Luther Blissett
l'incapacità di possedere la creatura, una e multipla

 

A cura di G. Centi, Bologna, Edizioni Synergon, 1995.

 

A mia madre
che ha dialogato con gli Antagonisti
compreso i Disaffiliati, ospitato i Ribelli

 

INCIPIT

Dei Navigatori

 

 

Vanno per strada o trafficano per casa parlando ad alta voce i parlanti solitari della Comunicazione estrema.
Poi noi che parliamo dentro in una sorta di silenzioso vocalizzo del pensiero che percorre di continuo la veglia a confermare la necessità irrinunciabile a comunicare. E in parte, quando parliamo agli altri lo facciamo per provare che non siamo ologrammi, né il sogno sognato da altro. Ma non basta, e così spargiamo attorno comunicazioni silenti del corpo e come lo vestiamo, della casa e come l'arrediamo, del movimento e del mezzo col quale lo facciamo. Tale è la produzione di segnali che non facciamo quasi altro che urlare la nostra identità o la sua appartenenza a tribù status e faide. È qui che tradiamo una incertezza che fatalmente si rovescia nella certezza di sé, ovvero la convinzione che ad esserci siamo soprattutto Noi. Ma a centomila miliardi di anni-luce esistiamo perché lo pensiamo così il ritratto che lanciamo in quanto "genere umano", se decodificato non è altro che un unico raccapricciante grido di istanze personali. Sedotti dall'Ordine, ci adeguiamo soltanto alla suddivisione per tipologie, scuole di pensiero, holding, sette, partiti, chiese e piccoli paesi del Villaggio, nella Metropoli Globale Multimediale.

È l'ora di cena in una tranquilla sera italiana.
Milioni di bocche spalancate e televisori accesi dietro porte 'blindate".
Appartamenti con figli, genitori e arredo standard. La violenza sta chiusa nei ripostigli, che tira la catena.
Nessuno "sa più qual'è il proprio posto" con emozioni medie e vacillanti. (1)
È finalmente il tempo della Relativa Quiete: nessuna sommossa giù in strada. Le Scelte e i Conflitti vanno in onda su più canali con primi piani e colori quasi naturali.
E c'è una generazione transfert-catodica che non è più qui. È entrata nel televisore sostituendosi alla propria rappresentazione .La realtà è uno spazio temporale che bisogna attraversare per poter tornare dietro al vetro.
Il Sistema Informativo interpreta gli avvenimenti, li raccoglie e organizza per tendenze, in una sorta di serial dove ciascuna fascia sociale si riconosce e adegua.
Dunque la Soluzione Globale pare essere vicina.
C'è quiete, ma non è una qualunque quiete della sera perché il suo nome è Assenza. Dove si nascondono i giovani (2) intesi come "teppaglia" decisa a cambiare le Regole del Giuoco, anzi il Giuoco? Come sopravviverà questa generazione mugugnante alla mediocrità del proprio balbettio? Dove sono finiti gli angeli? Perché non si fanno vivi i Demoni? Storicizzeremo la sostanziale acquiescenza degli incendiari nati già pompieri nel tempo epocale della fine di un secolo, alla vigilia del Duemila: scansione mitologica temuta e sognata lungo mille anni? Eppure in molti l'avevano previsto (3). Il problema non è se ci si debba o meno scandalizzare bensì allarmare.
Il Potere sembra non avere più nulla da temere: non produce più i suoi anticorpi deboli, i piccoli fuochi di rivolta. Non è che "dorma". Muta, come mutano le microstorie che controlla. Il problema vero sono i suoi strumenti. Esso non "pensa" e non ha un "luogo" ma il linguaggio nuovo e drastico ci arriva. Il capitalismo che tutto ha sbaragliato sfonda le ultime trincee scavate dentro la coscienza.
Questo pensiero dovrebbe bastare perché si erompa a spezzare questa Sera italiana rituale e volgare.

Negli interstizi della Modificazione, negli intervalli della realtà catodica, ora le Anomalie possono ramificare adattandovi strategie fluttuanti, ambigue, non facilmente individuabili.
Il Conflitto ha teatri privilegiati utopici. Nella pratica si svolge ovunque e gli ultimi irriducibili l'hanno ben compreso.
È così che "s'avanza uno strano soldato". calpestando le macerie del Sogno Romantico, riducendo gli elementi di drammaticità con un elemento di scoperta fondamentale: la frantumazione della propria identità .
All'orizzonte si delinea l'arrivo di una entità collettiva, assunta da chiunque alla sua azione si riconosca e il cui nome è LUTHER BLISSETT.
Una volta avvistata, questa entità antagonista produce l'urgenza di collocarla e prevederne la prossima mossa. Ma è qui, nell'incollocabilità e nell'atto della sorpresa, che LUTHER BLISSET avvince e scompiglia fomentando il panico, il confondimento, la disarticolazione delle analisi.
L'impossibilità di "possedere" la creatura una e multipla il cui nome - oggi - è LUTHER BLISSET permette soltanto di indicarne l'arrivo come tromba d'aria i cui effetti potranno venir quantificati e "storicizzati" soltanto quando sarà transitata.

"Si è alzato il vento con polvere dentro. Forse un temporale in arrivo" - disse, chiudendo le finestre qualcuno. Ignorando quanto fosse nel falso. E nel vero.

 

NOTE

(1) Joshua Meyrowitz, Oltre il senso del luogo (Baskerville, 1993) pp. 523-527.

(2) "La situazione di privilegio (dei giovani) consiste nel fatto che essi non sono ancora inseriti nel sistema dei ruoli professionali e familiari che legano repressivamente i soggetti allo stato esistente: essi sono perciò in grado di penetrare e demistificare il sistema, di cogliene la logica repressiva dietro la facciata della toleranza". Mario Moreno, Pscicodinamica della contestazione (ERI, 1969) p. 39.

(3) Così scriveva, già ventidue anni fa, Eugenio Battisti, concludendo una raccolta di scritti pubblicati dalla rivista "Seminar" dei Graduates Students di Storia dell'Arte della Pennsylvania State University ("Arte e politica USA 1870/1970):

"La presente crisi economica ridurrà a freno almeno una generazione di giovani, e la condizionerà al silenzio. Le previsioni, fatte in tal senso (...), la sociologia, la statistica, l'economia e l'esperienza di rilevamento dei polls sono profeti assicurati contro ogni speranza eccessiva. Possiamo già leggere, ben descritte in anticipo, anche con illustrazioni a colori, le nostre sconfitte di domani".

in: L'albero solitario, a.c.; di E. Battisti e L. Vitello (Guaraldi, 1973) p. 339.

 

 

I
LE CONDIZIONI PER L'ARRIVO DEI NAVIGATORI

 

"Noi siamo coloro che vengono dopo" (1)

 

Che epoca è, questa che viviamo? Alle innumerevoli definizioni date corrisponde l'oggettiva mancanza di rispecchiamento, una definizione nella quale più o meno ritrovarsi così come per i "fatti monumento" del secolo (2).
Ma c'è un modo per capire o arrendersi.
Proviamo a proiettare su grande schermo il nostro tempo, in bilico tra l'oggi e un futuro minimo quantificabile in quattro-cinque anni.
Visualizziamo la Nuova Metropoli prossima ventura dove la risoluzione è impossibile perché "non si possono occupare il centro e i gangli vitali" (3).
Sullo schermo la visione aerea sembra non avere fine per assenza di riferimenti. È una città esplosa che si estende su un territorio immenso, per centinaia di chilometri. Il potere informatico è "nomade". Ovunque dislocato non è possibile individuare il luogo (4). Le aree di fuga sono state raggiunte dall'estensione mostruosa, onnivora della Nuova Metropoli. Gruppi di resistenza sono già evaporati da tempo (5).

