Il terrorismo come performance art
Luther Blissett interviene alla fiera del libro di Belgioioso
Sabato 27 dicembre 97, ore 12.00 circa, Luther Blissett è intervenuto all'incontro su "Terrorismo e media" alla Fiera del Libro di Belgioioso. Il suo intervento, via telefono, s'intitolava "Il terrorismo come performance art". Quelli che seguono sono gli appunti su cui ha costruito l'intervento:
Il terrorismo come "teatro-guerriglia". Il terrorismo come performance art. L'espressione "Il terrorismo è teatro" è stata usata per la prima volta da due giornalisti inglese del *Daily Telegraph*, Dobson & Payne - è il titolo del primo capitolo del loro libro-inchiesta su Ilich Ramirez Sanchez alias "Carlos lo sciacallo". L'allegoria è stata ripresa e ampliata da Stewart Home nel suo breve saggio "Carlos", incluso nell'antologia *Neoismo e altri scritti*.
Dobson & Payne sostengono che il terrorismo non ha obiettivi militari né una reale finalità strategica - cerca solo l'effetto, cerca di sconvolgere il pubblico - questa sua "irrazionalità" ricorda le strategie comunicative usate da avanguardie artistiche come Dada, il futurismo e Fluxus. Del resto, lo stesso termine "avanguardia" ha una connotazione paramilitare.
Ci sono molte somiglianze: il terrorismo mira a rompere le tradizionali strutture narrative, è frammentario, imprevedibile e spesso volutamente insensato. L'accento, anziché sulla narrazione complessiva, è posto su singoli eventi, su PERFORMANCES, spesso opera di singoli individui - I kamikaze di Hamas che si fanno saltare in aria ricordano le automutilazioni della Body Art, soprattutto l'Azionismo viennese degli anni '70.
L'altra similitudine è che sia le avanguardie sia quella che chiameremo, a sproposito ma tanto per capirci, l'"internazionale terrorista", operano coperti da una varietà impressionante di sigle, nomi, movimenti-fantasma, chessò, MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER UNA BAUHAUS IMMAGINISTA, ESERCITO DI LIBERAZIONE SIMBIONESE, INTERNAZIONALE VORTICISTA, FAZIONE ARMATA ROSSA, SENDERO LUMINOSO, INTERNAZIONALE
SITUAZIONISTA... In Inghilterra due sigle sono accomunate dallo stesso sensazionalismo: IRA (Irish Republican Army) e YBA (Young British Artists - Damien Hirst, Marcus Harvey e quella gente lì).
Non credo sia un caso se negli ultimi anni i media italiani e anglosassioni, per descrivere le attività di certi gruppi radicali, ivi compresa la scena di cui sono eponimo, abbia usato espressioni come "art terrorism", "terrorismo culturale", "guerriglia comunicativa" etc. Molte di queste tendenze, pur non facendo "arte", si muovono nell'ambito di una tradizione culturale che risale a Fluxus e prima ancora al dadaismo berlinese.
Molte azioni terroristiche degli ultimi venti anni, soprattutto quelle compiute dalla famigerata Armata Rossa Giapponese, o dallo stesso Carlos, fino al "terrorismo virtuale" della Falange Armata, "fatto della materia di cui sono fatti I sogni" (direbbe Shakespeare), o gli incubi (direbbe l'ADN-Kronos) - dicevo, molte di queste azioni, tolte dal loro contesto politico, possono essere interpretate come performances. Il massacro dell'Aeroporto di Lod compiuto nel maggio '72 dall'Armata Rossa Giapponese, o la strage di Fiumicino nell'85, sembrano l'assurda messa in pratica della stra-citata frase di André Breton sullo sparare ad altezza d'uomo in mezzo alla folla come atto surrealista definitivo.
Va pure detto che sia il terrorismo sia le avanguardie artistiche prediligono i manifesti e le chiamate alle armi come forma di comunicazione - e che entrambi sono eredi di una visione del progresso Primo-novecentesca che ha come numi tutelari Lenin, Sorel, Marinetti e Majakovski.
Ancora più significativo è il fatto che ci siano effettivamente stati gruppi di guerriglia urbana, come l'Angry Brigade inglese o, in Italia, Azione Rivoluzionaria, i cui comunicati facevano esplicito riferimento all'Internazionale Situazionista, vale a dire un'altra di quelle sigle-fantasma dietro cui si celava un pugno di artisti bohemiens della Rive Gauche.
Alcuni noti terroristi internazionali, come Abu Nidal, hanno ormai una reputazione da misteriosi guru dell'avanguardia, un po' alla Guy Debord.
Detto ciò, io credo che la più importante analogia tra terrorismo e arte contemporanea sia il fatto che entrambi I fenomeni, da tempo immemorabile, non hanno niente a che fare con la lotta di classe - si muovono nel vuoto pneumatico dei media e non hanno alcun contatto con qualsivoglia movimento di massa, sono confinati in un universo di loschi finanziatori (da Charles Saatchi al Colonnello Gheddafi), un mondo che sopravvive solo grazie all'amorevole dialettica che esiste tra attentato e prima pagina.