Dal "Trattato Eurispes 1999", Capitolo V, Scheda 41:

menzogna/verità

L'insurrezione invisibile:
il caso Luther Blissett

 

Nel gennaio del 1995 iniziò a circolare nell'ambito dell'underground politico-culturale italiano un libricino a firma Luther Blissett dal titolo provocatorio Guy Debord è morto davvero. Una pubblicazione che suscitò interesse e polemiche e che appariva alquanto enigmatica: il nome di un calciatore inglese di origine giamaicana conosciuto in Italia come centravanti del Milan nella stagione '83-'84 - specializzato nel colpire pali a porta vuota e divenuto ben presto idolo della tifoseria interista - veniva utilizzato per un documento estremamente esoterico in cui si criticava spietatamente uno dei principali protagonisti dell'Internazionale Situazionista suicidatosi il mese prima. L'Internazionale Situazionista era un'avanguardia artistica fondata nel '57 in cui convergevano l'Internazionale Lettrista (il gruppo di Guy Debord), il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista, l'artista italiano inventore della "pittura industriale" Pinot Gallizio e l'Associazione Psicogeografica di Londra. Negli anni successivi, nel tentativo radicale di realizzare l'arte nella vita, si trasformò in un movimento di agitazione rivoluzionaria che influenzerà profondamente, soprattutto in Francia, artisti, intellettuali dell'accademia e quei movimenti di contestazione e rivolta esistenziale che sfoceranno nel '68; un'influenza che anche dopo l'autoscioglimento nel '72 continuerà ad esercitarsi sotto traccia fino ad oggi. Guy Debord, la cui unica attività artistica fu di regista sperimentale, è l'autore di quel saggio di teoria critica, La Società dello Spettacolo, pubblicato nel '67, che verrà considerato come una delle chiavi di lettura più lucide delle grandi trasformazioni politico-sociali a seguire, le cui analisi verranno accostate da molti all'opera di McLuhan per la preveggenza. Un testo che avrà una circolazione esclusivamente sotterranea eppure, come ha fatto notare più volte Enrico Ghezzi, il "più saccheggiato, più utilizzato e meno citato dal '68 ad oggi". Dagli anni Settanta in poi di questo maestro occulto non si saprà più nulla. Se da una parte molti operatori della comunicazione mediale fecero a gara dopo la sua morte nel rivendicarne l'eredità teorico-pratica, da Carlo Freccero ad Antonio Ricci, l'autore o più probabilmente il collettivo di autori celatosi dietro lo pseudonimo del "centravanti-beffa", da una posizione molto più marginale e proprio per questa ragione più feconda di innovazioni, ne evidenziò invece i limiti e le contraddizioni, prendendone le distanze. La situazione era estremamente paradossale poiché un'esperienza d'avanguardia che attaccava duramente il sistema capitalista demistificandolo come uno spettacolo, cioè come un'accumulazione di immagini e feticismi consumistici che occultava lo sfruttamento del proletariato e la manipolazione dell'informazione e in definitiva della realtà stessa, veniva accolta proprio nel bagaglio culturale dei settori più avanzati di quello stesso spettacolo. Mentre, di contro, coloro che più autenticamente avrebbero potuto sentirsi vicini a quel genere di critica la rifiutavano. In realtà non si trattava affatto di un paradosso, ma questo è un aspetto fondamentale di questa ricerca che approfondiremo più avanti; per ora ci interessa far emergere un dato già immediatamente rilevabile: fin dalla sua prima pubblicazione "Luther Blissett" si presenta come un nome pop attraverso il quale è possibile rivendicare qualsiasi attività, il cui solo utilizzo, anche per una sola volta, introduce chiunque in una sperimentazione sull'agire comunicativo che gioca su più piani di realtà contemporaneamente e che ha come fine la critica e la trasformazione dell'esistente. Luther Blissett ci dice chiaro e tondo: "Oggi (...) si tratta di vanificare la stesura di una costituzione materiale in cui la comunicazione e l'intelligenza collettiva sono direttamente messe a lavoro per perpetuare un ordine societario basato sullo sfruttamento e sull'ecocidio. La lotta è ancora contro il Codice, per creare attraverso "l'allegro inganno" nuovi vicinati tra le cose (...) e spezzare i vecchi legami gerarchici", e ancora: "Luther Blissett è un singolo, ma è anche una moltitudine", [è un nome collettivo che] "rappresenta una soluzione pratica ai problemi dell'identità, del rapporto tra singolarità e collettivo, della dialettica tra individuo e comunità", "rappresenta la potenza della comunicazione e dell'intelligenza collettiva, e non c'è copyright che tenga". Il libricino si chiude poi con un invito a diventare Luther Blissett.

La chiave di lettura più efficace dunque per comprendere Luther Blissett è di vederlo come un "allegro inganno" giocato collettivamente e anonimamente che mira a produrre un nuovo senso della realtà (nuovi vicinati tra le cose) e ad accelerare il corso della crisi planetaria che attraversano le vecchie visioni del mondo (i vecchi legami gerarchici). Luther Blissett ha prodotto e continua a produrre quella che il sociologo francese Henri Lefebvre ha chiamato "la menzogna proibita che imbarazzerebbe i mentitori proibendo la catena delle menzogne". Le affermazioni contenute in quel testo potevano sembrare certamente esagerate tanto da poterne prevedere il fallimento, eppure si rivelarono un successo. C'era in effetti un dato che convinse molte persone, spesso di opinioni radicalmente diverse tra loro, ad aderire. Il fatto era che quel libricino costituiva già di per sé un esempio concreto di cosa fosse Luther Blissett, si trattava cioè di una soluzione sperimentale dell'irrisolta dicotomia cultura popolare (il pop)/avanguardia, in cui si realizzava una sintesi tra il calcio, la cultura sportiva popolare par excellence, e un percorso delle avanguardie che va da Dada e il Surrealismo a tutti i vari attuali postmodernismi, un percorso per "iniziati" davvero poco popolare.

Ricalcando d'altronde sarcasticamente l'analoga sintesi tra calcio e politica verificatasi nel linguaggio della crisi istituzionale, un linguaggio tutto a base di metafore calcistiche (lo "scendere in campo", il "giocare di squadra", "l'andare ai tempi supplementari", ecc.). Era percepibile cioè, in termini più essenziali o filosofici, come una originale soluzione alla dicotomia potenza/atto. Proprio questo modo di attraversare e superare le dicotomie classiche della società contemporanea (singolo/moltitudine, individuo/comunità, vero/falso) sarà la caratteristica invariante di tutte le successive sperimentazioni siglate "Luther Blissett" e qualsiasi indagine a riguardo che non tenga in considerazione questo suo aspetto al limite del non-sense, come già è accaduto più volte, è destinata a non cogliere nel segno. Luther Blissett tenderà sempre a sorvolare assolutamente o a "cortocircuitare", a secondo del punto di vista, tutte le separazioni disciplinari e culturali e a risolvere dunque in maniera sperimentale le contraddizioni sociali che in buona parte da esse si producono. Dal '95 ad oggi Luther Blissett è stato attraversato da migliaia di persone in tutto il mondo e si è mostrato sempre più chiaramente come un progetto collettivo, anonimo e transnazionale, che, utilizzando in networking tutti i media esistenti, compresi quelli più sottovalutati o del tutto ignorati come l'arte postale, la produzione di leggende metropolitane, i bolletin board system, il graffitismo urbano e le fanzine, ha saputo attraversare con disinvoltura i territori più disparati dell'agire comunicativo e che proprio su questo suo radicale nomadismo culturale ha fondato la propria mobile identità, rendendosi così strategicamente ostile a qualsiasi genere d'indagine. Ciò è confermato, ad esempio, da come i giornali hanno potuto descrivere di volta in volta questo progetto antropomorfizzato: "dissidente cognitivo", "pirata psico-in-formatico", "cyber-pirata", "leader della net-gener@tion", "terrorista mediatico", "terrorista culturale", "terrorista cerebrale", "guerrigliero semiologico", "seguace del caos dei media", "artista-illusionista", "militante del transgender", "fantomas delle beffe", "fabbrica dei falsi scoop", "performance globale", "setta filosofica", "musicista polimorfo", e così via. Tutte definizioni che Luther Blissett ha ogni volta puntualmente smentito. La varietà delle definizioni testimonia di una impossibilità di identificare una volta per tutte quest'esperienza i cui animatori per altro, come più volte loro stessi hanno affermato nelle diverse pubblicazioni reperibili e in interviste televisive o radiofoniche, cambiano in continuazione, spesso non si conoscono neanche tra loro e coltivano interessi profondamene diversi. Chi è Luther Blissett, non sa mai esattamente quale sia la vera entità del progetto cui aderisce. Appare chiaro quindi che il momento sintetico sia proprio paradossalmente il rifiuto di ogni sintesi di senso cosicché si aderisce sulla base non di una appartenenza, ma di un'attitudine alla critica delle identità fissate una volta per tutte, e al non-sense come metodologia di comprensione e produzione della realtà. I giornalisti finora si sono attenuti chiaramente solo a quella parte delle attività del nome multiplo più spettacolari come la beffa mediatica, rilevandone una critica discutibile, ma esemplare delle tecniche di manipolazione della notizia e di come questa manipolazione negli ultimi trent'anni abbia allargato la zona d'indistinzione tra il vero e il falso, rendendo sempre più difficile un'operazione di verifica. Ma si tratta comunque solo della punta di un iceberg.

