Fino alla rovina di tutto e all'eccidio degli umili. Il 15 maggio 1525 nella piana di Frankenhausen in Sassonia Muentzer e i suoi contadini sono sterminati. E fin qui si sa. È storia. Ma anche "l'occhio di Carafa" vede e sa e comanda. Il romanzo mostra la trama sottile che conduce Muentzer, passo dopo passo, alla catastrofe. Grazie alle mosse accortissime del primo dei fiduciari di Carafa, grazie alla mente luciferina di Q, infiltratosi tra i più vicini seguaci di Muentzer come un Giuda.
Il secondo atto ha protagonista il popolo dei santi straccioni, gli anabattisti. Anche questa è storia. La conquista della città di Muenster, la fondazione nuovo Regno, il fanatismo portato all'eccesso, le spose in comune, i giudici bambini, il massacro dei dubbiosi, il delirio visionario dei capi. Fino all'assedio e alla riconquista della città ad opera delle truppe del principe vescovo e al bagno di sangue finale. Ma anche qui è come se niente accadesse per caso. L'occhio di Carafa vigila. E come prima aveva scatenato Thomas Muentzer contro Lutero e i principi, salvo poi farlo perire, adesso preferisce i sovrani protestanti tedeschi agli anabattisti che predicano libertà e disobbedienza sfrenate. Il fidatissimo Q architetta il piano e lo esegue, anche qui infiltrandosi tra i folli profeti di Muenster, fino a portarli alla perdizione.
Poi l'intermezzo. Tra Anversa, Roma e Colonia. A Colonia regnano i Fugger, i banchieri più potenti del tempo, creditori della Chiesa e dell'impero.
Ad Anversa c'è un nucleo di anabattisti scampati. Che come talpe s'insinuano nei commerci dei Fugger, fino a minacciarne il tracollo. Che i banchieri sventano appellandosi a Carafa. Dove loro non possono colpire, colpirà l'Inquisizione. Sempre con Q ad assecondare la trama.
E infine il terzo atto, dove la trama si gioca tra i vertici della Chiesa di Roma. Zelanti contro spirituali. Cardinali dell'Inquisizione contro cardinali del dialogo. E un libro di mezzo, capace d'influenzare l'elezione dei papi e lo svolgimento del Concilio di Trento. Ma questo ormai non è più il proscenio. È lo sfondo che balza in primo piano. La caccia a Q e il suo svelarsi a tu per tu col ribelle che l'aveva da sempre incalzato. E il sorprendente finale che tutto scompagina.
Quattro anni dopo, Carafa sarà eletto papa. Ma il suo disegno ha vinto?
Luther Blisset ha mostrato che no, la libertà non può essere imprigionata in un piano. E questo gli basta. Sorseggia beato un caffè alla corte di Solimano il Magnifico.
Gli autori di Q precisano: nessuno di noi è studente né ricercatore né docente.