Flatline italiano (*)
by Luther Blissett
Trenta secondi di luce per Web; e ha di nuovo bisogno delle sue pillole. Altrimenti non ce la fa. Non si sopravvive al blackout sprovvisti di stimolazione chimica; è una cosa che sanno anche gli sprovveduti.
Disteso su un materasso niente affatto cedevole, trasmette una scrollata alle spalle. Sa come vanno queste cose; ne sente parlare alla TV da quando ha cominciato a reggersi sulle gambe: la programmazione del mattino e del pomeriggio brulica di trasmissioni per casalinghe paranoiche e giovani studenti drogati. E lui, come trentenne disoccupato, rientra nella categoria.
"Dipendenza cronica". "Assuefazione capillare". "Deterioramento encefalico progressivo". "Intorpidimento diurno post endovena". Sente tutte queste fastidiose voci televisive.
Trova le pillole - pensa - Trovale e basta.
Si scopre incapace di mettere a fuoco gli oggetti che lo circondano: la stanza è incastrata in un bianco nulla. L'imbottitura di stupefacenti gli canta in testa. Riesce a decifrare con difficoltà il profilo morbido di quello che ha tutta l'aria di essere un armadio. Compare e scompare più volte; e Web pensa a un'armadio di polistirene.
Che cosa dicevano?
Alla TV gli specialisti bevono caffé nero da microscopiche tazze di ceramica, stipati in poltrone dal design accurato. Immagina salotti mutilati ripresi da telecamere SONY, soffocati da una parete di operatori e macchinisti con gli auricolari. Illustrano i labirinti della farmacologia con voce melliflua: una sorta di stereotipo semantico, un ricorrere ad intervalli regolari di sinonimi, costruzioni di periodi, preferenze lessicali e cliché linguistici. Un parlare... "sottomarino", che a lui fa venire in mente un'iniezione di anestetico.
Per darsi un tocco, indossano camici verdi da laboratorio e guanti chirurigici assicurati ai polsini con lacci emostatici. Uno di questi campioni del cattivo gusto ostenta occhiali da sole a goccia, che gli raschiano via metè della faccia. Assomiglia a una grossa e lenta formica cresciuta in una vasca. Se continua così - riflette - a questa gente tra un milione di anni spunterà una coppia di antenne.
Sono vegetariano - annuncia l'immunologo, saltando i preamboli con un affondo
deciso. Il pubblico è attonito. E Web intuisce che cosa è
accaduto: l'uomo ha infranto il protocollo ampiamente collaudato di domanda-risposta
per cui l'ospite di un programma televisivo dipende dal conduttore. Questo
si fa scuro in volto, freddato dallo shock... uno shock culturale, il cui
fine ultimo è dopotutto quello di mettersi in mostra - pensa - e
prende seriamente in considerazione la prospettiva che l'uomo-formica si
nutra di alghe.
...rinviene. Che cosa consigliano?
- chiudere gli occhi.
- sforzarsi di respirare ad intervalli di tempo regolari.
- ignorare deliberatamente le proteste dei sensi.
- allentare la resistenza psichica al rilassamento muscolare.
- permettere ai ricordi di affiorare spontaneamente.
- convincersi che con le pillole passerà tutto.
È come una ricetta medica. Una danza di training autogeno.
Si attiene alla prescrizione, nonostante i sensi gli inviino segnali impazziti: percezioni tattili alterate che lo inducono a credere di trovarsi riverso sul pavimento spoglio, e non su un materasso; odori che gli fanno immaginare cervelli conservati sottovuoto in contenitori con etichetta e tubetti di collante per ratti; il pulsare remoto di un peace-maker polmonare; manichini di madreperla che bruciano languidamente dietro le palpebre abbassate... Quelli sono i miei compagni - vorrebbe pensare.
Al buio, si rende conto del silenzio.
Le pareti sono imbottite - pensa - Devono esserlo... questo posto è
un ospedale: il mio quotidiano senso del vivere - Uno sfondo che lo perseguita
con cupa determinazione. Manca solo l'odore del disinfettante.