In alcuni ambienti accademici italiani, in particolar modo da parte di filosofi, sociologi e antropologi, è stato sottolineato un aspetto completamente diverso. L'interpretazione che tutt'oggi sostengono è che si tratti di un movimento socio-culturale significativo in grado di render conto delle modalità con cui le nuove generazioni, attraverso le tecnologie, innovano le forme della comunicazione e della socialità e di come così affrontino la crisi delle identità, la crisi dei valori, la precarietà occupazionale e in definitiva il generale stato di anomia in cui versa la società civile dinanzi alle grandi trasformazioni epocali. Si consideri poi che negli ambienti artistici Luther Blissett è accolto come una raffinata opera d'arte impalpabile, come una performance in network permanente, fatto, questo, che non dovrebbe stupire poi tanto visto che una personalità come Giulio Carlo Argan, autore di una delle più importanti storie dell'arte italiana, ha scritto: "La contestazione dell'oggetto non ha, in sé, nulla di teoricamente insostenibile: per fare arte non è assolutamente necessario fare oggetti artistici". In effetti un filosofo come Socrate non ha certo dovuto scrivere per essere filosofo.

È interessante rilevare che nel '97, in marzo, all'Art Gallery Internet di Roma si tenne una mostra di opere d'arte firmate Luther Blissett, e che si trattava di riproduzioni di due metri quadrati, esposte su tutte le pareti, degli atti di un processo a quattro ragazzi accusati di rifiuto di generalità e oltraggio a pubblico ufficiale. In queste gigantografie i quattro ragazzi venivano descritti come seguaci di un movimento sovversivo e pericoloso per l'ordine pubblico, un progetto di "autonomi" capeggiato da un misterioso signor Blissett il cui fine era dimostrare al mondo l'immoralità della carta d'identità! Si trattava di un fatto realmente accaduto riportato in cronaca nazionale da pressoché tutti i giornali; Luther Blissett come sempre faceva incrociare e cortocircuitare diversi livelli comunicativi, diversi piani di realtà, risolvendo a suo modo un'altra classica dicotomia: arte/forze dell'ordine. Una contraddizione, quella fra arte e controllo sociale, che potrebbe non essere immediatamente chiara o risultare addirittura arbitraria. In realtà si tratta di uno dei temi del dibattito artistico più ricorrente dagli inizi del Novecento, si tenga conto ad esempio dell'affermazione di Franco Ferrarotti: "L'artista e il criminale si pongono al di fuori dei ruoli della normalità quotidiana, ma ben presto hanno a che fare in prima persona con i rigori del controllo sociale". Ma è sicuramente ancor più interessante il fatto che i rapporti delle forze dell'ordine riportati da quegli atti processuali, rapporti che costituiscono a loro modo un sottovalutato "dispositivo culturale" che produce interpretazioni della realtà non prive di conseguenze, abbiano dato un ulteriore nuovo senso al nostro s/oggetto di ricerca, quello di folk devil, rendendoci ancor più evidente come ogni disciplina non fa che coglierne un aspetto parziale, lasciando completamente irrisolta la questione della sua reale identità e del senso compiuto delle sue attività. Tanto è sfuggente che un antropologo della comunicazione l'ha definito addirittura come "un gioco che intacca il cuore del Logos al singolare dell'intero Occidente" (Massimo Canevacci) e un filosofo come esperienza della "desogettivizzazione", di "una singolarità che non è un soggetto" (Giorgio Agamben), ovvero come una soluzione sperimentale della dicotomia sog-getto/oggetto. Giacché è praticamente impossibile dunque raccogliere le testimonianze dirette di anonimi partecipanti a un'identità multipla, ma a questo punto sarebbe meglio chiamarla anti-identità, o sottoporre loro questionari che comunque nel caso, probabilmente rifiuterebbero, per andare più nello specifico sarà necessario percorrere separatamente e sinteticamente solo alcuni dei piani che Luther Blissett realizza in se stesso, come molteplicità in divenire. Si tratta di comprendere in qualche modo questo progetto attraverso un divenire-Luther Blissett, accettando la sua stessa sperimentazione comunicativa, producendo cioè una sospensione costruttiva tra il ricercatore e l'oggetto di ricerca per andare a cercare "nel mezzo", una tecnica d'analisi che ricorderà a qualcuno la metodologia poststrutturalista o "rizomatica". Questo significa che non pretendiamo assolutamente esaurire il discorso (che comunque ci riserviamo in futuro di percorrere con mappe alla mano più fedeli al territorio) e che i piani selezionati che andiamo ora a "tagliare" conterranno al proprio interno continui riferimenti tra di loro e a un'esternità rappresentata da tutti gli altri piani che sono stati esclusi, rendendo possibile una lettura non lineare sul modello dell'ipertesto.

"Una molteplicità non ha né soggetto né oggetto, ma soltanto determinazioni, grandezze, dimensioni"

Gilles Deleuze-Felix Guattari

 

Il Network degli eventi

 

