Recensione di "Lasciate che i bimbi" da: "Il sole 24 ore" di domenica 25 gennaio 1998
Nomi multipli
LUTHER BLISSETT, UN NOME PER TUTTI
di Chiara Somajni
È comparsa sulla stampa e sulla televisione, dilaga in Internet ma, araba fenice del nostro tempo, conviene non cadere nella tentazione di cercare di definirne l'identità. Il suo nome è Luther Blissett, ha combinato guai al punto di meritarsi una denuncia, eppure propriamente non esiste. Luther Blissett infatti è un nome a disposizione di chiunque, preferibilmente se animato da spirito goliardico [aridaje!] e dal gusto della provocazione. La storia dei Bambini di Satana montata da(i) Luther Blissett a Viterbo tra il 1995 e il 1997 è forse il caso più noto [una frase, quattro errori!)]. L'intera storia è ricostruita in un libretto che troviamo presso l'editore Castelvecchi di Roma (1997): Lasciate che i bimbi. Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe. Una vicenda che mostra a quali errori possa condurre l'ossessione per la pedofilia e la voglia di vendetta, specie se la smania è alimentata dalla voglia di scoop della stampa. Non ci sono intenti giustificatori per la violenza e l'abuso sui minori, certo, solo un invito al buon senso e alla cautela, e una messa al bando della logica perversa del capro espiatorio. (Così ad esempio vengono riportati alcuni casi americani degli scorsi anni che misero in luce come gli interrogatori condotti su bambini per verificare se essi avessero o meno subito violenza, potessero indurre i bambini a sostenere quanto suggerito, cioé il falso, trasformando lo stesso interrogatorio in strumento aggressivo).
Il volume si apre con una serie di testi estratti dalla stampa e montati con la tecnica del cut-up in voga negli anni Sessanta (ce lo ricorda anche Antonia Byatt nel suo ultimo libro La torre di Babele, dove il cut-up diventa l'unico modo per narrare il dolore di una madre che rischia di vedersi sottrarre il figlio per vie legali). Tecnica squisitamente affine al gusto per l'antiautorialità di Luther Blissett e dei suoi simili: non è infatti l'unico nome multiplo attualmente disponibile; esiste ad esempio anche un "Magazine of Multiple Origins": "Fama". Su Internet, naturalmente, la rete che da potenzialmente la parola a ogni punto pensante della terra, secondo (almeno in teoria) criteri paritetici e non gerarchici.
On-line è già disponibile il libro di Luther Blissett, perché questo è un nome "no-copyright": il che significa che chiunque può usarlo, riprodurne e distribuirne a piacimento le opere con rudimentali fotocopiatrici e sistema postale o per via informatica. Altrettanto vale per titoli fuori diritti per anzianità (ci sono volontari che con grande generosità e spirito umanistico spendono il proprio tempo a trascriverli, speriamo con precisione non inferiore agli antichi copisti).
Proprio nella possibilità data a chiunque di prendere la parola, di firmarsi con il proprio nome o di inventarsi le proprie generalità, di sostenere tanto il "vero" quanto "il falso", di copiare, inventare, manipolare l'informazione, è il punto di forza e il limite di Internet, in se stesso enorme opera collettiva. Questo consente di far circolare informazioni sgradite o ignorate dai canali ufficiali: ma al tempo stesso però crea la necessità di referenti, di qualcuno che si prenda la briga e si assuma la necessità della verifica delle informazioni. Un filtro credibile, insomma, qualunque cosa per credibile si intenda, poiché anche qui può essere questione di gusti. A chi e a che cosa credere altrimenti, di fronte alla gran mole di notizie reperibili su Internet: a Luther Blissett?