 

Dissolvenza

 

Sullo schermo si rincorrono immagini e parole neo-medioevali. Se più di 20 anni fa, per Eco e C. il "Medioevo era già cominciato" (6) le conferme oggi sono disseminate nelle cronache.
Carrellata su grandi folle e primi piani su fenomeni d'isteria collettiva. Come già accaduto alla scadenza della Metà del secolo (1946-48) le Madonne piangono (7). Sarà perché nella nostra cultura, la crescente sovrapposizione di immagini, soprattutto televisive, tende ad un effetto di azzeramento del senso delle imagini stesse.
Ciascuna immagine è relativa. Ciascuna annulla l'altra. Questa guerra delle immagini - e attraverso le immagini - finisce per suscitare una domanda di segni forti...(8) o più semplicemente perché questo è un tempo di grande ritorno alla sfera della Spiritualità (9) e del Mistero (10).
Piangono le Madonne, mentre è in atto una sorte di "strage degli innocenti" (11) e arrivano "boati" dalle oltre 50 guerre in corso in questo istante (12). La gente si ama in modo inquieto, o cibernetico (13). Sul nostro schermo lunghe carrellate mostrano il popolo di robot: fanno gli operai, gli infermieri, camerieri, guardiani. Costruiscono, solitari, interi palazzi, fanno gli spazzini e possono riprodursi (14).

"Medioevo (...) sciagura su sciagura. Bisognava pure che accadesse qualcosa d'altro e la gente se lo aspettava" (15).

 

Primo Tempo:

 

Il film del nostro tempo è montato in maniera casuale e ininterrotta e sarà per questo che quanto vediamo è in fondo quel che siamo.
Ecco le immagini satellitari ritrasmesse: lo squarcio ozonico, le mutazioni climatiche planetarie, l'oceano Pacifico che si gonfia con grande rapidità (16). Segue - a contrasto - l'incredibile panoramica su oltre un miliardo di uomini che vivono in "povertà assoluta" (17).
Proiezioni di dati elaborati al computer: l'8% degli abitanti del pianeta potrebbe scomparire entro i prossimi 25 anni. Due quinti della zona emersa del pianeta sono aridi. Si estende il deserto: ogni anno vengono cancellati 1 milione e 700 mila ettari di foresta pluviale.
Quaranta milioni di persone muoiono di "sola" fame o denutrizione ogni anno. Il tasso di inquinamento globale è vicino all'esplosione, scarseggiano nuovi territori coltivabili e quelli coltivati sono in degrado (18). A fronte, le città sono attraversate da orde "barbariche" colte da un'epidemia di violenza i cui limiti sono in continua estensione.

Enzensberger: "(...) I combattenti non sono più soltanto terroristi e polizia segreta, mafiosi e skinheads, spacciatori e squadroni della morte, neo-nazisti e gorilla. È l'uomo comune che spesso si trasforma come d'incanto in hooligan, in incendiario, in serial killer. (...) Negli Stati Uniti (...) quelli che non scappano si barricano.
In tutto il mondo le frontiere vengono fortificate per impedire l'ingresso ai barbari. E lo stesso si fà all'interno delle città costruendo isole sicure che vengono difese con tutti i mezzi, compresi quelli della moderna tecnologia: telecamere elettroniche, cani da guardia, torri di controllo, interi quartieri nei quali l'accesso è consentito solo previa esibizione di un tesserino magnetico, (...) coloro che possono permetterselo ingaggiano dei mercenari (...) la guardia del corpo è diventata uno status symbol, (...) nascono i gruppi di vigilantes. L'ultima risorsa è poi quella di procurarsi una pistola. Negli Stati Uniti, punta avanzata di questa tendenza, andare in giro armati è diventata una sorta di ideologia nazionale. (...) Nelle zone calde delle città le forze dell'ordine si comportano come le bande armate. I reparti anti-terrorismo praticano l'eliminazione preventiva e i tossicodipendenti e i piccoli criminali si trovano alle prese con squadroni della morte che sono l'immagine speculare dei delinquenti che dicono di combattere. (...) Diventa sempre più difficile distinguere l'aggressore dall'aggredito. (...) Ogni treno della metropolitana può diventare una Bosnia in miniatura e non servono gli ebrei per organizzare un pogrom. Basta che qualcuno faccia il tifo per una squadra diversa, che si vesta in maniera differente, che parli un'altra lingua, che porti un fazzoletto o sia confinato su una sedia a rotelle. Non adeguarsi può voler dire rischiare la pelle.

(...) In questa follia collettiva il "futuro" scompare, solo il presente conta. Le conseguenze non esistono e persino l'istinto di conservazione, che impone limiti e freni, viene spazzato via dalla scena" (19).

Valerio Marchi: "All'allarme sulle violenze xenofobe (...) si aggiunge (...) il vandalismo, le corse folli del sabato sera, (...) il sesso cattivo (...) il disimpegno totale, l'individualismo sfrenato, (...) i picchiatori del sabato sera, i kid (...), i pirati della strada, i lanciatori di sassi..." (20).

"La caratteristica più spiccata di un'epoca come questa (il medioevo) per tanti versi reticente, è che si tratta di un'epoca di profonde trasformazioni; per dirla in breve di una svolta"(21).

È qui ed ora che dal nostro schermo virtuale si riversano figure concrete mentre nelle cuffie d'ascolto arriva la voce:

"...erano in sei e cominciarono a prendere a calci il ragazzo steso per terra che si preoccupa di coprirsi la faccia. Mi sorprendeva la mia capacità di capire quando il calcio andava a vuoto o quando colpiva la mano piuttosto che la fronte o il naso. Non feci nulla per fermarli. Il pensiero non mi balenò nemmeno. era come aver oltrepassato una sorta di frontiera, aldilà della quale c'erano pochi limiti e non esisteva più la sensazione che vi erano cose che non si dovevno fare. era un'emozione più trascendente della gioia, qualcosa che si avvicinava all'esasi. era impossibile non avvertire l'immensa quantità di energia che si sprigionava nell'aria. Qualcuno accanto a me disse che era felice , che non era mai stato così felice" (22).

Sono molte le analogie tra l'inizio del Mille ed il suo finire. Ma non è approfondirle o compararle il nostro compito (23).
Il film della nostra epoca è lì che replica e assomma fotogrammi. La trama è chiara: il nostro tentare di attraversare un mare di sangue, senza bagnarci i piedi.

