Blissett e i situazionisti: il grande equivoco
Sembra dare scandalo la mia affermazione che Luther Blissett "non ha nulla a che fare" con l'Internazionale Situazionista - pur trattandosi, in fin dei conti, di una banalità di base.
Su ECN-Movimento un situazionista di nome Paolo ha scritto:
Pensavo, davvero, che chiunque potesse essere Luther Blissett a suo piacimento; pensavo anche che l'uso di questa possibilità venisse piuttosto sprecato in goliardate e in fin dei conti mi pareva un'idea di modesto profilo ma non antipatica. Errore: Blissett sei tu ma Belletati di più... un Blissett più Blissett di tutti gli altri che dichiara come Blissett abbia dei limiti ben precisi, non abbia a che fare con questo bensì con quest'altro, ammette o disconosce autocraticamente, simile a una divinità capricciosa.
Proprio perché il Luther Blissett Project è un contesto aperto è assurdo pretendere che i tentativi di definirlo o trovargli per forza un'ascendenza non incontrino resistenze da parte di chi utilizza il nome. Blissett non somiglia all'Internazionale Situazionista nella stessa misura in cui non somiglia al PSDI o al Club Alpino Italiano. Non c'è nulla di autocratico in questo. Nonostante non ci sia una "linea", esiste una sorta di "empatia stilistica" tra le persone che, il più delle volte senza conoscersi, collaborano ogni giorno alla de/ri/costruzione della reputazione di Blissett. È stolto gridare al tradimento dell'ideale, sarebbe molto più intelligente riconoscere questo stato di cose senza patemi d'animo.
È un'oggettiva questione di prassi: che c'entra la PRASSI del nome multiplo con la paranoide celebrazione "in negativo" dell'onnipotenza-onnipresenza-onniveggenza dello Spettacolo? Frasi belle tonde e levigate per giustificare il non-passaggio all'azione - vigliaccheria idealtipicamente pro-situ, proprio come la contemplazione perenne di una "Critica Radicale" indiscutibile, ipostatizzata per sempre nelle giornate di Maggio. Ma il tratto più deprimente è che i pro-situ si riempiono la bocca con "le passioni", "la vita", "l'autoinsurrezione erotica" e altri bassi vaneigemismi, eppure sono le persone più divorate dal risentimento che sia dato sentire, sono cupi, grigi, torvi, pronti ad azzannare alla gola chiunque nomini invano un membro del loro pantheon.
Personalmente, credo che la teoria a cui la prassi di Blissett somiglia di più sia quella che si dipana dai *Grundrisse* di Marx, opera su cui i situazionisti non sono mai stati in grado di articolare alcun discorso sensato. Mi riferisco al dibattito sul "General Intellect", del quale LB può essere visto come una paradossale antropomorfizzazione; dopodiché, questo "flusso di coscienza" potrebbe essere fatto passare attraverso i commenti ai Grundrisse fatti da Amadeo Bordiga (e la pratica bordighiana dell'"anonimato rivoluzionario") e alla definizione camattiana di "Homo Gemeinwesen", l'uomo-comunanza, e oltre. Non è certo necessario conoscere queste cose per usare il nome, ma chiunque si prenda il mal di pancia di spulciarle capirà istantaneamente cosa intendo dire. D'altra parte, sfido chiunque a trovare una qualche similarità tra LB e la non-descrizione dello spettacolo data da Guy Debord.
Un/a pro-situ non sarà mai in grado di capire che il Luther Blissett Project è un esperimento sulla condividualità come prerequisito comportamentale del comunismo (di questo sono più o meno consapevoli tutte le persone che utilizzano il nome), simile alle leggende fiorite intorno a più antichi nomi multipli come Captain Swing e Ned Ludd. La complessità di questi riferimenti è perfettamente bilanciata dalla semplicità e contagiosità della prassi.
Ma è assurdo discutere di prassi o di lotte reali con dei pro-situ - non mi interessa svegliarli dal loro nero incubo hegeliano, continuino pure a lamentarsi di quanto è forte lo spettacolo, e rinnovino l'iscrizione al fan club. "Io" (e non certo solo "io") nel frattempo, come ho sempre fatto, cercherò di tirare fuori gente di galera, svelare i meccanismi delle Emergenze e del panico sociale, contribuire alle nuove forme di autovalorizzazione proletaria e cooperazione sociale, nonché capire i *reali* connotati del potere di classe senza consolarmi con le freddure e i giochi di parole di Guy The Bore, il parolaio più sopravvalutato del suo secolo, R.I.P.
P.S. Le persone meno ignoranti di Paolo sanno che non c'è nessun "Belletati".
P.S.2 Cesarano è preferibile a tutti costoro anche perché ha scelto un finale meno triste. Ancora uno sforzo, mentecatti, se volete dimostrare di avere stile!