Colleziona frammenti sconnessi di notti trascorse in anonime stanze d'albergo
e piccoli motel; ricordi come granelli di polvere sparpagliati dalle lame
di un ventilatore VORTEX...
...un pannello di vetro venato di crepe da dove è visibile in lontananza un grattacielo coperto di specchi... caffé nero e freddo succhiato da un termos rinvenuto al risveglio in un cassetto di plastica... un letto improvvisato con degli stracci... un velenoso schermo televisivo in una stanza con le tende tirate...
Sono simulacri di esperienze passate. Affiorano lentamente, come sparuti iceberg di ghiaccio nero in un pallido oceano di possibilità.
...sta osservando un lavandino tappato in un bagno pubblico. L'acqua è tiepida come una febbre... ora è seduto al banco di un locale silenzioso. È solo e il ghiaccio nel suo bicchiere si sta sciogliendo... qualcuno sta caricando un fucile con una serie di grosse pallottole. Lui è avvolto nelle coperte e non sta affatto bene... è nella latrina di un sottopassaggio della metropolitana. Un olezzo di piscio dappertutto.
Ha affittato del tempo in una camera d'albergo: questo comincia a ritenerlo attendibile. Per esercitare la memoria prova a ricostruisce mentalmente la PENSIONE. È un edificio pericolante, semideserto, un monumento di calce e cemento vecchi di secoli. La costruzione da su un piazzale di cemento. Il suolo è impregnato di grasso per motori... impronte scure sotto la luce smorta di un riflettore stradale: è così che ricorda le macchie d'olio. Ora sa di esserci venuto di notte. E per il momento nella testa non c'è altro. La percepisce come la sala d'aspetto di un aereoporto abbandonato che deve avere visitato una volta, con le poltroncine di plastica tutte vuote.
Le pillole, si interroga. Dove ho messo le pillole.
Web è un "flatline", dovete saperlo. E trentacinque anni - non trenta, come talvolta s'inventa - sono tanti, per uno come lui. Tra qualche mese sarà morto, e nessuno sentirà più parlare di Web-quello o Web-quell'altro. Si ammazzano tutti prima dei trentotto anni. È una specie di rituale il loro, più che una statistica. E se poi va a finire che qualcuno si dimentica, beh, ci pensa un compagno a fargli la pelle.
Trascorrono le giornate a imbottirsi di ogni nuovo ritrovato. Sono assidui sperimentatori di psicofarmaci e stimolanti della corteccia cerebrale, anche se a vederli così non si direbbe. "Così" apatici.
Ora Web è in piedi. Sa dove trovare le pillole.
Ha scoperto che l'armadio non è un armadio ma un frigorifero scassato. L'interno è vuoto, e le rastrelliere per i cibi sono state asportate. Indossa di nuovo i suoi occhiali. Le lenti sono incrostate di polvere, e una stanghetta è rattoppata con del nastro isolante.
Ha trovato una porta e ci si è infilato. Sta attraversando un corridoio rivestito di piastrelle bianche che gli ricorda un bagno pubblico.
È ancora confuso: a momenti ha l'impressione di scivolare su una lastra di ghiaccio, e non di camminare con le proprie gambe. Ma non va poi così male: la memoria è tornata. Sa dove andare a prendere le pillole, e questo è tutto: potersi lubrificare il cervello con della roba fresca. Il pensiero lo fa sembrare una specie di cannibale.
Scende facendo uno scalino alla volta. Al piano terra un uomo con una maglietta scolorita sta sfogliando un tascabile. È appostato dietro a un banco da lavoro, con sopra delle riviste sparpagliate alla peggio. - Materiale pornografico, pensa Web. Qualcosa da ventesimo secolo con per titolo "Inculate asiatiche" e "Orgasmi bollenti". Web cerca di indirizzargli un sorriso, ma non gli riesce un granché bene.
È fuori. È nella Strada adesso.
Viene progressivamente affiancato da uno sbarramento di bar e locali notturni dalle insegne inerti. Una ondeggiante folla di persone gli si riversa addosso. Web si fa traspotare come un oggetto alla deriva. Ed è come se tutte quella facce sconosciute lo volessero stritolare. A tratti ha l'impressione di essere seguito. Ma non importa: sa che le pillole metteranno tutto a tacere.