 

Secondo tempo

 

In questo Colosseo la "figura" LUTHER BLISSET si staglia con una nettezza persino imbarazzante. Nel sanguinario caos che abbiamo per sommi capi abbozzato i LUTHER si propagano come devianti prospettando un antagonismo fortemente culturale, dunque fluttuante, pronto a rapidi spostamenti di pratiche e obbiettivi.
E se utilizziamo l'analisi di Walter J. Freyberg sulle tre forme di rivolta prese in considerazione: sociale, politica e culturale (24) troviamo che quest'ultima si situa a livello dell'apparato concettuale del sistema di dominazione. È la lotta più carica di significato e nello stesso tempo la più astratta e la più indiretta. Andare al di là dei limiti culturali imposti, per pretendere di giudicare definizioni e classificazioni complesse, apparentemente immutabili, all'interno delle quali si svolgono le operazioni della società e agiscono gli attori politici, tutto questo implica una libertà esistenziale e uno sforzo estremo. La dominazione è per essenza invisibile e apparentemente neutra, fino a quando essa può limitarsi a dirigere e ad orientare; ma se è costretta a dipendere troppo dal proprio apparato repressivo, essa diventa allora visibile. Il piccolo numero di coloro che sentivano già l'oppressione, quando la dominazione era discreta e manipolatrice, viene accresciuto dalla massa di quelli che scoprono, giorno dopo giorno, il peso della repressione crescente.
La ribellione culturale è un colpo portato direttamente contro la distribuzione del potere, sulla quale si fonda il sistema di dominazione. essa non ha più come obbiettivo i simboli manifesti dell'ordine sociale, né le regole del gioco politico, ma l'apparato concettuale repressivo in se stesso, che è fondamento delle regole politiche e sociali in una società determinata" (25).
Ma la tesi Freyberg non è del tutto coniugabile col progetto Blisset che - per esempio - è interessato ai "simboli manifesti dell'ordine sociale e culturale" sì ma con un intento di "rivolta sociale".
("Per rivolta sociale intendo gli attacchi diretti contro elementi del sistema sociale, visibili e immediatamente presenti nella vita quotidiana. È il tipo più fragile di ribellione, quello che mette meno in pericolo il sistema perché gli obbiettivi prescelti - persone o fenomeni - non sono che le cause apparenti della situazione inaccettabile, la cui vera origine si trova invece nel sistema di dominazione sottostante e non nelle manifestazioni di superficie dell'organizzazione. È la rivolta contro ciò che è familiare, locale, accessibile) (26).
Verissimo, ma soltanto se ne accettiamo l'incorniciamento, l'isolamento. È la sinergia tra questa "rivolta" e quella culturale che ci porterà a dare anche una valenza politica (in senso etimologicamente alto) a quella che è altro da "rivolta" e che per il momento indicheremo come antagonismo fluido.
Si comprende allora come dagli scenari "apocalittici" e la risibilità degli schematismi logistico-progettuali l'entità LUTHER BLISSET apparirà danzante, ludica persino. Perfettamente a proprio agio in quest'epoca Senza un Nome soffocata da cento nomi.

 

 

NOTE

(1) George Steiner, "Linguaggio e Silenzio".

(2) "Date un nome alla nostra epoca " è la domanda che il New Jork Times ha posto ai suoi lettori il 19.03.95.

Secondo il grande storico e medievalista Jacques Le Goff i tredici "fatti monumento" che identificano la nostra epoca sono nell'ordine:

1) L'intera opera di Freud

2) "Guernica" (Pablo Picasso, 1937)

3) "Il grande Dittatore" (C. Chaplin, 1940)

4) I resti del campo di sterminio di Auschwitz

5) Dichiarazione di Banaung (Prima conferenza mondiale dei Paesi afro-asiatici, 1955)

6) "Tristi Tropici" (Claude Levi-Strauss, 1955)

7) Tutte le canzoni dei Beatles

8) La teoria della relatività (Einstein, 1921)

9) La penicellina (Fleming, 1928)

10) La televisione

11) Il computer

12) Il trattato di Roma (1957)

13) L'abbattimento del Muro di Berlino

(3 ) Umberto Eco al III Convegno Internazionale della Città educativa, Bologna 10.11.1994.

(4) cfr: Critical Art Ensemble: "Sabotaggio Elettronico", Castelvecchi, 1995.

(5) p.e.: i "Plain People", microfenomeno americano, dato in espansione nel 1994.

(6) cfr: U. Eco, F. Colombo, F. Alberoni, G. Sacco: Documenti su "Il Nuovo Medioevo", Bompiani, 1973.

(7) Le Madonne piangenti in Italia, all'8 aprile 1995, sono "almeno 13" secondo il New York Times.

La nostra ricerca ne ha sommate 16. È interessante notare l'escaletion quotidiana delle ultime 13 lacrimazioni:

1) Civitavecchia (Roma) 2.2.1995

2) Lazise (VR) 14.3.1995

3) Tivoli (Roma) 22.3.1995

4) Terni 22.3.1995

5) Taranta Pedigna (PS) 2.3.1995

6) Viagrande (CT) 25.3.1995

7) Provincia di Bergamo 28.3.1995

8) Provincia di Lecco 29.3.1995

9) Provincia di Napoli 7.4.1995

10) Napoli 7.4.1995

11) Cagliari 9.4.1995

12) Provincia di Piacenza 10.4.1995

13) Provincia di Lucca 10.4.1995

Per esattezza di cronaca la prima madonna piangente è quella di Fatima (a Lazise) il 30.3.1994 che ritroviamo nelle piangenti attuali per via di nuove lacrimazioni.

(8) Marino Niola, "L'Italia dei miracoli e delle incertezze", (L'Unità, 27.3.1995).

(9) Si vedano in proposito le folle, che in alcuni casi hanno superato il milione di persone, osannanti durante i viaggi intercontinentali di Giovanni Paolo II.

Attualmente le sette operanti sul pianeta sono stimate in 230.000 per un totale di 215 milioni di "fedeli".

Fonte: Corriere della Sera, 23.3.1995.

(10) Dodici milioni di italiani, annualmente, si affidano ai responsi di maghi, cartomanti e sim.

Gli operatori dell'occulto sono stimati il doppio dell'intero clero cattolico. (Fonte: Cardinale Silvano Piovarelli, vicepresidente CEI, vescovo di Firenze. Dichiarazione a Radio Monte Serra, 21.11.1994).

(11) I bambini:: 2.234 morti all'anno in America Latina.

La polizia ne uccide 3 ogni giorno in Brasile, 20.000 sono oggetto di violenza ogni anno in Italia (200.000 in USA).

Nella ex Jugoslavia ne sono morti 150.000, più 15.000 feriti e 5.000.000 mutilati.

Morti in Afghanistan: 4 milioni e 169.739 morti in Iraq per guerra ed embargo (al luglio 1994).

Fonte: La Repubblica (5.4.1995).

(12) Sono 82 i conflitti scoppiati dopo il 1990 in tutto il mondo.

(13) Inquieto: è risaputo quanto il fantasma dell'AIDS abbia modificato i rapporti sessuali.

Cibernetico: nelle proiezioni per il prossimo futuro.

(14) Robot muratori sono stati costruiti dalla Obayashi Corporation.

Il primo edificio costruito interamente dai robot è uno stabile di 10 piani nel quartiere Sumida-Ku di Tokyo.

"Robomatic '80" - costruito dalla Hako è lo spazzino operante al terminal Waterloo di Londra. "Pulitore" è anche il Cybervac della Cyberworks.

Guardiani (con microfoni e telecamere che si muovono su percorsi casuali ) sono il Cyberguard (sempre della Cyberworks), Hermes della Robotics e Cybermotion SR2 che è in funzione al Los Angeles County Museum.

Per quanto riguarda la riproduzione: "Il DNA (di questa generazione robotica) è un microprocessore che contiene le istruzioni necessarie per agganciare una batteria, un altro microprocessore e un motore. Con questi pezzi il robot cresce di dimensioni e poi si divide, dando vita ad un altro robot a sua immagine e somiglianza". (Yoshiaki Ichikawa, progettista per conto della Hitachi)

Fonte: P. Pontoniere e C. Sottocorona (1994).

(15) Jules Michelet, "Storia di Francia", Libro IV.

(16) "Le osservazioni (...) hanno rivelato nel 1993 e nel 1994 una variazione stagionale del livello del mare con un'ampiezza tra il picco negativo e quello positivo di 3 cm." (William E. Carter, Noaa). Rilevazioni del salellite oceanografico Topex/Poseidon in orbita a 1.334 Km dalla Terra.

Fonte: Corriere della Sera, 5.2.1995.