Il progetto Luther Blissett, nel difficile tentativo di gestire la propria caotica proliferazione, ha spesso prodotto documenti di "autoinchiesta", il più delle volte si trattava di resoconti di piccoli e grandi eventi che coglievano il suo corpo performativo in un determinato momento. In queste autoinchieste la definizione del progetto più utilizzata e significativa è stata ed è tutt'ora quella di "Network degli Eventi". La scelta dei termini "network" ed "evento" si riferisce ad una radicale ed innovativa idea di organizzazione che si fonda sul modello dei "sistemi autopoietici", ovvero di sistemi a rete che prosperano, crescono e autogenerano equilibrio senza la necessità del comando, per via di un'alta connettività comunicativa. Un modo di organizzarsi che in pratica ha incrociato con ironia le nuove forme di cooperazione sociale fuoriuscite dall'utilizzazione delle reti telematiche, le nuove forme di organizzazione del ciclo di produzione e distribuzione di merci spesso definite genericamente "post-fordismo", come ad esempio l'impresa-a-rete, e una filosofia degli eventi che rifiuta la spiegazione del divenire in termini di relazioni esclusivamente causali. Fin dalla genesi del progetto fu fatta circolare su Internet una delle possibili immagini di Luther Blissett costruita al computer sovrapponendo decine di volti maschili e femminili, con il fine di trasformarla in una grande icona pop, come il Che Guevara di Korda o la Marilyn di Andy Warhol. Questa icona è stata poi successivamente utilizzata come segno distintivo del Network degli Eventi, in una sorta di parodia del "franchising". Così come il "franchisor", ovvero la case madre di produzione, attraverso il marchio offre al commerciante "un'aura, un'identità, un mezzo di produzione di reddito" (M. Lazzarato), così l'utilizzazione per gli eventi del nome Luther Blissett e della sua icona iscrivono questi in un network riconoscibile, dandogli appunto un'aura, un'identità, cioè un "omonimato" specifico ai suoi anonimi realizzatori, e a volte anche un mezzo di produzione di reddito. Giacché l'utilizzazione del nome multiplo è completamente libera, chiunque può far uso come e quando vuole, divenendo nodo del network, della sua reputazione accumulata, far proprio il suo curriculum e partecipare della sua intelligenza collettiva. Vi è in questa parodia una chiara critica radicale dell'organizzazione produttiva post-fordista e la rivendicazione esemplare della possibilità per l'intelligenza collettiva, spesso definita marxianamente "General Intellect", di cooperare autonomamente, sottraendosi al comando del capitalista. L'evento è poi qui da intendere, nonostante Blissett ne abbia fatto raramente esplicito riferimento, nel senso in cui l'hanno teorizzato filosofi come Michel Foucault e Gilles Deleuze. L'evento non è inteso cioè come "ciò che accade", ma come qualcosa che "è in ciò che accade", come un momento concreto della vita, poetico e politico allo stesso tempo. Un momento che è un qui-ed-ora, non determinato solo da rapporti di causa ed effetto, ma anche, e soprattutto, da "un sistema di echi, di riprese, di risonanze e di segni" (G. Deleuze), cioè appunto da processi "autopoietici", un sistema che in questo caso è rappresentato proprio dal network Luther Blissett. Questo spiega ancor meglio il funzionamento del Network degli Eventi, esso cioè non necessita che i suoi nodi si accordino su una linea d'azione, su di un'ideologia, su delle prospettive teoriche, insomma sul "da farsi" del progetto; tutto è lasciato all'iniziativa spontanea degli aderenti e se azioni, teorie e prospettive si sono formate è perché sono emerse attraverso quel complesso gioco di feedback comunicativi, simile al processo di produzione dei miti popolari (la mitopoiesi), che è proprio la caratteristica fondante di Luther Blissett. Un nodo del network-Luher Blissett ha scritto: "(...) occorrerà agire con coordinazione, senza centri di potere, comitati politici, o maggioranze, ma semplicemente proponendo ai vari nodi della rete azioni specifiche alle quali si possa aderire gratuitamente e liberamente", e ancora: "(...) i singoli anelli saranno sempre indipendenti l'uno dall'altro e allo stesso tempo potranno mantenersi in costante collegamento tra loro e interagire in ogni momento". Se un anello scrive ad esempio sotto lo pseudonimo di "Reverendo William Cooper" libri sul "sesso estremo", l'altro organizza mostre d'arte; se uno orchestra una beffa mediatica, un altro organizza una festa "trash" da tremila persone o un corteo. Il fine del Network è quello di "(...) creare eventi in grado di aprire varchi nelle nostre vite, di inscenare una grande performance sul palcoscenico del mondo che possa rendere la nostra esistenza più interessante e cominci a cambiare la percezione della realtà, quindi la realtà stessa". Spesso nelle "autoinchieste" questo gioco di feedback comunicativi è stato visto anche come l'occasione per una preziosa condivisione di affetti in pieno periodo di desertificazione dei rapporti sociali e di conseguente perdita dei valori. Se da una parte la forza del network-Luther Blissett consiste nell'essere sempre "in movimento", di non rimanere mai uguale a se stesso, "un sistema modulare variabile a componibilità illimitata", da un'altra esso ha tentato paradossalmente di fondarsi come realtà comunitaria. Quando Luther Blissett utilizza neologismi come "con-dividuo" o recupera termini della teoria marxiana come "Gemeinwesen" (essere comune o creatura comune) allude al fatto che la condivisione affettiva all'interno del network produce un superamento dell'individualismo borghese e fonda una nuova comunità e nuovi valori, afferma cioè un potere costituente che sfida il potere costituito. È evidente però che questo è stato realizzato solo in via sperimentale, in altre parole Luther Blissett è sì considerabile come una comunità, ma una comunità eccessivamente mediata, fondata su relazioni sociali "immateriali", a livello "molare" costituita poco più che da flussi comunicativi attraverso Internet, i b.b.s., le reti dell'arte postale, il mito delle gesta di Luther Blissett, anche perché Luther Blissett stesso non è altro che un nome pop che funziona come un medium. È cioè una comunità virtuale giacché raramente si raccoglie e si riconosce nel "face-to-face", nella relazione sociale autentica. C'è chi ha criticato duramente Luther Blissett proprio per questo suo aspetto di virtualità, di una comunità fittizia non abitabile e quindi come mito illusorio. Se è vero che esso non si è mai realizzato come una vera e propria comunità, cioè qualcosa che trascendesse il network degli eventi, anche se poi sul piano simulativo e ironico del suo gioco Luther Blissett è invece proprio la "Gemeinwesen" di Marx, ovvero "una creatura comune", è però anche necessario mettere in evidenza che ogni singolo nodo del network ha realizzato e realizza effettivamente un "con-dividuo".

 

Con-dividui

 

Quello di "con-dividuo" è un neologismo che ben spiega uno di quegli aspetti poco sondabili del progetto, ovvero la sperimentazione di attraversamenti felici e costruttivi della crisi delle identità. In Luther Blissett non vi è mai stato il tentativo di resistere all'indebolimento delle identità poiché denunciava in questo la formazione di "identità fittizie", resistenti ma fantasmatiche, di ruoli inadeguati ai desideri e allo stesso equilibrio psicosomatico delle persone che finiscono per danneggiare i rapporti sociali. In questa prospettiva ha sempre operato invece ad un'accelerazione della crisi delle identità, vedendo in queste solo il risultato di vecchie forme di socializzazione che non potevano non entrare in crisi con le profonde innovazioni sociali, politiche, economiche, tecno-scientifiche ed epistemologiche degli ultimi vent'anni. Un attraversamento delle identità pieno di paradossi e non-sense che rappresenta una sperimentazione in cerca di nuove forme di socialità e nuovi valori, in cerca cioè di nuove modalità per la creazione di identità collettive. Quest'approccio di superamento delle vecchie identità fa tutt'uno con la critica dell'individualismo borghese: oggi per Blissett non ci si può più pensare astrattamente come individui, come persone unitarie e sempre uguali a se stesse, come persone cioè individuabili, ma è necessario invece imparare a de-individuarsi, cioè a moltiplicarsi senza frammentarsi, imparare ad apririsi all'alterità, requisito indispensabile in società sempre più multiculturali, caratterizzate da flessibilità occupazionale e velocizzazione delle trasformazioni psico-ambientali, dove è sempre presente il rischio di reazioni xenofobe guerrafondaie e d'isterismi settari. Facendo suo un percorso eretico di studi sui problemi dell'identità che va dall'"antipsichiatria" (Cooper, Laing, Szasz, Goffman...) e la "schizo-analisi" (Guattari) all'analisi dei fenomeni di "doppio vincolo" schizofrenici di Paul Watzlawick e Gregory Bateson, in particolar modo le proposte di quest'ultimo d'indagare la possibilità di un'"ecologia della mente", Luther Blissett è arrivato a coniare il termine "con-dividuo". Il con-dividuo è dunque un rapporto sociale in cui vi è il riconoscimento della relazione come un valore in sé, in cui ci si procura soddisfazione abbandonando i ruoli sociali cui si è abituati e condividendo affetti semplici, una situazione "psico-ecologica" in cui è eliminata la trascendenza individuale che sembra comporla. Ogni nodo del Network degli Eventi è quindi un con-dividuo e in questo senso Luther Blissett stesso è un grande con-dividuo. La creazione di un con-dividuo rappresenta un evento del Network e già la sua sola esistenza lo costella di tanti piccoli eventi, una dimensione micrologica che può comprendere l'invenzione di un cocktail "Luther Blissett" in un locale di periferia, una tag "Luther Blissett" su un muro ad opera di una crew di graffitisti, una festa organizzata per il compleanno di Luther Blissett, un sito Internet, una poesia, un quadro, una scultura, una canzone, un concerto a lui dedicati, ecc. Questa dimensione micrologica è in realtà in gran parte il vero piano di consistenza del mito blissettiano, è quella "rivoluzione della vita quotidiana" che ha fatto credere a molti che Luther Blissett potesse essere una nuova comunità, ed è anche il piano meno indagabile, comprensibile più da un punto di vista poetico, estetico o al limite politico che da quello delle scienze umane. Niente di più chiaro di quanto Luther stesso dice: "È una rivoluzione caotica e molecolare, che non necessita di maschie "prove di forza". Avvolgere e confondere, colpire tanti piccoli obiettivi, operare un'ubiqua e obliqua seduzione è molto più bello che attardarsi in battaglie campali perse in partenza". Risalendo dall'enorme mole di piccoli eventi della sua dimensione "caotica e molecolare" ci si ritrova poi dinanzi a quelle attività molari invece che hanno dato "una personalità" se non coerente perlomeno riconoscibile a questo personaggio collettivo. In quattro anni di esistenza, o almeno così si presume, gli sono state attribuite in particolar modo tre identità: quella di critica-pratica dei media attraverso la beffa, quella di leader della generazione internettiana e quella di esploratore della metropoli o "psicogeografo". Vediamo allora di percorrere questi tre piani partendo dal Luther Blissett "psicogeografo".