Ha nelle orecchie il rumore della calca e il ronzio costante dei veicoli. È come essere sintonizzati su una stazione radio interrotta. Dietro le facciate delle palazzine si snodano canali di traffico urbano. Una volta le ha viste, le strade: tutte quelle auto nuove con i pneumatici leggeri che tagliano l'asfalto.
Sta pensando con intensità a un'iniezione inframuscolo, quando si imbatte in uno spacciatore. È il primo della giornata che incontra.
- Vulcain! Ciao, Vulcain.
Un ragazzo di circa tredici anni con il volto butterato e profonde occhiaie intorno agli occhi pare riconoscerlo e si ferma. Web lo raggiunge, evitando il contatto con la massa di corpi sudati che gli si riversa incessantemente ai lati.
Vulcain annuisce. Indossa una maglietta spiegazzata della COCA-COLA WORLD COMPANY e sta fissando qualcosa di interessante dietro le spalle di Web.
- Dov'è Castoro?
Ci mette un'eternità a rispondere. - Morto.
Web non fa una piega. - Gola?
- Morto pure lui - Un momento dopo Vulcain gli sbadiglia in faccia.
- Sam? - prova.
Le pupille del ragazzo sono dilate all'estremo. Ha la faccia come una gomma da masticare afflosciata. - Sam è morto.
Web riflette. - Senti, hai per caso delle pillole qui con te?
Vulcain non ha capito.
- Pillole - ripete. Si porta un dito alla tempia, ma lo spacciatore è già andato via.
Web riprende a camminare, cercando con lo sguardo le vetrine familiari dei negozi.
Ricorda la prima volta che ha incontrato Vulcain. L'ha conosciuto che si rotolava sul pavimento macchiato di un gabinetto. Doveva aver inalato tutta la polvere contenuta nell'involucro di carta con il quale aveva ingolfato lo scarico. Indossava una maglietta e nient'altro, e mugolava come un forsennato. Poverocristo: si era fatto in quattro per tagliare la coca su uno specchio incrinato in piccole strisce perfettamente verticali.
Quello ha le sanguisuge nel cervello - pensa. E gli viene quasi da vomitarsi addosso.
Imbocca una svolta. Poi un'altra. È vicino adesso. La strada si è ristretta, è diventata un vicolo. Ed ecco il posto: una serranda abbassata per tre quarti, incuneata tra un casolare frequentato da senzatetto e la facciata di un emporio che cade a pezzi.
Ci entra subito.
Il locale di Mammy è tallonato dai flatline della zona. Una sorta di circolo ricreativo. Là dentro per lo più servono birra rancida e hanno un assortimento di bottiglie di liquori italiani. Il ghiaccio è sempre fresco, i bagni sono spaziosi e di roba ce n'è finché si vuole. Girano pasticche di sedativi e stimolanti. Qualche volta ha visto passare di mano eroina contenuta in sacchetti di plastica trasparenti. E poi ci sono le pillole, le preferite da Web.
È una meta fissa, per lui: ci va da quando si è fatto il primo rudimentale buco. Conosce tutti là dentro, e gli altri sanno di lui. Non sono molto socievoli, i flatline; ma tra di loro ci si saluta.
Mammy è la coscienza storica del gruppo. Ha quasi cinquantaquattro anni, ed è ancora vivo.
Rivolge un cenno ad un avventore, un ragazzo anoressico che indossa una giubbotto di pelle nera molto aderente. I separé assomigliano a steccati, e i tavolini occupati dai compagni sono pieni di ombre. Qualcuno con un brutto tatuaggio sulla schiena giace riverso sul pavimento.
- Salve Web. - Mammy compare dietro il bancone e sorride, ostentando un'arcata di incisivi d'oro e gengive sporgenti. Indossa una camicia bianca abbottonata fino al collo, con le maniche arrotolate sui gomiti. Ha il petto come quello di un babbuino. Web non capisce come faccia a mantenersi in salute, con quello che prende. E Mammy è vecchio, molto vecchio.