(17) Cifra (per difetto) diffusa alla vigilia del vertice ONU di Copenaghen sullo sviluppo sociale (6-12 marzo 1995).

(18) Fonte: R. Bassoli-P. Greco, l'Unità, 6.11.1994.

(19) Hans Magnus Enzensberger, c. 1955, "New Perspective Quaterly"- 1995 l'Unità per l'Italia.

(20) Valerio Marchi, SMV Stile Marchio Violento, "I demoni di fine millennio", Costa & Nolan 1994.

(21) Edmond Pognon, La vita quotidiana nell'anno Mille, Rizzoli, 1989, pp.17-18.

(22) Testimonianza contenuta nel volume "Among the Things" di Bill Buford, scrittore americano infiltratosi in un gruppo ultras, citata da Enzensberger op. c.

(23) Bibliografia consultata e consigliata oltre a quella in nota:

1) Gerges Duby, "Mille e non più mille" (Cinque conversazioni sulle paure di fine millennio), Rizzoli, 1994

2) Alain Ming, "Le nouveau Moyen Age"

3) Gherardo Ortacci (a cura di) "Medioevo", Einaudi, 1994

4) Paolo Landi, "Cinismo di massa", Sperling Kupfer, 1994

5) San Giovanni apostolo, "Il libro dell'Apocalisse" (o "Rivelazioni") in La Bibbia, Nuovo Testamento

6) U. Eco, Il fascino discreto dell'Apocalisse (l'Espresso n. 50, 16.12.1973)

7) AA.VV. "1984" suppl. al n. 298 de l'Unità (18.12.1983)

8) Paul Krugman, "L'incanto del benessere", Garzanti, 1984.

 

(24) W.J. Freyberg, "La violence: une plénitude de sense", Sociologie du Travaie, n. 4, 1971, pp. 337-349.

(25) Ibid. in "Movimenti di rivolta - Teorie e forme dell'azione collettiva", a c. di Alberto Melucci, Etas Libri 1976, p. 261.

(26) Ibid.

 

 

II
GENERZAIONI COME TERRITORI DI CONQUISTA

 

"Il compito sei tu. Da nessuna parte si vede un alunno"

Franz Kafka (1)

 

Ricordo, con limpidezza assoluta, (soccorso dal fatto che non succedeva poi tantissimo tempo fa) il fastidio e l'orrore che provavo ogni qualvolta giornali e televisione affrontavano le "problematiche" della mia generazione.
Una cosa sola era certa, perché inequivocabile, eravamo giovani.
Per il resto di noi risultava soltanto la pervicace proiezione mentale dei Vecchi Geometri del Tempo circa una condizione estranea che credendo di capire si ostinavano a spiegare. Poi dal fastidio passai al sorriso.
Ci "pedinavano" annotando i nostri "segnali" che diventavano dissertazioni sulle terze pagine e gli special televisivi. Ci definivano per possederci e nell'ovvia impossibilità della riuscita come defraudati, caparbiamente si avventuravano in zone intravviste solo dall'aereo. Così quando scendevano e si inoltravano in piazze, strade e vicoli perdevano l'orientamento, aggravando il loro stato confusionale, utilizzando le sole mappe in loro possesso: quelle "fuori corso" del loro tempo.
Così mostravano a noi quel che non eravamo, irriconoscibili, con radi agganci alla realtà, complessivamente stravolta.
Talmente lontani non se ne accorgevano. Nella convinzione non dico d'averci sfiorato ma d'essersi calati in un'età dell'Oro e del Buio che non gli apparteneva.
Eravamo un colorito allarme avanzante, con suddivisioni manichee neanche tra buoni e cattivi.
Leggevano in aramaico quando noi scrivevamo in cirillico.

I giovani, intesi come Categoria sociale, nascono in America nel 1954.
È il rock il propulsore di un'attenzione mass-metodologica che fino ad allora li aveva relegati in un Limbo transitorio tra "bambini" e "adulti". Dunque l'esercizio analitico sulle nuove generazioni è relativamente recente avendo compiuto da poco 40 anni.
Premettendo che i rilevamenti sull' "arcipelago giovanile" sono tendenzialmente arbitrari e che chi scrive è ben lontano da quell'assemblaggio ideologico-comportamentale del quale -come si diceva- è stato vittima, qui tenteremo di esemplificare la condizione di incollocabilità del soggetto LUTHER BLISSET a causa della deformazione oggettiva dell'universo giovanile curata dai MEDIA e dai propri eterni sacerdoti.
Occorre, per esempio, molta buona volontà e rispetto per le altrui idee (anche le più balzane) per seguire il ragionamento di Franco Ferrarotti e di una sua interlocutrice (2) la quale, nel corso di un'intervista, a un certo punto formula un quesito che contiene una semplificazione incredibile, anzi esecrabile: "Che idea si è fatto della generazione che ama i TAKE THAT?" Quando non esiste una generazione che fa questo piuttosto che quell'altro, bensì gruppi anagraficamente partecipi di una data generazione.
Dice Ferrarotti:

"L'Homo sapiens, l'individuo concettuale sta scomparendo a favore di un nuovo tipo di individuo, da me definito Homo Sentiens, che riconosce il primato del sentire, dell'emozione rispetto al ragionamento.
Mi sembra che il modo in cui i giovani vivono oggi la musica, non semplicemente ascoltandola, ma abitandola, entrandoci dentro, sia la dimostrazione di questa mutazione che è in atto. Per i giovani ascoltare una musica che spacca i timpani è un modo di separarsi dagli adulti, dai genitori, di abitare una casa che appartiene solo a loro. La musica crea un muro divisorio tra generazioni: la discoteca o il concerto rock diventano stanze isolate dal mondo esterno" (3).

Sorvolando sulla mutazione antropologica insita nel discorso, l'argomentazione potrebbe venir data agevolmente in qualunque giorno degli ultimi 30 anni a partire dal 1965.
Questa storia della musica alzata come muraglia divisoria dal formicaio adulto - che si vuole odierna - è in realtà una delle connotazioni più importanti e visibili di quel rito sonoro che in forme diverse più generazioni hanno praticato fino ad oggi. "Spaccavano i timpani" i Rolling Stones e i concerti Rock "isolavano" dal mondo esterno molto prima di Woodstock. Perché la musica è il linguaggio d'un Paese di Giovani a sua volta attraversato da "dialetti". Il linguaggio di una categoria sociale che i "giovanologhi" rincorrono da anni con traduzioni avventate e sempre uguali. Basterebbe prendersi la briga di sfogliare le cronache e le analisi dei primi concerti rock italiani (1969-1971 ecc.) per ritrovare giudizi simili, analisi come sinonimi.
Parte della mia generazione ha "abitato" la musica in maniera che i confronti attuali impallidiscono. Perché l'ha abitata non soltanto entrandovi nelle sonorità e nei comportamenti ma anche con le droghe.
Non per infierire: ha fatto ben più che "abitarla", l'ha reclamata come propria assaltando gli stadi ("riprendiamoci la musica") nella convinzione che non fosse merce da acquistare ma ossigeno vitale.
La deformazione a scopi di parte della condizione giovanile non è ovviamente spiegabile soltanto con la responsabilità degli osservatori.
Il vero fine è quello di rappresentare i fenomeni come uno che virtualmente "posseduto" facilita l'esercizio di un perenne smantellamento delle mille ragioni, dei cento lessici, degli innumerevoli volti giovanili. Ferrarotti confonde il tempo dei Beatles con quello dei Take That traendone conseguenze nefaste. Perché "la generazione degli anni Sessanta voleva l'immaginazione al potere, vedeva la musica come veicolo d'un discorso politico rivoluzionario. I giovani di oggi sono a-progettuali..." Non "una parte dei giovani", ma "i giovani".
Del resto i media che comportamento ebbero nel '68?