 

Metropoli e psicogeografia

 

Molti nodi del network-Luther Blissett sono costituiti da "associazioni psicogeografiche" e solo in Italia se ne contano attualmente una ventina. La psicogeografia è una metodologia d'indagine dello spazio urbano inventata a Parigi nei primi anni Cinquanta dai lettristi, un'avanguardia artistica che ereditò e continuò, non senza significative differenze, alcune linee di ricerca di Dada e del Surrealismo. La definizione di psicogeografia più generalmente accettata è quella contenuta nel primo numero di Internazionale Situazionista pubblicato nel '58, il bolletino del movimento in cui erano confluiti i lettristi: "Studio degli effetti precisi dell'ambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui". Con questi studi ambientali i lettristi e successivamente i situazionisti intendevano munirsi di tecniche di esplorazione della città e di critica dell'urbanistica che portassero all'elaborazione di una nuova architettura in opposizione al funzionalismo. Tra i risultati più noti della psicogeografia vi è la progettazione di "New Babylon", una nuova città pensata per il territorio di Amsterdam, da parte dell'architetto situazionista Costant Nieuwenhuis. "New Babylon" influenzerà profondamente molti anni dopo gli architetti postmodernisti, come ad esempio il catalano Ricardo Bofill che muovendosi sullo stesso piano dell' "utopia-concreta" di Nieuwenhuis, ma in direzione opposta, cioè "contro-rivoluzionaria", progettò negli anni Settanta "La città dello Spazio". È da notare che il primo numero della rivista di Guerra Psichica e Adunate Sediziose del nodo bolognese, uscita all'inizio del '95, introduceva i lettori al progetto Luther Blissett in questo modo: "Luther Blissett è un personaggio-metodologia. L'idea è quella di suscitare un interesse morboso nelle opere, azioni e reputazioni di Luther Blissett. Luther Blissett vuole fuggire dal carcere dell'Arte e CAMBIARE IL MONDO. A questo scopo si adopera per presentare alla società capitalistica un'angosciante immagine di se stessa, e disprezza gli architetti catalani di mezza età". Qual era la relazione tra Luther Blissett e gli architetti catalani di mezza età? Perché quell'aggiunta finale a sorpresa? Si trattava forse di una bizzarria blissettiana? Nient'affatto, in realtà era un messaggio che una volta decrittato risultava chiarissimo: "Qui sono riprese le sperimentazioni psicogeografiche!". In effetti Ricardo Bofill era stato incaricato alcuni anni prima dall'amministrazione bolognese di progettare un nuovo piano per la stazione che rappresentasse anche un'occasione per commemorare la strage; quando questo progetto fu ultimato e presentato alla cittadinanza venne duramente contrastato dalla locale Associazione Psicogeografica come "un monumento alla strage", come "un colpo inferto alla civiltà urbana come lo fu quello della bomba". Luther Blissett dichiarava quindi la ripresa dell'esplorazione psicogeografica come una nuova sfida all'urbanistica dominante e in particolar modo agli orrori dell'architettura postmodernista, sfida che con la diffusione di nuove associazioni psicogeografiche in altre città e con le profonde innovazioni che saranno apportate successivamente alle tecniche psicogeografiche, sarà generalizzata alla metropoli e ai suoi "non-luoghi" come paradigma del dominio contemporaneo. La tecnica principale della psicogeografia così come l'avevano ideata lettristi e situazionisti era la deriva, ovvero un: "Modo di comportamento sperimentale legato alle condizioni della società urbana: tecnica di passaggio rapido attraverso vari ambienti. Si dice anche, più particolarmente, per designare la durata di un esercizio continuo di questa esperienza". Luther Blissett ha rinnovato le tecniche classiche della psicogeografia attraverso sincretismi audaci con tutte quelle culture che a suo avviso potevano portare ad "una nuova coscienza del territorio e della terra", come ad esempio la rabdomanzia, la geomanzia, il "walkabout" aborigeno, la bio-architettura, il feng-shui, l'ufologia, l'astronautica, i rosacroce, il druidismo, il templarismo, il "writing", il rave illegale, i "traveller", il ciclismo, il calcio e così via. Tra il '94 e il '96 ha condotto trasmissioni radiofoniche psicogeografiche a Udine, Bologna e Roma nelle quali ha applicato le sue innovazioni, trasmissioni che sono state poi considerate dall'ambiente internazionale dell'underground e dell'avanguardia come degli eventi cult. Si trattava di complesse sperimentazioni ipermediali, in breve vi erano dei conduttori in studio attrezzati con sampler, fax, tv e connessione internet, e dei conduttori che andavano in deriva psicogeografica per la città in macchina, motorino, bicicletta, pattini e addirittura con il risciò e il monopattino, lo slogan era quello classico: "con ogni mezzo necessario!". I conduttori all'esterno, divisi in diversi con-dividui di 3-5 persone, portavano sempre con loro una radio per permettere a quelli in studio di intrattenere dialoghi con gruppi di passanti o di frequentatori di locali e feste, inoltre qualsiasi ascoltatore poteva trasformarsi in conduttore psicogeografico semplicemente uscendo di casa con un telefonino cellulare o più semplicemente con una scheda telefonica. Le trasmissioni andavano in onda su emittenti locali, di solito il mercoledì o il sabato tra la mezzanotte e le tre-quattro del mattino, tutti, conduttori interni, conduttori esterni e ascolatori che si mettevano in contatto (via telefono, via fax, via internet, via radio-portatile e persino via citofono) venivano chiamati Luther Blissett. Lo scopo delle trasmissioni era proprio quello di creare una fitta rete di eventi, in una sola notte, per connessione psicogeografica ed ipermediale, che riconfigurasse in maniera ludica e politica il senso dello spazio urbano e il cui unico protagonista fosse Mister Blissett. Ascoltando i nastri, reperibili presso le emittenti, si percepisce un clima di magia, entusiasmo e partecipazione difficilmente immaginabile e descrivibile. C'erano ascoltatori che telefonavano per "commissionare" al con-dividuo psicogeografo più vicino una serenata alla propria ragazza o una chiaccherata con un amico in un'altra parte della città, che non stava ascoltando la trasmissione; in questo caso il con-dividuo una volta raggiunto l'amico dell'ascoltatore avvicinava la radio portatile al suo citofono e via telefonino rimandava la chiaccherata in onda, permettendo ad altri ascoltatori d'intervenire, interagendo eventualmente con la chat o i messaggi faxati. Una connessione quella "ascoltatore al telefono==>emittente radiofonica==>radio portatile==>citofono==>telefonino portatile==>emittente radiofonica<== secondo ascoltatore, fax e chat" che rende bene l'idea di cosa s'intendesse per sperimentazione ipermediale. Inoltre c'erano ascoltatori che uscivano di casa per organizzare campionati per la strada di calcio a tre porte (sic!) facendone la radiocronaca, c'era chi invadeva in massa locali, discoteche e centri sociali, chi organizzava feste, chi processioni di sette inesistenti, chi sale da ballo negli autobus, chi teatro di strada, chi "attacchi psichici" collettivi contro i nemici di Luther Blissett (sic!), ovvero l'anagrafe, la SIAE, l'ufficio di collocamento e via di seguito. Ci vorrebbe una ricerca a parte solo per analizzare quanto accaduto in queste trasmissioni psicogeografiche che durante l'apice toccato nell'estate del '95 furono tra gli avvenimenti più attesi e seguiti dal popolo della notte, cui contribuirono anche personalità particolari come ad esempio il filosofo Giorgio Agamben, la militante transgenderista Helena Velena e il "cattivo maestro" Toni Negri (in deriva psicogeografica per Parigi!). Quella di "psicogeografo" è una delle pochissime definizioni che il network-Luther Blissett non ha mai smentito.

 

Un leader virtuale

 