Gli porge un contenitore di vetro con della birra dentro. Meccanicamente Web lo raccoglie e se lo infila sottobraccio.
Si schiarisce debolmente la gola. - Sto cercando le pill... - Si volta e si avvia nella direzione indicata dal braccio teso.
I tavolini non hanno forma e dimensioni costanti. Non ce ne sono due uguali. Alcuni fanno ad angolo. Quelli di metallo, poi, sono verniciati di verde e freddi al tatto.
I compagni sono silenziosi. È un posto tranquillo, da Mammy's.
Quella è Patty, la ragazza con i lati della testa rasati a zero e gli occhi persi nel vuoto. È occupata a rinvenire. Web avrebbe voglia di sventolargli una mano sulla faccia per vedere se riesce a scuoterla dal torpore. Ma sarebbe un gesto patetico.
Il negro è Vola-Vola. È chiamato così perché porta
sempre lenti a contatto SWISS modificate da qualche indipendente - dice
lui - con uno spiccato senso artistico. Punti neri come monscerini gli nuotano
pigramente nell'iride incolore. Web non sa come funzioni la cosa. È un
effetto un po' macabro, a vedersi, e gli fa sempre una certa impressione.
Vola-Vola è "disorientante": Web non riesce mai a essere
sicuro della direzione del suo sguardo.
Mentre transita accanto al suo tavolo Vola-Vola gli rivolge un sorriso equivoco.
Web gli lascia la sua HEINEKEN, come fa ogni volta che lo incontra.
C'è anche Tama. Il nano. È acciambellato come un giocattolo rotto
su una pila di cuscini imbottiti. Se li porta dietro da casa, dicono, perché
Mammy non ne ha, e lui teme che glieli portino via. Sempre che Tama abbia
un posto dove stare. Uno che non sia una struttura di ferro modellata a
forma di panchina, di quelle che spuntano come rotaie piegate in quattro
dai giardini del Parco.
Lo segue con lo sguardo mentre si avvia in fondo alla sala, dove la luce dell'ultimo neon si ritira ad ogni passo. Contempla il pavimento attraversato da sezioni scomposte di moquette azzurra. Un tempo era di lusso, da Mammy's...
Qualcuno gli ha appoggiato una mano umida sul collo.
Si volta lentamente. Non corre pericoli all'interno del locale. Il Mammy's lo protegge: è come avere una vecchia coperta sulle spalle.
Stenta a riconoscerle. Ma sono le Sorelle, quelle che ha davanti. Di nome
fanno tutte e due Sally. Non si separano mai. A loro piace fare l'amore
in coppia, e sono calde come termosifoni. Nella luce crepuscolare sembrano
gemelle: le labbra di un rosso violento sono le stesse. Hanno identiche
preferenze in fatto di cosmetici. Inforcano occhiali da sole per nascondere
i lividi sopra gli zigomi e si sono rasate il volto con molta cura.
Gli sorridono, diffondendo un vago aroma di dopobarba. Si stanno domandando
se gli va di scopare.
Sì, ha voglia. - Più tardi, dice. E si stropiccia i capelli sulla fronte bagnata, come per dire che non ha ancora avuto la sua dose. Qua dentro la droga è la sola cosa che vale più di una scopata.
Producono all'unisono una serie di schiocchi con la lingua. Per un istante sembrano le casse acustiche di un'impianto stereo, di quelli che rifilano ai turisti lungo la Strada. Poi Sally 1 si sporge di lato e lecca le labbra di Sally 2, a lungo. E si allontanano così, abbracciate, strette l'una all'altra.
Web ha un gran desiderio di farsele. Aggrotta la fronte. L'ultima volta è stato con Vola-Vola, quello con i moscerini negli occhi. E gli ha fatto male, il negro. Ma non ricorda quando è stato.
I bagni di un locale trattengono elementi casuali delle vite dei clienti. Specialmente in questa parte della città, dove igiene e pulizia non sono mai state di moda.
È come entrare nel retrobottega di uno squallido interno della Stazione dei Treni. O in un deposito dei rifiuti, di scarti, di cose che sono state dimenticate.