"Le occupazioni, i cortei, gli scontri con i fascisti e con la polizia veniva affrontato come un problema di ordine pubblico. (...) a Valle Giulia, il primo marzo 1968, non c'erano troupe della Rai. C'era invece (...) la televisione svizzera..."(5)

In quel periodo fu l'Unità il media scritto italiano più tempestivo per attenzione e informazione (6).
Un filosofo di sinistra, Jürgen Habermas definì il movimento studentesco come "fascisti di sinistra" - così come avverrà nel '77 - (7). Dieci anni dopo un emerito latinista, docente dell'Università di Roma, dichiarava cosa aveva significato per lui il '68: "Nulla o poco più (...) Solo la qualità della cultura ne ha risentito" (8).
Nel '68 - fatta eccezioneper alcuni epigoni - stampa e TV fecero cattiva informazione, ma in definitiva non cercarono di trasformare un movimento che, per ragioni culturali, non si sentivano di attaccare frontalmente.
Ben altro accadde per quella che ancora e sempre impropriamente venne detta la "generazione del '77". la distorsione parte da lontano, dalle segreterie dei partiti, dai rapporti riservati come quello del MSI che cercava di coinvolgere il Movimento dentro una sorta di paternità fascista: "Gli studenti, i giovani anche se forzatamente etichettati nell'area dell'Autonomia, con il loro movimento hanno investito il sistema, con alla testa il PCI, strappandogli dal volto la maschera della democrazia. È proprio questo che gli indiani metropolitani e le nostre componenti presenti all'interno del movimento hanno messo in risalto: se questa società nega il diritto allo studio e al lavoro è perché prima nega il diritto alla vita, dicendoci che chi fa questi discorsi è fascista, è diverso. Da parte nostra la risposta deve essere chiara: se è vero che siamo diversi, dobbiamo stare con i diversi" (9).
Ed è "strano" che da un'altra parte (il PSI) in quel periodo sfoderi un vistoso garantismo (in polemica con le analisi di Botteghe Oscure): "...è un errore politico contrapporre la classe operaia ai ceti emarginati, i garantiti ai non garantiti" (10). Ancora: "La grande stampa ha polemizzato a lungo contro l'appello di un gruppo di intellettuali francesi (contro la repressione in Italia, n.d.r.) (...) ma quasi per unanime accordo non ha fornito ai propri lettori i testi su cui polemizzava. È questo un primo sintomo, un accenno ancora emozionale di autocensura collettiva?" (11).
È chiaro dunque che al di là e al di sopra del Movimento '77, i partiti fecero il loro gioco. La stampa ne seguì le "ispirazioni" e infine fu accusata dagli stessi di manipolazione. Così dalle definizioni arbitrarie dei gruppi giovanili è conseguibile che gli stessi vengano pensati all'interno di particolari fini. È questo un punto fondamentale perché più avanti si percepisca l'intelligenza strategica di LUTHER BLISSET che invece di lasciarsi pensare, insinua false tracce, depista la verità combinata abilmente con la menzogna nel tentativo di suggerire il pensiero al pensatore in un percorso che lo induca al Cortocircuito.

Sono trascorsi quasi vent'anni dal Settantasette e le tecniche di manipolazione si sono ulteriormente raffinate, tanto che le prime al confronto risultan rozze. L'esempio che segue occorre per i segni che esso contiene e ricondurci definitivamente alla strategia di LUTHER BLISSET.
Il Movimento (di studenti e non) indice per il 23-24 e 25 settembre di quell'anno - a Bologna - un "Convegno Internazionale sulla Repressione in Italia" al quale aderisce un folto gruppo di intellettuali francesi firmatari di un "manifesto" che quella repressione dà per verosimile, chiedendo una verifica alle autorità italiane.
Tra le firme vanno ricordate quelle di Jean-Paul Sartre, Felix Guattari, Roland Barthes, David Cooper, Michel Foucault, i "noveaux philosophes", Francois Ghadelez, Jean Marie Vincent, eccetera. Insomma uomini le cui opere hanno segnato il pensiero di questo secolo. La violenza con la quale rispondono uomini di partito e cultura mediati da giornali, radio e televisione del nostro Paese, è inaudita. Si va dalla delegittimazione strettamente culturale degli autori a quella politica con accuse di "ingerenza", tradimento di percorsi teorici e - soprattutto d'essersi lasciati strumentalizzare da un progetto destabilizzante che il Movimento avrebbe veicolato per la regia di "forze oscure". Questa strategia data come più che probabile, visto l'atteggiamento di parte della Magistratura, è detta "teoria del complotto".
È così che l'iniziativa francese verrà definita "ridicola e pagliaccesca" da Lucio Colletti (12) e l'intera opera di Sartre messa in discussione con picchi di questo tenore: "...una lettura che non esitiamo a definire puerile di alcune pagine (per noi importanti di Marx, quelle pagine in cui si parla di liberazione totale dell'uomo, di superamento dele alienazioni, ecc." (13). Qui e là si notano sussulti nazionalistici che investono tutti i firmatari e soprattutto la corrente (contestatissima) dei "noveaux philosophes". Franco Ferrarotti: "...nipotini di Napoleone, con poche, splendide eccezioni gli intellettuali francesi appaiono inguaribilmente malati di franco-centrismo.
(...) affermano di credere all'esistenza della repressione in Italia, ma le parole usate sono così consunte, le formule sono così inadeguate che la montatura si fa trasparente..." (14). Su questo terreno Ferrarotti era stato preceduto da una voce politica "pura", Giorgio Amendola: "Non vorrei che certi giudizi avventati esprimessero una qualche boria nazionalistica, che porta a non seguire, con la sufficiente attenzione, i processi politici che si svolgono fuori da quello che era - e non è più - il centro della politica mondiale" (15). Per Riccardo Lombardi (PSI), il "manifesto Sartre" è "assolutamente aberrante". (...) Sartre e compagni ritengono che ci sia in Italia una situazione repressiva che in realtà non esiste e che proprio i gruppi eversivi che hanno, sia pure indirettamente, influenzato il manifesto, intendono creare" (16).
È indubbio che un pensiero sottostante di strategia e complotto accomuni queste dichiarazioni. Ma c'è un colpo di scena, addirittura un capovolgimento di presunta paternità che Roberto Finzi pone dalle pagine dell'autorevole settimanale politica-culturale del PCI, Rinascita: "...ormai è stato chiarito che quella della "teoria del complotto" è stata un'abile invenzione giornalistica..." (17).
Qui l'esempio finisce e comincia l'ipotesi di lavoro. Cosa era veramente accaduto? Per saperlo occorre trovare l'oggetto che è sovraesposto: gli intellettuali francesi. Ma qual'è la causa per la quale questi ultimi entrano in scena? La "repressione". Esercitata su chi? Sul dissenso. Sul dissenso di chi? Dei giovani. Con passaggi elementari di questo tipo è possibile catalogare le forze in campo con il loro "potere contrattuale". La prima è senza dubbio la Politica poi la cultura, infine la causa scatenante: i giovani dissidenti.
Cosa fa la stampa? Asservita o dipendente dalla Politica per conto di questa attacca la Cultura, ma essendone parente ne demanda il compito agli intellettuali mentre la Politica vi si ripara. Quella frase di Finzi: "è stata un'abile invenzione giornalistica" potrebbe chiudere il cerchio con banalità che nulla ci mostra. Se non fosse che 5 righe dopo si legga: "D'altronde, per rendersi conto fin dall'inizio, sarebbe bastato leggere i documenti ufficiali del partito". Documenti "ufficiali". Si evince che quanto risultava evidente dalle dichiarazioni personali veniva sconfessato dagli "archivi".
Occorre sempre una fenditura per consegnare una manovra e la fenditura è tra ufficiosità e ufficialità. Così la Politica lascia filtrare la "teoria del complotto" della quale però non ha mai fatto dogma, aprendo un'interpretazione giornalistica.
Chi ha mentito? Nessuno, cioè tutti perché manipolare è riorganizzare i fatti su di un piano diverso dalla realtà oggettiva.