Nel marzo del '95 uscì per Mondadori un libro firmato Luther Blissett dal titolo Net.Gener@tion in cui il multiplo si presentava come il leader e l'ambiguo ideologo della nuova generazione "internettiana". In realtà si trattava di un libro-beffa rifilato alla Mondadori, che sfruttava l'immagine di simbolo del cyberspazio costruita precedentemente da giornalisti in cerca di sensazionalismi, proprio per negarla spettacolarmente. Ma nonostante questa beffa, risulta difficile non vedere in Luther Blissett, per via della sua presenza massiccia nelle reti telematiche (ci sono centinaia di Website in diverse lingue a lui dedicati) e del suo particolare modo di interpretare la forma-network, il risultato esemplare della diffusione di massa delle tecnologie telematiche. Anche se la sua genealogia non dovesse portare direttamente alla telematica, non vi è dubbio che comunque il cambiamento di mentalità e di approccio all'organizzarsi prodotto da questa sia alla base della sua genesi. Alcuni nodi del network-Blissett hanno più volte criticato quell'apologia di Internet che sembra privilegiare i rapporti sociali smaterializzati al "face-to-face", vedendo in questo un intollerabile danno per i rapporti sociali e un'umiliazione del linguaggio del corpo in favore di un voyeurismo estremo. Inoltre è caratteristico di Luther Blissett riportare la concezione originaria della sua forma-network non ad Internet, bensì all'arte postale, che già molti anni prima costituiva una rete globale di migliaia di creativi che saranno peraltro tra i primi in assoluto ad assaltare il World Wide Web. Un suo sito tempo fa iniziò provocatoriamente ad eliminare un link al giorno fino ad arrivare al suicidio simbolico nel cyberspazio: "Mentre tutti fanno a gara per entrare nel World Wide Web forse è il caso per noi di andarcene, là fuori si sta molto meglio!". Ma se Luther non si è mai fatto prendere dal facile entusiasmo per il fenomeno Internet è proprio perché ne ha sempre avuto una conoscenza approfondita, ai limiti dell'hackeraggio; si pensi al fatto che la prima occupazione di un server Internet in Italia è stata opera sua. Durante l'occupazione della facoltà di Sociologia di Roma nel '97 oltre agli spazi dell'edificio furono occupati anche quelli della rete della presidenza, le macchine universitarie furono trasformate così dal "webmaster" Luther Blissett nel sito pirata degli occupanti. C'è da rilevare poi che la prima apparizione in assoluto di Luther Blissett di cui si abbia notizia è avvenuta nelle reti telematiche amatoriali, su cybernet, che la sua prima beffa mediatica, la nota beffa alla trasmissione televisiva Chi l'ha visto? è stata il risultato di una cooperazione attraverso Internet dei suoi nodi di Bologna, Udine e Londra e che il suo gioco delle identità ha trovato nella chat il suo terreno privilegiato di sperimentazione. Quindi ci sembra di poter dire che se non è considerabile come il leader virtuale della generazione di Internet ne rappresenta comunque uno dei principali protagonisti. Tutte le trasmissioni televisive e le riviste specializzate sul tema della telematica hanno dedicato ampi servizi su Luther Blissett e mostrato i suoi siti; la trasmissione L'Altro Mondo di TMC 2 l'ha trasformato addirittura nel suo conduttore virtuale, nel ruolo di "cyber-profeta" della nuove generazioni. Se in una prima fase Luther Blissett ha ostentato quest'atteggiamento critico, il fatto che di recente la sua mitopoiesi si sia spostata ormai quasi completamente su Internet, abbandonando, almeno in apparenza, la "real life" e l'"immediatismo" psicogeografico e con-dividuale, dimostra che si tratta probabilmente solo di una strategia per non rimanere inglobato nel balletto mediatico che se ne fece, per non finire etichettato di conseguenza come l'ennesimo fenomeno di tendenza della "rivoluzione telematica". In realtà Luther Blissett ha sempre portato avanti battaglie per i diritti alla comunicazione, come ad esempio il diritto all'interattività, all'anonimato dell'utenza, alla libera riproduzione delle informazioni (L.B. è radicalmente su posizioni anti-copyright), alle infrastrutture comunicative, e questo in particolar modo nell'ultimo periodo. Qualche anno fa Umberto Eco affermava che: "Nella società tradizionale c'è chi produce cultura e chi la consuma, con Internet si apre una nuova democrazia". Oggi cioè la questione della "democrazia elettronica" è proprio nella possibilità di poter fruire in maniera attiva di qualsiasi mezzo di comunicazione che il progresso mette a disposizione. Questione che mette in discussione le vecchie concezioni di copyright, controllo e privacy, evidenziando l'inadeguatezza e le contraddizioni dell'attuale legislazione di fronte ad una nuova realtà che si fonda principalmente sulla circolazione libera e "dal basso" delle informazioni. Una situazione d'emergenza che rende necessario un ripensamento del diritto in materia, tanto che sull'argomento vi è stata una riunione dei G7 già nel 1996. Nel frattempo in mancanza di regole si fa giustizia sommaria, colpendo la libertà della rete attraverso la demonizzazione, basti pensare al tema attualissimo della pedofilia. Ormai il fatto che le "organizzazioni internazionali di pedofili" o "club di pedofili" usino Internet per vendere o scambiare i loro materiali pornografici o per organizzare incontri clandestini con minorenni è diventato un pretesto per soffocare la questione dei diritti elettronici; venendosi a creare l'equazione Internet = pedofilia si è eliminata qualsiasi possibilità di avere posizioni garantiste a riguardo senza essere sospettati di complicità con la pedofilia. Ed è proprio per dimostrare l'assurdità di una tale demonizzazione che nell'ottobre del '97 Luther Blissett pubblica per la Castelvecchi un libro dal titolo Lasciate che i bimbi. Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe in cui, analizzando la montagna di inesattezze e di errori giudiziari che hanno caratterizzato la maggior parte dei casi di pedofilia, dimostra come si siano strumentalizzati dei reati, spesso neanche accertati, proprio con il fine implicito di reprimere duramente la libertà nella rete. Una sorta di "castrazione chimica" trasferita dal pedofilo all'interezza dell'utenza Internet! Questa presa di posizione ultragarantista e provocatoria è costata al collettivo di autori un sofferto procedimento penale tutt'oggi irrisolto. Su richiesta del sostituto procuratore di Bologna Lucia Musti, già attaccata duramente nel libro, un Tribunale della Repubblica deve decidere se questo costituisca un "abuso del diritto di critica". Il giudice potrebbe ordinare il sequestro e la distruzione di tutte le copie fuori commercio e condannare al pagamento di quasi mezzo miliardo di lire per "danni morali" l'editore e tutti quei provider sui cui server era stato ospitato il testo, per una circolazione gratuita ad uso dei navigatori della rete.

Insomma, Luther Blissett, suo malgrado forse, è destinato a diventare nei prossimi anni proprio un simbolo della libertà su Internet.

 

Le beffe mediatiche

 

Tra le mille etichette con le quali è stato definito Luther Blissett non c'è dubbio che quella di "terrorista mediatico", in riferimento alle sue numerose beffe a giornali, case editrici, radio e tv, è stata la più abusata. È necessario chiarire da subito qual è stata la posizione enunciata direttamente da alcuni esponenti di Luther Blissett a riguardo. Il 18 aprile 1997 Luther Blissett fu invitato a partecipare alla XVIª edizione della rassegna Antennacinema di Conegliano Veneto, convegno di giornalisti, critici, operatori televisivi e personaggi dello spettacolo, per presentare alcuni suoi video richiesti mesi prima da Carlo Freccero. Per la prima volta alcuni aderenti si presentavano in pubblico non come Luther Blissett, ma con pseudonimi personali e come emissari della "Luther Blissett Incorporated". Fu l'occasione, oltre che per rifiutare in pubblico la collaborazione con il direttore di RAI 2, definito "inaffidabile tirapacchi", per confutare le approssimative etichette dei giornalisti. Le precisazioni furono che Luther Blissett portava, sì, un attacco su più piani alla "società dello spettacolo", ma non per questo poteva essere considerato un terrorista, seppur culturale, poiché "è sempre esistita una dialettica tra terrorismo e Stato, poiché il terrorismo è l'emulo fallito dello Stato e la sua logica è perfettamente speculare a quella dello Stato". Un "terrorista culturale", per Blissett, quindi, attaccherebbe la "società dello spettacolo" in una modalità completamente negativa e altrettanto spettacolare, creando una intima complicità con il nemico, come peraltro ci suggerisce tutta l'esperienza del terrorismo reale, cosa che si sarebbe inverata in caso di una collaborazione di Blissett con Freccero ad esempio. Luther Blissett invece punta all'invisibilità e allo spiazzamento del nemico. È importante constatare che proprio mentre gli emissari della Luther Blisset Inc. affermavano questo a Conegliano, contemporaneamente a Torino Luther Blissett realizzava, in occasione della Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo, una "performance ipermediale" che vedeva la partecipazione di numerosi artisti. La beffa mediatica dunque non intende gettare nel terrore il sistema dell'informazione, essa piuttosto è proprio quell'"allegro inganno" di cui si scriveva. Una manipolazione ad arte della notizia realizzata da coloro che sono solitamente nella posizione di riceventi passivi che rende manifesta la catena degli inganni che caratterizza patologicamente la notizia degli emittenti. Ma prima di procedere in un approfondimento su questo genere di "disinformazione dal basso" come tattica contro il potere mediale è il caso di riportare una lista di alcune delle beffe più eclatanti spiegandone gli esiti ed esponendo sinteticamente le relative rivendicazioni.

