"PER SCRIVERE CI ISPIRIAMO A BRUCE LEE"

Sull'orrido "Il giornale" di oggi (5/5/1999) è uscito un articolo tanto stupido da suscitare un misto di compassione e ribrezzo per il mentecatto che lo ha scritto. È interessante e istruttivo narrare l'antefatto e decostruire il pezzo.

Intanto, si tratta di una presunta intervista di tale Ruggero Rastelli a due degli autori di Q, intervista le cui circostanze sono inventate di sana pianta, come del resto le affermazioni riportate. Nel pezzo c'è ben poco che non sia frutto (marcio) della fantasia di Rastelli.

Questo soggetto si è presentato a Genova due sere fa, dieci minuti prima di una presentazione di Q, nel bel mezzo di un briefing logistico. Non ci esaltava granché la prospettiva di conversare col pennivendolo di un sì orrido fogliaccio, e in più costui si portava appresso un fotografo, che è stato immediatamente... "scoraggiato" a lavorare. Due di noi si sono assunti l'onere di rispondere alle domande, tagliando corto, con divieto tassativo di fotografarci e senza dire quali dei due fossimo.

La mattina avevamo fatto un dibattito sulla mitopoiesi nella cultura pop alla facoltà di scienze della formazione, con molti riferimenti metaforici alle arti marziali, da Sun Tsu a "Dalla Cina con furore". Ho accennato a questo, spiegando rapidamente che gli assunti "filosofici" delle arti marziali possono e dovrebbero essere applicati alle strategie di controdisinformazione etc.

Oggi è uscito il pezzo. I due vengono identificati come "Fabrizio Bellettati" [sic] e "Luca Di Meo". Visto che tali nomi - di cui uno è falso come un biglietto da sessantamila lire - corrispondono volta per volta a diverse facce e diverse voci, non si tratterebbe comunque di un problema.

L'articolo è illustrato con una foto sfocata scattata di nascosto (col teleobiettivo e senza flash) in puro stile paparazzo. La didascalia mette in relazione le due sagome con i presunti nomi degli intervistati, attribuendoli però all'inverso.

Tutto fa brodo purché si capisca che non siamo "personaggi" e che siamo solo alcune delle tante persone che hanno usato il nome di Luther... Ma il contenuto dell'articolo è merda di bradipo cerebroleso: le circostanze dell'intervista sono pura fiction (scadente e scritta male), le domande sono state riscritte e le risposte re-inventate attingendo ad articoli usciti su altri giornali e incollando come capitava frammenti del nostro briefing, evidentemente origliati e fraintesi da lontano. Alcune frasi non hanno senso nemmeno dal punto di vista logico-sintattico!

Uno degli innumerevoli esempi possibili: è del tutto improbabile che io mi sia messo a fare "saltelli" durante la supposta intervista, per di più dicendo che si tratta dello stile Mantide (Tong Long): chiunque abbia una conoscenza anche minima delle arti marziali cinesi sa benissimo che tale stile, specialmente nella versione "settentrionale", si basa quasi esclusivamente sull'uso delle mani e ha pochissimo gioco di gambe. E poi, qualcuno mi spieghi che c'entra Piero Angela!

Analogamente, porre in relazione "il kung fu della Cina settentrionale" con un presunto "stile Jeet Kune Do" di Bruce Lee è una cosa priva di senso, prima di tutto perché il Jeet Kune Do ("intercettare il pugno") non è uno stile bensì una tecnica di combattimento che integra non solo diversi stili di kung-fu (sia settentrionali sia meridionali), ma addirittura colpi e tecniche del pugilato, del ju-jitsu, del tae kwon do e persino l'affondo tipico della scherma occidentale.

Puramente immaginario è anche il riferimento a Umberto Eco: non solo non abbiamo mai detto di esserne "infoiati", ma non lo abbiamo proprio nominato, principalmente perché la fiction di Eco non ha esercitato assolutamente nessuna influenza sul nostro romanzo.

Secondo l'articolo, il sottoscritto (definito "muso giallo"... un riferimento razzistico ai miei tratti somatici?), avrebbe sferrato pugni "a un centimetro dal naso" del cronista. Bene, la prossima volta mi impegnerò per colmare più volte tale distanza.