L'esempio è bruto e lo lasciamo aperto all'indagine del lettore. A noi è utile per domandarci quale fosse il grado di conoscenza delle meccaniche persuasive in quegli anni. Berardi: "Occorre riconoscere (...) che il movimento del '77, in Italia, (...) fu capace di scoprire la nuova dimensione - immaginaria - nella quale si svolgeva il processo fondamentale di determinazione dei rapporti sociali. Occorre dire che il movimento di quegli anni cominciò ad avanzare sulla via della sperimentazione tecnologica e comunicativa, e scoprì l'importanza delle specificità linguistiche proprie alle diverse forme di comunicazione" (19).
Ma il quesito più importante e se, e come, sia possibile proporsi come soggetto e non oggetto della trascrizione publicistica, attaccando. Aprendo le ostilità ben prima della calda estate del '94 ma - a ben vedere - con un filo sottile che porta ad un Pensiero Anomalo formulato sul finire delle Tenebre e cioè dell'Inverno.

 

 

NOTE

(1) Da "Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via".

(2) Stefania Ulivi, che intervista il sociologo per il Corriere della Sera del 16.4.1995.

(3) Ibid. (cfr: F. Ferrarotti, "Homo sensiens, giovani e musica", Liguori, 1995).

(4) Cfr. La collezione di Re nudo, i Bollettini di Stampa Alternativa.

(5) Andrea Barbato, L'Espresso n. 3, 25.1.1988.

(6) Habermas si è pentito quasi un decennio dopo. Cfr.il 1° febbraio 1968, il quotidiano pubblicò il I° articolo in prima pagina, con questo titolo su cinque colonne: "A Firenze dimissioni del Rettore. Sciopero degli studenti a Torino".

(7) Giancarlo Pajetta: "Anche il fascismo cominciò con la marcia su Bologna"(Corriere della Sera, 20.9.1977) - L. Lombardo Radice: "I nuovi squadristi", Corriere della Sera, 1.9.1977.

(8) Ettore Paratore, l'Espresso, n. 5 del 5.2.1978.

(9) Documento riservato del FUAN-Caravella. Mittente: Biagio Cacciola, presidente dell'organizzazione e membro del Comitato centrale del MSI. Destinatari: i quadri FUAN dell'Università di Roma.

(10) Umberto Guerini, I barbari a Bologna (in "Bologna 1977, da marzo a settembre" p. 10) Antologia di saggi e documenti curata dalla commissione diritti civili della Federazione bolognese del PSI, La Squilla, 1977.

(11) Luigi Colombari, Colmare il solco fra due società, Op. e., p. 35.

(12) L'espresso, 24.7.1977.

(13) Francesco Valentini, Jean Paul Sartre e l'anticomunismo /Il cammino teorico del filosofo/, Paese Sera, 3.7.1977.

(14) "Il nazionalista che si nasconde nell'intellighentia francese", Corriere della Sera, 23.8.1977.

(15) "Caro Sartre, sbagli" /intervista con G. Amendola/ paese Sera, 17.7.1977.

(16) "Perché Sartre ha sbagliato", La Repubblica, 15.7.1977.

(17) "Bologna: discutiamone ancora", Rinascita n. 32 del 12.8.1977.

(18) Franco Berardi (bifo), Dell'innocenza - interpretazione del '77, Agalev, 1987, pp. 21-22.

 

 

III
LA CONFUSA FIGURA

 

"presenti il tuo biglietto per vedere il fenomeno del circo che subito ti viene incontro appena ti sente parlare chiedendoti - come ci si sente ad essere un simile aborto - e tu dici - impossibile - mentre lui ti dà un osso e sta succedendo qualcosa qui ma tu non sai cosa non è così mister Jones"

Bob Dylan

 

In principio fu Bologna e questa lettera pervenuta al Resto del Carlino:

"Sono una pensionata di 67 anni, fatico ad arrivare alla fine del mese, i miei figli e nipoti sono sposati o trasferiti in altre città.
Così, con queste giornate di caldo, l'unico svago che ho è quello di passare i pomeriggi nei giardini dinanzi all'Arena del Sole, poco distante da casa mia. Ma venerdì 27 ultimo scorso sono stata costretta ad assistere a un disgustoso episodio: un giovanotto ha procurato allarme, inscenando una crisi epilettica e tirando fuori dalla camicia delle frattaglie di macelleria, per poi spargerle per terra. Dopo un pò si è alzato e ha annunciato che si trattava di "teatro" di strada. Non ho capito il significato; io credo che il teatro sia cultura, non cattivo gusto. Oltre tutto, il teatro si fa in teatro, non per strada, dove persone anziane come me potrebbero impaurirsi, o peggio sentirsi male. La cosa peggiore è che la forza pubblica non si è degnata di intevenire".

(Elide Manfredi)

 

La lettera (un falso) fu la prima di una serie che gli autori inviarono alle cronache bolognesi dei quotidiani, amplificando i propri "delitti" e cominciando quell'opera di "conduzione alla notizia" come atto preliminare del vero e proprio attacco.
Nel caso specifico il 27 maggio Riccardo Paccosi, autore e attore SITUAZIONAUTICO aveva presentato una sua breve partitura (o performance) che simulava l'auto-sbudellamento in perfetta sintonia con l'idea di LUTHER BLISSET Proget: presentare alla società capitalistica un'angosciante immagine di sé stessa".
Una quindicina di giorni dopo appaiono - contemporaneamente - sullo stesso giornale (3) e la Repubblica altri due interventi di falsi - indignati - lettori:

Così la Repubblica:

"Nella mattina di lunedì 13 giugno sono salito su un autobus della linea 14, alla fermata di fronte al S. Orsola. Nell'atto di sedermi nel posto riservato agli invalidi (da una settimana sono costretto a girare con un piede ingessato), ho inavvertitamente rovesciato un barattolo di vetro nascosto sotto il sedile. Ne è uscito un liquido giallastro, il cui odore ha fatto storcere il naso a tutti i passeggeri, me compreso. Ho dato un'occhiata al barattolo e ho scoperto che conteneva un cervello di animale (forse di agnello, o di coniglio) a "bagnomaria", frollato e naturalmente guastato.
Una signora ha riferito al conducente, il quale ha riferito di un altro "simpatico" scherzo del genere su un autobus della linea 27, il giorno prima o due giorni prima. Inutile dire che tutta la vettura è stata invasa dalla puzza. Un ragazzo salito poche fermate dopo ha detto di un altro ritrovamento, non ricordo su quale linea.
Possibile che qualcuno si diverta a salire e scendere da un'autobus all'altro con tanti rivoltanti "reperti" con l'intento di fare scherzi stupidi e macabri, senza che nessuno si accorga di nulla? Il cittadino è già costretto a respirare i miasmi degli scappamenti, l'Atc non potrebbe vigilare per rendere i nostri spostamenti meno spiacevole? E comunque, se è la mancanza di lavoro a produrre questi modi d'ammazzare il tempo, speriamo che la disoccupazione cominci a calare".