 

La beffa a "Chi l'ha visto?", dicembre '94-gennaio '95

Si trattò di una beffa giocata tra Bologna, Udine e Londra, realizzata attraverso una cooperazione per via telematica e arte postale che iniziò con un appello per aver notizie dell'inesistente artista e illusionista inglese Harry Kipper. Harry Kipper veniva presentato come un "land-artista" che stava realizzando da anni un giro d'Europa in mountain-bike per percorrere delle linee immaginarie attraverso diverse città che componessero la parola "ART". Una performance "psicogeografica" iniziata nel '91 che, si disse, era quasi al termine: aveva già tracciato la "A", attraverso Madrid, Londra e Tolone, e la "R" passando per Bruxelles, Bonn, Zurigo, Ginevra e Ancona. Nel '94 aveva cominciato con la "T" che, dopo Trieste, l'avrebbe portato a Salisburgo, Berlino, Varsavia... invece una volta arrivato in Friuli avvenne nel percorso una inspiegata deviazione in Bosnia e da questo momento di lui non si era saputo più nulla. A testimoniare circa la performance o a giurare di aver parlato con questo personaggio inesistente davanti ai giornalisti locali vi furono alcuni artisti italiani e inglesi noti, che in questo modo si riveleranno successivamente come aderenti al progetto Luther Blissett, perdendo il loro prezioso anonimato: il londinese Stewart Home, il friulano Piermario Ciani e il bolognese Federico Guglielmi (direttore responsabile di una delle riviste dal titolo Luther Blissett). L'appello passò il filtro dell'ANSA e tutti i giornali regionali lo riportarono fedelmente. L'intervento poi degli artisti contribuì a rendere più verosimile il fatto e la notizia dell'artista scomparso cominciò a circolare vorticosamente e a produrre un effetto a valanga, con nuove confuse testimonianze spontanee (!) e altri articoli, finché al caso non s'interessò la trasmissione Chi l'ha visto? di RAI 3. La troupe parlando con l'artista di Rovigo Alberto Rizzi e con Paolo Cantarutti della rivista d'arte USMIS, che aveva riportato il progetto della finta performance, veniva a sapere che probabilmente quella scomparsa improvvisa poteva essere anch'essa un'opera d'arte concettuale. La troupe nonostante questa allusione finirà a Londra dove alcuni artisti gli mostreranno la "casa di Kipper", in realtà uno "squat", e gli presenteranno alcuni suoi presunti testi e video. Il caso della scomparsa di Kipper verrà presentato nel promo della trasmissione, ma un collaboratore di Udine della RAI sventerà la beffa e il servizio sarà bloccato poco prima della messa in onda. Nonostante questa beffa non fosse riuscita del tutto, rappresentò comunque un'operazione inedita per la televisione italiana che dimostrava le debolezze di quello "spettacolo" da sempre ritenuto come inattaccabile; rappresentò inoltre la prova dell'efficacia di uno strumento come il nome multiplo (Harry Kipper stesso) per agire e improvvisare in rete. Il nome multiplo Harry Kipper si rivelerà poi come lo pseudonimo del nome multiplo Luther Blissett, il nome con cui fu effettivamente rivendicata la beffa su tutti i giornali.

 

La beffa in occasione della Biennale di Venezia, giugno '95

Nei giorni della Biennale del 1995 Luther Blissett distribuì a critici d'arte e ad invitati "di lusso" un dépliant in cartoncino patinato a colori firmato L.B. (Libertà per le Bestie), dépliant che nelle settimane precedenti era stato faxato alla stampa locale e nazionale.

Il testo raccontava di come nel 1985 l'Animal Liberation Front mise in crisi le attività del laboratorio della Pennsylvania University, ovvero gli esperimenti sul trauma cranico dei cercopitechi, e di come una delle scimmie ("Loota") con il quoziente d'intelligenza particolarmente alto venne acquistata dalla Gorilla Fondation e iniziata alla pittura. Vi era poi un invito alla mostra dei quadri della scimmia artista, un'esposizione organizzata per far capire "quanta intelligenza e sensibilità venisse quotidianamente annientata nei laboratori dei falsari della scienza". A concludere vi era la parodia di una complessa critica d'arte ai lavori della scimmia. Si trattava di una serie di informazioni vere (l'Animal Liberation Front, gli esperimenti del laboratorio della Pennsylvania University, la Gorilla Fondation e altri dettagli) concatenate insieme in modo da creare un falso, un allegro inganno. Pochi mesi prima inoltre la stampa internazionale aveva riportato la notizia di alcuni quadri di scimmia venduti a prezzi astronomici in una mostra a Vienna, così i giornali locali, e non solo (Il Resto del Carlino e Il manifesto), finirono per riportare ampiamente il bizzarro appuntamento. In quei giorni apparvero molte lettere di protesta o di approvazione, probabilmente mandate alla stampa dallo stesso Luther per generare il caso. In luogo della mostra della scimmia la gente convenuta trovò una mostra di "autoritratti virtuali", cioè degli specchi con la scritta "Diventa Luther Blissett!". Durante la mostra venne distribuito un volantino in cui s'invitava a prendere posizioni radicali contro la vivisezione e che si chiudeva in questo modo: "sono questi i veri argomenti contro la vivisezione, non il fatto che uccidendo un macaco o un mandrillo si privi il mondo di un artista!".

 

La beffa al "Resto del Carlino", gennaio '96

Luther Blissett mandò una lettera al giornale emiliano scritta a mano spacciandosi per una inesistente studentessa sieropositiva, costretta a prostituirsi e felice di vendicarsi bucando i preservativi dei clienti. Il Resto del Carlino senza preoccuparsi di controllare la fonte o di rintracciare la ragazza, pubblicò la notizia in cronaca riportando la fotografia della lettera, con tanto di locandine nelle edicole. Non era la prima volta che Luther beffava Il Carlino e nonostante la lettera fosse firmata "L.B." per l'ennesima volta cadde nel tranello. La beffa divenne un classico nell'ambiente dei giornalisti e creò non pochi problemi al capocronista del giornale Fabio Raffaelli.

 

La beffa "storia di un occhio", gennaio-febbraio '96

Alla fine di gennaio del '96 appariva su tutti i muri di Feltre, in provincia di Belluno, un manifesto abusivo in cui si annunciava una performance, a Pra' del Moro, del gruppo di artisti sieropositivi inglesi noti come "Body Modification Community". La performance sarebbe consistita in rituali di automutilazione, branding e scaring, per protestare contro l'amministrazione comunale a causa della cementificazione ingiustificata degli spazi pubblici e i ricavati sarebbero andati alla ricerca contro l'AIDS. La strana e inquietante iniziativa venne riportata dalla stampa locale; sempre in quei giorni appariva la notizia curiosa e raccapricciante del ritrovamento di due bulbi oculari di un imprecisato animale su una corriera delle Dolomitibus. Si trattava sempre di un intervento (lo stile era quello detto "splatter" o "orrorista") di Luther Blissett, che al macabro reperto aveva accompagnato un bigliettino recante la scritta "Cazzo guardi?". Alcuni giorni dopo Luther rivendicava l'abbandono della coppia di bulbi oculari citando "La storia dell'occhio" di G. Bataille: li rivendicava come fossero i propri occhi, occhi usciti fuori dalle orbite per l'osceno operare dell'amministrazione, e invitava di nuovo ad assistere alla performance della "BMC". Il 1° febbraio la cronaca di Belluno del Corriere delle Alpi era completamente dedicata a questa provocazione, spiegando il progetto Luther Blissett e la sua protesta contro la cementificazione. L'edizione bellunese del Gazzettino riportava le affermazioni del dirigente della Squadra Mobile secondo il quale non vi poteva essere alcun collegamento tra la performance (che ovviamente non è mai avvenuta!), i bulbi oculari e il volantino di rivendicazione, a causa della "differenza di stili e tenore". Il Gazzettino informava per di più che le indagini sarebbero continuate, ma in altre direzioni!

 

La beffa alla Mondadori, marzo '96

Luther Blissett nell'estate del '95 era stato contattato via Internet da un certo "Scaligero", si trattava del poeta jüngeriano, stretto collaboratore di Irene Pivetti, Giuseppe Genna. Questo singolare personaggio, attratto intellettualmente dal progetto Luther Blissett, si vantava di poter arrivare "nei posti che contano" grazie ad "alcuni agganci e spintarelle". In quello stesso periodo negli ambienti dell'underground era in corso un dibattito sul fatto che le nuove culture radicali dei movimenti erano entrate in una fase a rischio di "recupero". La preoccupazione era forte, si temeva di vedere da un giorno all'altro Luther Blissett trasformato in un trademark, il libero Network degli Eventi sottoposto al copyright, un po' quello che era già successo quando Dolce&Gabbana avevano organizzato la sfilata in "Stile Leoncavallo" e quando il Cyberpunk cominciò a mercificarsi e a divenire un fenomeno da boutique alla moda e riviste patinate con un po' di futurologia d'accatto. Luther Blissett decise allora di anticipare i tempi e preparare il "Grande libro della Controcultura anni Novanta", usando materiali "fuori gioco" e facilmente decodificabili come burla. Una sorta di scudo protettivo contro il recupero della reale controcultura. La carta vincente era proprio Giuseppe Genna con i suoi "agganci e spintarelle", tanto più che Luther aveva fatto una ricerca sul personaggio e gli era chiaro che si trattava di un esponente dell'estrema destra che tentava la solita infiltrazione a sinistra. Avrebbe beffato pure lui. L'operazione affidata all'ingenuo Genna andò a meraviglia e la Mondadori pubblicò il libro con il titolo NetGener@tion. Proprio al momento dell'uscita nelle librerie Luther Blissett mandò un fax a tutti i giornali rivendicando la beffa, denunciando l'illegittimità dell'apposizione del copyright su un nome multiplo e il tentativo dell'estrema destra di appropriarsi del progetto. La stampa nazionale darà ampio risalto a tutta la vicenda e il libro sarà presto ritirato dalle librerie. Due mesi più tardi la casa editrice neo-nazista Barbarossa di Milano pubblicherà un testo raro del situazionista Raoul Vaneigem, con un'introduzione anti-blissettiana e una postfazione di Giuseppe Genna in cui vi è il tentativo di trovare punti di contatto tra situazionismo e fascismo. Non essendo riusciti a confondere le acque nel Network degli Eventi, ci hanno riprovato con la contigua teoria dei situazionisti! Di recente, "lavata via" la figuaraccia, la Mondadori ha rimesso in circolazione NetGener@ation a causa del suo "valore aggiunto", cioè del suo valore non tanto come testo di Luther Blissett, ma come sua "opera-evento", come parte della sua mitopoiesi.