Le mattonelle superstiti sono un gruppo isolato, e sono tutte crepate. Rivestono il cemento di una tinta giallo ocra con decorazioni floreali. Il pavimento è sudicio. Alcune tratti sono ridotti in una poltiglia umida e nera, come polvere bagnata. Ci sono impronte di scarpe dappertutto, in particolare sulle pareti di gesso. Nel soffitto si allarga una macchia di muffa.
Web si passa una mano sudata tra i capelli. Sta cercando di abituarsi all'odore dell'urina. In un angolo c'è della merda con delle mosche che le ronzano pigramente intorno. Pensa agli occhi di Vola-Vola; e riesce quasi a sorridere.
Gli alloggiamenti dei gabinetti sono sei. Tre porte verniciate di bianco si stagliano nitide sulla sinistra; le altre mancano. Sono percorse da graffi traversali e da un reticolato di scritte e disegni osceni che raffigurano approssimativamente scene di sesso. Quello che lo colpisce di piè è un enorme fallo scavato nel legno poroso con un corpo affilato.
Web osserva la terza porta, dalla quale fuoriesce del fumo. La raggiunge,
calpestando sotto i tacchi delle scarpe pozzanghere di melma scura. Spalanca
l'ingresso dello "spaccio". Dietro c'è Muto, il socio di
Mammy, intento a fumare qualcosa di più appariscente di una sigaretta.
Saluta e si richiude la porta alle spalle. L'interno è sufficientemente
grande per due persone.
Muto è la caricatura di un operaio cinese. Piccolo quasi quanto Tama il nano, come se le droghe gli avessero arrestato lo sviluppo del corpo. È seduto sulla tazza del water. Indossa un accappatoio giallo aperto sul davanti e guanti di tela. Calza sandali di pelle che gli lasciano scoperti i piedi nudi, incrostati di sporcizia.
Annuisce. Ha la pelle del viso tormentata da una sovrastruttura di rughe ed efelidi. Gli occhi sono minuscoli punti neri. Web scopre che cosa trattiene nella stoffa tesa sulle le gambe: un assortimento di pillole colorate. Si lecca le labbra, abbagliato.
Muto aspira una boccata, immettendo hasisch nei polmoni. Rilascia lentamente il fumo, continuando a scrutare Web in silenzio. Il volto non ha alcuna inflessione.
Web si fruga nelle tasche. Caccia fuori una bustina di plastica con cerniera
dalla quale estrae una manciata di banconote spiegazzate. Le porge al cinese
senza contarle. - È tutto quello che ho oggi - dice. Non ricorda dove ha
preso i soldi. Sta fissando le minuscole palline colorate.
Il cinese valuta il denaro con un'occhiata e lo fa scivolare dietro un risvolto
della vestaglia. Web intravvede un petto pallido e rinsecchito. Il vecchio
è magro quasi quanto il tizio anoressico al banco, quello con il
giubbotto di pelle.
Gli sta facendo segno con la lingua di avvicinarsi. Evidentemente i soldi non bastano, e in qualche modo deve pareggiare i conti. Web sa che Muto è paziente, e che non gli farà male. E poi le Sorelle gli hanno fatto venire voglia. Si sbottona la cerniera dei LEVI'S, assorto nella contemplazione delle pillole, come in trance. Il cinese si allunga in avanti con il mento. Le su mani sono minuscoli artigli... e la bocca è calda, straordinariamente calda.
Sembra che al vecchio piaccia ricevere visite. Trascorre le giornate al chiuso, nello sfacelo del bagno, in attesa. Fuma hasisch di contrabbando e conta il denaro. Mammy intasca la sua percentuale e lo lascia vivere.
L'esistenza del cinse è una "ruotine". Come quella di tutti, in questa città. I flatline più di ogni altro.
Fa rientro nella sala dei tavolini. Trattiene nel palmo della mano una pillola rosa. Ha le dimensioni di una nocciolina, ed è tiepida contro la pelle.
Le Sorelle si stanno baciando sulle labbra. Tama le osserva con ostentazione da sopra la catasta di cuscini gonfi come palloni.