(Adriano Longhini) (4)

 

L'azione continua, supportata dai fatti, in maniera cadenzata e martellante, inscenando persino un dialogo a distanza tra i "lettori":

24 giugno: "In riferimento alla lettera "Scherzi di pessimo gusto sul bus" apparsa su Repubblica del 18 maggio, riferisco di uno "scherzo" simile e, se possibile, ancor più disgustoso.
Lo scorso venerdì 17 maggio, nel pomeriggio, ho portato mio figlio Massimo, che ha cinque anni, ai Giardini Margherita.
Lì, mentre si rincorrevano tra bambini, hanno trovato, poco distante dall'ingresso sui viali, alcune teste di tacchino già parzialmente decomposte e un fagotto di carta igienica che avvolgeva un grosso cuore di vacca o di maiale, imbrattato in un liquido che era rosso per essere vero sangue.
Li ho portati subito a lavarsi le mani, poi ho buttato via quella roba usando dei sacchetti.
Anche prima di leggere dei cervelli sui bus, non ho certo creduto fossero resti di uno strano rito, anche se il mondo è pieno di matti del genere e anche a Bologna non ne mancano: ho pensato subito ad una trovata da imbecilli.
Sia chiaro che non denuncio alcuna incuria, né sto accusando nessuno (netturbini o vigili).
Mi limito a segnalare che c'è in giro qualcuno a cui non sembrano sufficienti le immagini dal Ruanda per soddisfare il proprio assurdo gusto dell'orrido".

(Andrea Cinquegrani)

 

"Desidero ringraziare gli spiritosi che la notte scorsa, nelle vicinanze del Made in Bo, hanno rovesciato sul cofano della mia Rover (appena comprata) svariati chili di cervella e frattaglie d'animali, accompagnando il dono con un biglettino recante la scritta "Ricco di merda", ovviamente anonimo.
Ho ricevuto come regalo per una (sudata) laurea in Economia e commercio una macchina (non un catamarano o un aereo privato, solo una macchina) e non vedo perché questo dovrebbe farmi oggetto di tanto odio. Addirittura un passante mi ha gridato: "L'hai voluto il macchinone?", come se in questo paese la proprietà di qualcosa fosse diventata un reato. Non vorrei che, complici la crisi e la disoccupazione, tornassero di moda certe idee, come quella che per fare guerra alla "povertà", occorra fare la guerra ai "ricchi"...

(Erich Pasetti)

(La Repubblica, 5 luglio 1994)

 

"Ho letto la lettera "La mia macchina imbrattata di frattaglie" su repubblica di martedì 5 luglio dove si raccontava di un automobilista che al Parco Nord ha avuto la macchina ricoperta di rifiuti.
Devo dire che anch'io sono incappato nella stessa disavventura e ho avuto la stessa esperienza nonché reazione raccontata dal vostro lettore E. Pasetti, e non al Parco Nord ma in pieno centro, in Via S. Vitale, la notte di venerdì 1 luglio.
Sebbene la mia auto non sia esageratamente "di lusso" - una Seat Toledo - qualcuno l'ha presa di mira, e quando sono uscito da Vicolo Bolognetti dopo un concerto jazz ho trovato qualcosa di melmoso e maleodorante spiaccicato sul parabrezza.
Scarti di macellazione, o roba del genere, ma nessun biglietto di... rivendicazione".
Non credo ci sia niente di "politico" - in senso molto lato - in questi scherzi, penso invece si tratti di poco simpatici buontemponi, pieni di cattivo gusto e maleducazione, come quelli che nelle settimane scorse lasciavano carni andate a male o carcasse mutilate di animali sui bus e nei giardini pubblici.
Ci pensa già il caldo a farci stare male, questa gente non ha proprio nulla di meglio da fare che girare per la città per queste bravate?

(Renato Mignami)

(La Repubblica, 8 luglio 1994)

 

Altre lettere appaiono sui giornali presi in "considerazione" dalla CONFUSA FIGURA, ma c'è n'è una che suggerisce la svolta, per farsi "da parte" e lasciare che l'amo tiri su il pescato:

"Sono una studentessa dell'Accademia di Belle Arti. Con riferimento alle lettere del 18 e 24 giugno sugli "Scherzi macabri", ho alcune ipotesi su questa lugubre "caccia al tesoro" metropolitana.
Anch'io, assieme ad alcune amiche, mi sono imbattuta in uno dei "reperti", nella fattispecie una testa di coniglio piena di moscerini lasciata su una panchina presso l'Ipercoop, di Borgo Panigale, la sera del 20 giugno. Sono rimasta disgustata e ho cominciato a pensare: queste cose vengono collocate sistematicamente nei parchi, sugli autobus e in altri luoghi pubblici, difficile credere che si tratti solo di scherzi goliardici, per quanto sopra le righe un significato deve pur esserci.
Avete presente quelle pubblicità che vengono affisse o pubblicate a puntate? Forse si tratta dì una cosa simile, la performance, per quanto discutibile, di un "artista" che si rivelerà solo in seguito.
Non è raro sentire di artisti contemporanei che impacchettano isole (Christo) o firmano un territorio (la "land art") o addirittura organizzano visite guidate nei macelli (Magazzini criminali). Io preferisco cose più "classiche" perché ho lo stomaco delicato e perché si tratta sicuramente di "materiali" infetti lasciati alla portata di bambini anche molto piccoli

(Graziella Calzolari) (5).

 

Quanto previsto accade. Indotta la notizia, la stampa deve occuparsene. Lo fa Stefano Casi per Repubblica/Bologna, scrivendo di "buontemponi" e di "giochino d'estate". Vale la pena riprodurlo per intero.

Titolo: "Così colpisce l'orrorista".

"Frattaglia selvaggia: è il giochino dell'estate. Ci si procura interiora animali dal macellaio, si abbandonano in un angolo della città accanto a scritte misteriose, e ci si nasconde "per vedere di nascosto l'effetto che fa", come direbbe Enzo Jannacci. Così fanno gli "orroristi", i terroristi dell'horror.
Scherzi macabri o capolavori artistici? Il dubbio è legittimo, ma il disgusto rimane immutato. ne sanno qualcosa i frequentatori dei Giardini Margherita che hanno trovato resti animali accompagnati dal misterioso slogan "Novosibirsk brucia". Il reperto dei Giardini Margherita è stato portato all'Istituto di medicina legale, dove il dott. Romanelli sta stilando il suo referto: "È un cuore animale, forse di maiale - ci spiega - tutto avvolto da un filo di nylon. È sicuramente uno scherzo".
Uno scherzo che però potrebbe rivelarsi pericoloso. All'Ufficio controllo del territorio ammettono di essere stati presi un pò in contropiede dallo strano episodio: "Stiamo aspettando il referto del medico legale e poi valuteremo quali reati saranno stati commessi". Procurato allarme? Collocamento pericoloso di cose che "possono offendere o imbrattare o molestare persone", come recita il codice penale? Vedremo.