/FPB

 


Da "Il giornale", 5/5/1999, pag.32

"PER SCRIVERE CI ISPIRIAMO A BRUCE LEE"

Parlano i quattro bolognesi autori di "Q" con lo pseudonimo collettivo di Luther Blissett: "Comunicare è come le arti marziali"

 

di Ruggero rastelli - nostro inviato a Genova

L'appuntamento è per le otto a Genova, teatro Modena (puro Settecento: rifatto due anni fa: peccato per il postaccio, Sampierdarena) dove i quattro cavalieri dell'apocalisse hanno intenzione di spiegare all'universo mondo come e qualmente hanno ideato, scritto, composto e soprattutto sbolognato a Einaudi "Q", il pop-romanzo che contenderà alla Maraini la palma dello Strega. Oh, mica roba da niente: quindicimila copie fatte fuori con la prima edizione e le diecimila della seconda a liquefarsi nelle librerie. Il che, per dei tizi che si sono messi in pista quasi per gioco, non è poco.

Dovevano essere in quattro ma riesco a stanarne solo tre e ora della fine rimarranno in due, avete presente la canzoncina? Comunque... l'importante è contentarsi, come dice sempre Andreotti. Personaggi e interpreti: Luca Di Meo, magro, emaciato, sguardo da "tormento e l'estasi", anche se per il momento dimostra solo il primo; Fabrizio Bellettati [sic], peso medio, rotondetto di capa, gran parlatore; Federico Guglielmi, che vedo solo di striscio, nel senso che quasi mi travolge per la fretta di uscire; l'ultimo, Giovanni Cattabriga, s'è già dato. Vengono da Bologna. Il trio-duo si piazza strategico, uno per lato e l'altro avanti a sorvegliare la piazza [[?????]]. In primo piano Di Meo. Io lo guardo: lui mi guarda.

Passano i minuti.

"Allora?", attacco (mossa formidabile, vediamo l'avversario da che parte azzanna).

"Allora cosa?", rimpalla lui. Astutissimo. Tipo duro, ma io non mi faccio fregare.

"Luther Blissett, l'autore di Q".

"Ah, quello...", fa. Morbido. Insinuante.

"Dai non tirartela tanto. Il pubblico vuole sapere" (Grande, mi congratulo).

"Che ti posso dire? È una firma collettiva, una specie di multinazionale di produzione semiotica in franchising: il che significa uscire con un potere di produzione incredibile, Non siamo solo noi quattro, altre decine di anonimi personaggi lavorano a diversi progetti contemporaneamente. Come pseudonimo ha cominciato a circolare nell'ambiente underground all'inizio degli anni Novanta."

"Più corto di una cadillac e più lungo di una cornetta del telefono", si anima il Bellettati [[stra-demenziale! COSA sarebbe più corto etc.? Una delle tante frasi orecchiate in tutt'altro contesto e infilate dove capitava]].

"Forza Di Meo, avanti massima..."

"Beh, Luther Blissett è ormai una leggenda metropolitana. Internet pullula di miti. Quello più accreditato è che sia stato l'artista americano Ray Johnson, l'inventore dell'arte postale (morto suicida nel '95) il primo a usare la firma, ma di spiegazioni in rete ce ne sono a decine".

"Una per tutte."

"Si dice che sia stato lo scrittore Diego Gabutti (che scrive sul Giorno) durante una discussione con Sergio Leone a chiedersi come riprendere la leggenda dello straniero senza nome di tanti suoi film. La spiegazione è molto accreditata: compare su diverse riviste Usa". Come dire: chi si usa è perduto.

La palla passa ora a Bellettati, stufo di fare la bella statuina e mordere il freno mentre il Boss imbandiva il povero giornalista: "Esistono centinaia di siti Internet dedicati a Blissett - arruffa lì - il più significativo è su Altavista, ma anche gli altri motori sono pieni" [[da notare l'assoluta mancanza di senso di questa frase: che significa avere un sito su Altavista?]]