Vola-Vola si è scolato la birra e ne ha ordinato dell'altra. Gli sorride da dietro al vetro della bottiglia, con quei suoi occhi folli.
Patty è svenuta e si è vomitata sul colleto della camicia, che le lascia scoperto un seno. Ritiene che sia una ragazza molto bella. Web è innamorato di lei.
Mammy sta asciugando un boccale di vetro con uno straccio unto. Fa lampeggiare il firmamento di luci che ha in bocca, quando gli passa accanto. - Ci vediamo, Web - sono le sue parole. Lui di rimando prova a confezionare un sorriso. Ad un tratto si sente molto stanco. Gli duole l'interno delle cosce, dove Muto l'ha morsicato. Si augura che il cinese crepi con la bocca piena di fango e una sbarra di ferro infilata su per il culo.
Fuori fa buio e tira un brutto vento. Le giornate si stanno accorciando - pensa, e infila le mani nelle tasche della giacca. Sfiora con un dito la bustina di plastica allegerita del contante.
Si immerge nella folla silenziosa della sera. Le insegne luminose dei negozi gli fanno da guida sotto il cielo grigio.
Vaga a lungo, senza meta, accompagnato dalle voci e dai volti della giornata, che si fanno lontani, indistinti...
"Sam è morto. Salve Web. È tutto quello che ho oggi".
Vulcain, Mammy, Le Sorelle, Vola-Vola, il nano, Muto e... Patty. Vorrebbe dirle qualcosa, ma non sa che cosa.
Notte. Fa freddo, ora. Sta dando gli ultimi morsi ad un hamburger con salsa che ha racattato in un chiosco. Presto sarà a casa.
"Casa" è un edificio in rovina che da su un vicolo cieco. Non l'ha mai visto prima. Il proprietario lo scorta al piano di sopra: è andata via la luce e le scale non sono sicure. È molto gentile. Gli domanda se per caso non si sente bene. - Sei pallido - spiega - hai un aspetto spaventoso. Lui è un omuncolo grasso e peloso, senza capelli, con su una cannottiera sgualcita della LABEL. Pure frocio. Ma Web non ha voglia, adesso. Vuole andare a letto.
La stanza è un duplicato di una qualsiasi camera d'albergo.
Il proprietario lo lascia solo: ha capito che con lui non attacca. Non questa notte. Ma domani, chissà, Web potrebbe cambiare idea. I soldi sono quelli che sono - pensa.
Celebra il rituale in silenzio, in piedi, con gli occhi quasi chiusi per la stanchezza. Ingoia la pillola rosa. È un potente sonnifero reso frizzante dall'aggiunta di sedativi. Ha un retrogusto di lemoncina.
Il letto cigola, e Web si stende senza svestirsi, rimboccandosi la coperta di lana sul collo. Ha intravvisto qualcosa di scuro e strisciante alla base del letto. Uno scarafaggio dalle antenne sottili.
Pensa al legame che c'è tra l'insetto e sé stesso. E gli tornano in mente gli uomini-formica che compaiono spesso in televisione, con i loro camici verdi da macellaio. Ma non vuole perdere il sonno. Tanto più che la pillola comincia ad avere effetto.
Spera di fare un bel sogno questa notte, e di non risvegliarsi mai più.
"Il due per cento dotato realizzerà i sogni
dell'umanità, volare alle stelle, vivere come dei,
raggiungere la comprensione ultima dell'universo. Il
resto di noi, i flatline, diventeranno sempre più
irrilevanti. Non abbiamo neanche la consolazione di
significare ancora qualcosa, neppure per noi stessi."
Flatline (Walter J. Williams)
NOTE
(*) nel gergo dei paramedici, "flat-line" è la linea piatta dell'elettroencefalogramma (rappresenta l'assenza di vita). Tra le altre cose - come molti ricorderanno - è il nome di uno dei personaggi del Neuromante di Gibson; e da anche il titolo al "Flatline romance" di Pina D'Aria, edito da Synergon. Il racconto di W. J. Williams della citazione è pubblicato dall'Ed. Nord nell'Antologia "Cyberpunk" a cura di P. Nicolazzini.