 

La beffa all'underground e all'editore Castelvecchi, maggio '96

Nel '93 uscì un libro intitolato TAZ (Temporary Autonomous Zones) dell'americano Peter Lamborn Wilson, direttore della rivista newyorchese Semiotext(e), sotto lo pseudonimo di Hakim Bey. Testo che influenzerà moltissimo le culture "gggiovanili", radicali o meno, e non solo, tanto che per un periodo venne agitato, quasi fosse un nuovo "libretto rosso", dal vandalo metropolitano, passando per Jovanotti, fino a intellettuali come l'antropologo francese George Lapassade. Si trattava in realtà di un libro che metteva insieme sincreticamente molte cose diverse e, come più tardi molti intellettuali converranno, alquanto modesto. Luther Blissett per spazzare via quello che era diventato un vero e proprio odioso cliché dell'underground, mandò all'editore Castelvecchi, specializzato in questo genere di pubblicazioni, la finta traduzione di alcuni inesistenti testi inediti in Italia di Hakim Bey, firmandosi con lo pseudonimo Fabrizio P. Belletati. Accanto ai testi finti c'erano anche dei testi reali facilmente reperibili su Internet che servivano a rendere più verosimile l'operazione. Castelvecchi pensando di avere tra le mani un piccolo gioiello lo pubblicò senza esitazioni col titolo A Ruota Libera-miseria del lettore di TAZ, autocritica dell'ideologia underground. Luther Blissett aveva imitato lo stile barocco dell'autore americano e portato all'eccesso certe sue caratteristiche teoriche, puntando ad evidenziare la sua pochezza intellettuale e a metterlo contro i suoi seguaci. Il libro pullulava inoltre di occulte citazioni da film di Totò e alcuni testi erano parti riadattate di uno scritto di Stalin. Il libro nonostante tutto verrà accolto favorevolmente (!) dall'ambiente cui era indirizzato, rivelando come questo approcciasse alla teoria più per il nome che porta che per i suoi effettivi contenuti, ma anche da giornalisti come Benedetto Vecchi (Il manifesto) e Angelo Quattrocchi (Liberazione). Quando Luther ha rivendicato il libro come una sua beffa al conformismo dell'underground e all'editore Castelvecchi, Quattrocchi affermò dal suo giornale di non credere a una parola della rivendicazione. Si venne così a creare per un po' di giorni uno spassoso botta e risposta tra la giornalista di Repubblica Loredana Lipperini e Quattrocchi, sulle pagine culturali dei loro rispettivi giornali, in cui la prima cercava di convincere il giornalista comunista dell'effettiva paternità blissettiana del libro di Bey riportando numerose prove e accusandolo di non saper accettare una beffa salutare. Quattrocchi si è dovuto arrendere alla prova più evidente: le occulte citazioni "totoiste" di Blissett. In un passaggio, infatti, il finto Bey riportava la citazione di un certo Lee Mortais che letto a voce alta...

 

La beffa "diabolica", febbraio-marzo '97

Questa beffa che ha coinvolto giornali, riviste, tv, polizia, psicologi, esoteristi, preti ed esorcisti, è stata senz'altro la più articolata e clamorosa all'interno del progetto Luther Blissett e probabilmente la prima azione del genere nella storia italiana dei mezzi d'informazione. Rivendicata al pubblico all'inizio di marzo durante "TV7" in un servizio a cura dei giornalisti Loredana Lipperini e Gianluca Nicoletti, era in realtà iniziata addirittura l'anno prima. Di fatto più che di una singola beffa si trattò di un crescendo di piccole e grandi beffe sullo stesso tema culminato con il coinvolgimento del telegiornale "Studio Aperto". Tra il dicembre e l'aprile '96 Luther Blissett a Viterbo si occupò solo di fare scritte murali allarmanti, dapprima illazioni sul coinvolgimento del comune con la massoneria e il satanismo, poi classiche sciocchezze sataniste firmate con la svastica o il triplo sei. Nonostante la modestia di questi interventi i giornali locali gli daranno ampio risalto, avventurandosi in interpretazioni fantasiose sull'identità degli autori. I partecipanti viterbesi al progetto Luther Blissett intendevano verificare con quelle scritte se vi era in quel periodo "notiziabilità", consapevoli del fatto che la stampa locale attraversasse a ondate momenti di crisi per mancanza di notizie e sospettando che questa potesse essere la ragione delle tante bizzarrie inverosimili di cui era spesso piena la cronaca, cioè che i giornalisti non solo manipolassero l'informazione per fare sensazione (era dato per scontato), ma addirittura in certi casi la inventassero. Per provare questa ipotesi passarono allora alla beffa vera e propria. Cominciarono a mettere in scena il caso "messe nere" lasciando tracce nei boschi di presunti riti: candele, pentagrammi, fotografie bruciacchiate, spilli, capelli, insomma tutto ciò che ci si aspetterebbe dai resti di un simile evento. Il Messaggero, Il Corriere di Viterbo e Il Tempo, riportarono la scoperta di questi riti condendola con inesattezze e invenzioni, dedicando enormi spazi alle interpretazioni di esoteristi cialtroni come "Il Mago del Brasile" e riflessioni morali involute che getteranno la città in un clima medioevale, facendo scattare la psicosi sul satanismo. Luther Blissett a questo punto si dedicò per alcuni mesi a scrivere lettere a riguardo con le quali riempirà praticamente da solo le rubriche della posta di giornali e riviste locali, accennando a volte anche alla probabilità che si trattasse solo di uno scherzo del "Movimento Luther Blissett". Vista la disponibilità a concedere spazi incredibili al caso "messe nere", decise poi di alimentare ulteriormente la beffa inventando un nemico immaginario dei satanisti il "CoSaMo" (Comitato per la Salvaguardia della Morale), un gruppo di vigilantes volontari, inquisitorio, perbenista, fanatico, violento, dall'ambigua collocazione religiosa, che agiva al di fuori della legalità. Come "CoSaMo" manderà alcune lettere particolarmente violente ed ambigue al Corriere che verranno pubblicate, dimostrando la grande irresponsabilità di questo giornale. Passò quindi ad un ulteriore fase lasciando in una pineta nei pressi del Lago di Vico i resti di un rito e di una rissa, avvertendo il Corriere come "CoSaMo". Il giorno dopo appariva la notizia, non verificata, sparata in prima pagina: "Botte da orbi alla messa nera. Aperta la caccia ai satanisti", con una ricostruzione romanzata dell'accaduto (!). Luther Blissett a questo punto girava un video di pessima qualità in cui non si vedeva pressoché nulla, ma s'intuiva per via dei cori rituali e delle urla di una ragazza che si trattava di una messa nera con stupro. Mandava poi la cassetta al Corriere come "CoSaMo" con un comunicato in cui si spiegavano le circostanze: il "CoSaMo" aveva organizzato una spedizione punitiva, ma era fallita in quanto i satanisti erano in maggioranza numerica, non aveva quindi potuto salvare la ragazza, ma erano riusciti perlomeno a girare il video della messa. Il Corriere incredibilmente usò quel documento sgangherato e senza verificare nulla produsse lo scoop: per otto giorni consecutivi (dal 6 al 13 febbraio) pubblicò articoli a riguardo, riportando opinioni di preti, esorcisti, occultisti, psicologi, costringendo la macchina investigativa della polizia a mettersi in moto. Nonostante qualche voce isolata e qualche lettera (di Blissett) avesse sottolineato la possibilità che si trattasse di una burla, il caso "messe sataniche" di Viterbo rimbalzò su tutta la stampa nazionale, coinvolgendo nella beffa il "TG3 Lazio" e "Studio Aperto". Il telegiornale di Italia1 manderà in onda il video-shock in prima serata! È da notare che mentre il questore dichiarava dai giornali che si tratta di una vicenda seria e che i carabinieri avrebbero inquadrato presto il gruppo di satanisti, il capo della Digos viterbese molto più realisticamente affermava dalle pagine de Il Messaggero: "...non ci sono riscontri concreti per dare credito alle voci circolanti in questi giorni". Il giornale Il Messaggero fu l'unico a nutrire forti dubbi: "Una vicenda che ha dell'incredibile e che tale rimane per l'inconsistenza delle prove addotte. Una videocassetta contenente praticamente nulla (...). Su questo è stato costruito il castello di ipotesi che ha portato il quotidiano locale, Il Corriere di Viterbo, a montare un caso giudiziario che non è mai esistito". Luther Blissett invierà nei giorni seguenti la rivendicazione della beffa, e tutto il materiale necessario a provarla, ai giornalisti L. Lipperini e G. Nicoletti, compresa la versione integrale del video, nel quale la messa nera terminava con un'allegra tarantella e un'inquadratura finale sull'icona di Luther. Dopo il servizio su "TV7" molti giornalisti scriveranno articoli schierandosi dalla parte della critica blissettiana ai media, alcuni di essi coinvolti nello spiegare la beffa, si firmeranno Luther Blissett.