"Parliamo di Q"

"L'idea è venuta a fine '95, perché tutti e quattro gli autori in quel periodo avevano letto testi storici e s'erano infoiati di Eco [[spero che ti venga un cancro al culo]]. Alla base del romanzo c'è anzitutto l'enciclica 'Ut Unum Sint' che è particolarmente interessante perché il Papa invita tutti i cristiani all'unità; poi uno scritto del situazionista Raoul Waneigem ('Il libero spirito', edizione Nautilus, Torino) [[Si chiama Vaneigem con la v, non è più situazionista da almeno trent'anni e il libro si chiama 'Il movimento del libero spirito']] interessante per la trattazione di varie figure religiose medievali; il terzo è 'American Tabloid' di James Ellroy, che ci ha molto ispirato su come prendere le figure dalla storia. Nei libri di solito appaiono i grandi personaggi: in polemica con la storia noi vogliamo invece raccontare degli umili, come i protagonisti popolari di Q" [[e invece degli "umili" non ce ne frega un cazzo]]

"Passiamo allo stile"

"Abbiamo lavorato sul libro con metodo cinematografico: fatta la sceneggiatura, ci son voluti mesi per la ripulitura" [[che cazzo dovrebbe significare?]]

"La trama"

"Voleva essere l'allegoria dell'Europa di oggi (con i suoi profughi, il Kosovo, i processi) quasi un paragone tra l'inizio della modernità e la fine: la scoperta dell'America, le banche, gli intrighi dei potenti, la nascita dei mass media. Del resto il romanzo storico è sempre intrinsecamente 'politico', proprio perché sposa una tesi. Ci sono perfino gli accordi di Dayton, basta guardare la pace di Augusta".

"A Genova non eravate solo per presentare il libro..."

"Siamo stati in università, a spiegare le controtecniche di comunicazione di massa a un corso di sociologia. Comunicare è come le arti marziali. Ci ispiriamo al Kung Fu della Cina settentrionale, nello stile Jeet Kune Do di Bruce Lee, per bloccare l'avversario."

A questo punto comincio a preoccuparmi: soprattutto perché il Bellettati inizia a fare il muso-giallo, con tanto di saltelli e pugni a un centimetro dal naso.

"Momento, non vorrai prendertela col quarto potere..."

"Tranquillo, adesso uso lo stile mantide del tempio Shaolin, come fa vedere Piero Angela: accettiamo le interviste, ma usiamo il mezzo per rispondere."

[[assolutamente nessun significato!]]

"Parliamo dello Strega."

"È stata una delle ultime mosse di Giulio Einaudi prima di morire: era dall'anno scroso che ce l'aveva con questi qui, così ci ha iscritto. Un autore virtuale per un premio virtuale" [[mai dichiarato niente del genere]]

"Vendetta postuma"

"Se vuoi... A noi non interessa. Il nostro ingresso in casa Bellonci è più simile a quello di Alex e dei Drughi in Arancia Meccanica. Comunque abbiamo già vinto perché abbiamo scompaginato tutti i giochi".

"Progetti. Futuro."

"Nostri, Luther Blissett?"

"Fai tu."

"Volevamo fermarci, sono quasi cinque anni che siamo a battere la piazza. Però adesso ci abbiamo preso gusto. Adesso vogliamo fare un reportage: 'Paura e delirio allo Strega' lo chiameremo, sarà la cronaca di un premio visto dall'interno. È già in vendita al migliore offerente. Interessa?"

[[Il Giornale è sicuramente l'ultimo a cui offriremmo qualcosa di nostro]].

 


[segue un Box intitolato "Tutti i Luther Blissett", copiato pedissequamente (ma in forma considerevolmente peggioratoa) da quello uscito su l'Unità:]

Tutti i Luther Blissett

Luther Blissett è un nome che compare da anni nell'universo underground di Internet, firmando le azioni più provocatorie di "panico mediatico" in 32 paesi: notizie false su prostitute sieropositive, pseudolibri di guru telematici, inesistenti sette sataniche. All'origine il calciatore nato il 1 febbraio 1958 a Falmouth che, dopo aver giocato in Inghilterra nel Watford, arrivò nel 1983 al Milan: in campionato fu un vero cannoniere - anche se al contrario - giocando 30 partite, segnando 5 gol e sbagliandone un'infinità, tanto che i tifosi giunsero a sospettare che in Italia fosse arrivato il "fratello brocco". Gli autori che si firmano come come Luther Blissett sono Federico Guglielmi, Luca Di Meo, Giovanni Cattabriga e Fabrizio Bellettati [sic]: hanno tra i 26 e i 35 anni, vivono a Bologna e si definiscono "lavoratori dell'immateriale": consulenti editoriali, traduttori, telematici. Sotto lo stesso pseudonimo è uscito ora "Nemici dello Stato. Criminali, mostri e leggi speciali nella società di controllo" (Derive-Approdi, pp.282, lire 28.000).