Calcio a 3 porte
Domenica 7 maggio alle ore 20.00 si è svolta a Roma una partita di calcio a 3 porte presso la Piazza D'Armi del C.S.O.A. Forte Prenestino.
Si tratta della prima partita giocata nella capitale secondo i crismi del caso.
Mentre in altri campi era in corso un torneo di calcetto arcaico (con squadre del centrosocialismo reale), un impeto animava una serie di persone convenute, che si gettavano nell'organizzazione del campo e nella divulgazione delle regole.
Le squadre erano composte da 6 giocatori ciascuna (alcune significative presenze femminili). Si fa notare che 6-6-6 è logicamente parlando una cifra esplosiva. Non c'era alcun arbitro che si prendesse in carico la necessità di rappresentare istanze normative est/ra/er/ne/e.
Nonostante alcuni partecipanti fossero inizialmente dubbiosi, ed altri proponessero eresie regolamentari (volendo aumentare il numero delle porte), i giudizi finali convenivano su una imponente destrutturazione cognitiva operata dalla situazione. La ridefinizione dello spazio di gioco (sempre in atto) è risultata in sintonia con le pratiche di ristrutturazione psicogeografica dell'ambiente. Fra i partecipanti si è inoltre manifestata una complicità ludica e gioisa.
Rispetto al regolamento vorrei esprimere le mie considerazioni. Sarebbe necessario dotare gli organizzatori di tre serie di maglie (direi di quei copricasacca che si usano negli allenamenti) di colore fisso (rosso, giallo e blu?) che vengono assegnate alle squadre per estrazione così come avviene per le cuffie nella pallanuoto, in modo da esterpare il cancro dell'attacamento ai colori della propria squadra. Direi che è inoltre necessario consentire lo scambio di maglia fra due giocatori di squadra diversa, durante la partita, nel momento in cui si vengono a creare delle empatie nuove, o nel caso di necessità tattiche emerse durante l'incontro. Insomma non relegare il calcio-mercato fuori dal campo di gioco, e trasformarlo in pratica simbolica piuttosto che economica.
La sperimentazione continua.
Luther Blissett