 

Conclusioni

 

Le beffe di Luther Blissett sono una critica radicale dell'attuale sistema d'informazione che fuoriesce dai limiti della teoria. In una società in cui è sempre più difficile distinguere il vero dal falso, dove anche a livello culturale le nozioni classiche di verità, oggettività, progresso e ragione sono state messe in crisi, queste beffe abbandonano il terreno dello sterile lamento sullo strapotere mediale e con la dimostrazione pratica mettono a nudo i meccanismi informativi che distorcono e producono la realtà. Con questi "allegri inganni" che a qualcuno potranno sembrare eccessivi e ai limiti della legalità, Luther Blissett intendeva ristabilire a suo modo temporaneamente un "senso di verità". Proprio utilizzando sapientemente il falso contro il falso ha reso immediatamente percepibile la catastrofe informativa cui può portare un'accumulazione irreversibile di falsi. Le beffe di Blissett hanno creato molto interesse specialmente negli ambienti giornalistici proprio perché costringono la categoria a riflettere sulla necessità di una maggiore responsabilizzazione, sulla necessità di trattare le notizie con più cautela. La beffa mediatica di Luther Blissett è servita anche a produrre nuovi saperi che hanno rafforzato e rinnovato la teoria critica dei media e in generale di tutti quei sistemi di comunicazione che generano la visione della realtà. In un'intervista rilasciata a Repubblica il 13 marzo 1997 a chi gli chiedeva se i giornali fossero i suoi avversari rispondeva: "No, i giornali sono tra i tanti bersagli di Blissett. Ma non li consideriamo avversari veri e propri. (...) La nostra intenzione è dimostrare che gli organi d'informazione possono essere spiazzati. Veniamo da vent'anni di critica radicale imperniata sul concetto d'impotenza. Pensatori come Debord e Baudrillard non hanno fatto che ripetere che non si può far nulla. Noi diciamo il contrario: tutto si può fare. (...) La confusione è preesistente a noi. Vero e falso sono già indistinguibili nell'informazione". Qui dobbiamo fare un salto indietro per tornate alla critica della società dello spettacolo elaborata dal situazionista Guy Debord, critica cui lo stesso Baudrillard deve moltissimo. Debord intendeva per spettacolo in realtà la stessa forma-merce del capitalismo avanzato, la sua qualità metafisica di feticcio, la sua capacità di catturare cioè i desideri e le espressioni più autentiche della vita umana e trasformarle in immagini private della loro originaria carica di affettività. Abbiamo già accennato al fatto che questa teoria è stata saccheggiata senza indicazione d'origine da molti pensatori, tanto che Debord è oggi praticamente un personaggio pressoché sconosciuto. Nel tempo la sua teoria, proprio per via di questa continua rimozione che operavano i suoi saccheggiatori, si è banalizzata in un lamento ossessivo sul potere dei media. Di fatto oggi da più parti si può sentir parlare di politica-spettacolo, di arte-spettacolo, di informazione-spettacolo, di giustizia-spettacolo, ma è appunto diventato un modo di dire senza conseguenze, una banalità. Una delle frasi riguardo allo Spettacolo maggiormente conosciuta è la nona tesi debordiana: "Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso". Il falso, cioè, utilizzato per il controllo e la manipolazione della società, dalla disinformazione mediale, passando per il linguaggio burocratico degli specialisti della cultura, della politica, dei tribunali, fino alla menzogna organizzata dei servizi segreti deviati e alla seduzione pubblicitaria, diviene necessario alla sopravvivenza stessa dell'ordine pubblico, un antidoto alle situazioni d'emergenza e d'eccezione, diviene reale, vero a suo modo, e il mondo realmente rovesciato. Il vero così non è più il contrario del falso, ma ci convive e il discernimento si è fatto di conseguenza sempre più difficile, l'attribuzione di senso alla vita più sofferto, paralizzando la capacità di prendere decisioni. Oggi il risultato è ben visibile: le trasformazioni sociali, poggiandosi sulla falsificazione come mezzo per garantire la stabilità, e per accelerarne il progresso, a lungo andare hanno ottenuto l'esatto contrario; in ogni ambito - esistenziale, istituzionale, mediale, accademico e così via - si riscontra una grave crisi di senso che blocca una nuova trasformazione sociale che sembra da tempo incombente, ma che rimane eternamente incompiuta. Basti pensare al continuo utilizzo dei prefissi "post" e "trans" per nominare ogni cosa: nell'arte, nell'economia, nel sociale, nella politica, nel sapere, tutto è sospeso in un "dopo" o in un "oltre" imprecisato, che sfugge e che testimonia unicamente questa incapacità di compiere e chiudere un'epoca. Debord aveva colto questa tendenza nel divenire della società capitalista, ma insistendo sulla denuncia dello Spettacolo come una totalità persuasiva, allo stesso tempo implicitamente ne confessava l'inattaccabilità. Un aut-aut senza scampo, o un'integrazione o una posizione di rifiuto apocalittico della società tout-court. Quegli operatori dell'informazione che oggi rivendicano l'eredità di Debord e dei situazionisti in realtà non fanno che applicare semplicemente alla propria attività professionale le loro tecniche artistiche più conosciute di elusione e distorsione dello spettacolo. È il caso di trasmissioni televisive come Striscia la Notizia, Macao o Blob nelle quali non c'è ovviamente critica dello spettacolo, ma proprio il contrario: la sua apologia più sottile. Al di fuori del contesto in cui erano state create, le tecniche situazioniste sono diventate lo strumento di seduzione per eccellenza di quello Spettacolo che dovevano sovvertire in via sperimentale. Luther Blissett pur provenendo genealogicamente dalla teoria situazionista l'ha invece rifiutata, in quanto rifiuta la concezione dello Spettacolo come totalità pervasiva inattaccabile, l'indistinzione tra vero e falso come ineludibile all'interno di esso, e in effetti la trasformazione della vecchia critica dello Spettacolo nella sua attuale autocritica sembra dargli ragione. Questo innanzi tutto perché concepisce il falso e la simulazione come una dato fondamentale della cultura umana, il gioco, la creatività, l'invenzione, la socialità stessa lo esigerebbero, tanto che rifacendosi a una tradizione che affonda le sue radici nell'opera del poeta francese Lautreamont ritiene che "il plagio è necessario, il progresso lo implica". Questa posizione radicale lo ha portato a considerare la proprietà delle idee come un'aberrazione ritenendo che qualsiasi prodotto dell'ingegno è in realtà il risultato di un'intelligenza collettiva insondabile, e quindi a portare avanti battaglie come quelle contro il copyright e per la libertà di circolazione d'informazioni nelle reti telematiche. Il suo metodo di ricerca della verità si basa proprio su una raffinata conoscenza del falso come necessità. Per Blissett si tratterebbe di sottrarre l'organizzazione del falso al monopolio del potere, questo lo renderebbe così immediatamente riconoscibile, circoscritto a determinate attività dell'agire comunicativo e delle relazioni umane. In questo modo il riconoscimento della verità diverrebbe più facile, pur nelle sue diverse possibili interpretazioni. La sua sperimentazione ricerca dunque la falsità invece che la verità e scopre quest'ultima per scarto. Una soluzione certamente discutibile, ma che presenta degli interessanti spunti di interpretazione della società contemporanea in un momento in cui non è affatto scontato produrre nuove e utili chiavi di lettura.

Se lo Spettacolo non è condannabile tout-court, esso va allora attraversato, conosciuto profondamente e rovesciato con le sue stesse armi. Luther Blissett per ora ha dimostrato ampiamente di saperlo attraversare e di conoscerlo davvero in profondità, ma il suo rovesciamento ci sembra un evento lontano, al di fuori della portata del suo Network.