Intanto il dibattito sull'identità dei misteriosi buontemponi si allarga e si complica. Soprattutto per la presenza sempre più massiccia di frattaglie e resti animali negli eventi artistici di questi ultimi anni. Anzi, di questi ultimi mesi. Alla fine di maggio, per esempio, Riccardo Paccosi si esibì in una performance politico-splatter in mezzo a Via Indipendenza, in cui faceva fuoriuscire viscere animali dalla giacca. Mentre nella provincia reggiana i Pericolo Giallo fanno azioni di strada ironicamente "cruente": nell'ultima, per esempio, un Babbo Natale frustato da una "fatalona", viene sbudellato con gran spargimento di intestini e fegatelli. "Il nostro lavoro è legato al discorso sul rapporto politico fra esteriorità e interiorità" spiega Fausto Franchi, richiamandosi a esperienze artistiche come Fluxus, Nitsch e la body-art. Proprio mentre l'Italia batteva la Bulgaria sul campo del Giants' Stadium, i Pericolo Giallo hanno riproposto la loro performance natalizio-viscerale nel giardino di Villa delle Rose all'interno della programmazione di "Bologna sogna", l'estate bolognese a cura dell'Assessorato alla cultura. Una curiosa coincidenza con la frattaglio-mania che attanaglia la città, in questi giorni, e che ha ricordato il "giallo" - più simpatico a dir la verità - di alcune estati fa, quando sui muri bolognesi apparve il disegno infantile di un'ochetta in corsa.
Quel disegno era in realtà l'intervento estetico di una coppia assurta poi agli onori della cronaca artistica in mostre di prestigio: Cuoghi e Corsello.
La mania delle frattaglie, nel frattempo, ha mosso altri buontemponi a uno strano tipo di imitazione. Anziché "agire", come Paccosi o i Pericolo Giallo, preferiscono scrivere di scherzi macabri inesistenti. Sperando di entrare a far parte di una leggenda metropolitana che, tuttavia, ha inquietanti riscontri con la cronaca. Come funziona?
Semplice: basta raccontare uno scherzo, recuperandolo dalla memoria di fan non cresciuto di horror-manga o splatter-fanzine, e si spedisce il messaggio. Per via telematica, creando scompiglio nelle reti di comunicazione. Oppure per posta, naturalmente non scrivendo il proprio nome, ma quello di un altro (meglio se di persona defunta), oppure usando la carta intestata di una ditta ignara, come è successo con una azienda tessile alle porte di San Lazzaro che, trovatasi ieri in questa imbarazzante situazione, sporgerà denuncia contro ignoti" (6).

Ma, oltre alle macchinazioni (semplice scrivere una lettera sdegnata ad un quotidiano, basta utilizzare il lessico standard dei lettori abituali) per condurre alla notizia, l'ultima lettera qui riprodotta a firma "Graziella Calzolari" suggeriva qualcosa di più e cioè il primo passo verso un significato culturale dei fatti, così che i "persuasi" mostrano immediatamente una identità di persuasori della persuasione.
Casi, che è persona attenta, non sottovaluta gli indizi e proprio per questo fa il gioco dei Giocatori, coinvolgendo il critico d'arte Renato Barilli:

"E se fosse veramente arte? "È ancora prematuro parlarne", risponde Renato Barilli, attento studioso delle nuove tendenze artistiche. "Per il momento - prosegue - sembrerebbero solo scherzi di pessimo gusto, senza niente di estetico né di anti-estetico. Ma dobbiamo attendere per capire se i ritrovamenti di frattaglie sono casuali o rispondono a una strategia". Quel che è certo è che Bologna e l'Emilia Romagna sono tradizionalmente al centro di eventi artistici che comportano - letteralmente - spargimento di sangue e interiora. Proprio grazie a Barilli, si consumò a Bologna, in Santa Lucia, nel giugno 1977, uno degli eventi più importanti della body-art degli anni settanta, all'interno della celebre "Settimana della performance" organizzata dalla Galleria d'arte moderna. L'artista era Herman Nitsch, che rovesciò sui corpi nudi di alcuni volontari quintali di sangue e budella animali. Un evento choc che fece conoscere un'intera area geografico-artistica di cui venne data una documentazione "inquietante" in una mostra sull'arte austriaca a Bologna pochi anni fa. Anche in ambito teatrale sono emerse tensioni in questo senso, a cominciare dal controverso spettacolo, ambientato in un macello durante l'uccisione di un cavallo, realizzato dai Magazzini Criminali al festival di Santarcangelo di dieci anni fa. Per continuare con le opere della cesenate Societas Raffaello Sanzio, il cui ultimo spettacolo, "Lucifero", porta in scena quarti di bue appesi agli uncini e teste mozzate di agnelli" (7).

 

Tutta la faccenda comincia a farsi avvincente, se si tien conto che il giorno precedente l'uscita del pezzo di Casi, lo stesso giornale pubblicava - sempre con grande risalto - un servizio di Benedetta Cucci che ampliava i significati culturali dell'evento, avvicinandosi ai diretti responsabili. A parte alcune sviste, delle quali non è responsabile perché sibilate dagli interlocutori, la Cucci "zuma" ed ospita le loro voci che contengono ancora piccoli e trascurabili depistaggi:

"(...) c'è una sapiente regia per questa estate splatter. Scavi un pò e scopri che il gioco è condotto da un gruppo di persone che si sono conosciute via computer e modem. Lì, nelle incosistenti reti telematiche, hanno preso vita gli happening che hanno movimentato la vita cittadina. Michele Serra, dalle pagine di Cuore, li definisce "orroristi" e a loro, che non vogliono svelare la propria identità individuale, il termine va benissimo, anche perché non ne hanno cercato un altro per classificarsi. L'unica cosa certa, di questo gruppo formato per lo più da studenti di farmacia, ingegneria, agraria o medicina ma anche da operai, è che, dopo l'episodio pubblico di via Indipendenza e una lettera scritta da una falsa passante sull'accaduto, il gioco è sfuggito di mano a chi l'ha iniziato. Le altre lettere, come l'episodio dei Giardini Margherita, non sono opera loro. "Il cuore trovato ai Giardini è stata una sorpresa anche per noi - racconta James Ellroy (pseudonomo letterario), venticinquenne veneto, studente di lettere all'Università di Bologna e grande appassionato di teatro e romanzi polizieschi- magari si tratta di qualcuno che vuole mandarci dei messaggi, vuole mettersi in contatto con noi, oppure è solo uno sberleffo per i Cattolici popolari che stanno facendo l'Happening dei giovani. Chi lo sa! E comunque, tutte le altre lettere pubblicate dai giornali, potrebbero essere false oppure verissime, come falso o vero può essere l'accaduto. È difficile capirlo. Noi non ci diciamo mai quello che facciamo, ma sappiamo benissimo quello che non facciamo. Pare proprio che altri ci abbiano imitato".

Il progetto che sta alla base dell'intero gioco è nato dopo una fitta conversazione sul cinema splatter in un'osteria bolognese; e sarebbe semplicemente la voglia di "creare spaesamenti in città", parla ancora Ellroy, "innescare istanti in cui la gente si pone delle domande, si mette a riflettere su quel momento particolare della sua vita. Si accorge di stare vivendo. Solitamente, quando una persona cammina per strada, non è altro che un'unità di circolazione. Fa le vasche, vive di automatismi".
Gli affezionati della frattaglia non amano definirsi, ma certo richiamano alla mente le gesta dei "situazionisti" degli anni cinquanta e sessanta. Somiglianza suggerita da Helena Velena, "hackeratrice culturale e sociale" come lei si definisce, da sempre "situazionista", facendo riferimento ad attività telematiche devianti e destabilizzatrici. "I situazionisti, nella Parigi degli anni cinquanta, creavano eventi per vedere se era possibile creare immaginario, suscitare reazioni. E lo facevano per allargare la visione della realtà. Facevano anche della psicogeografia, ovvero davano vita alle situazioni, nei diversi distretti della città e studiavano gli sbalzi d'umore da zona a zona. Ed è quello che stanno facendo questi orroristi, o forse proprio neosituazionisti".
Ma il club misterioso a tutto ciò non replica. Sfugge alle gabbie delle definizioni, vuole restare solo un gruppo di persone, al di fuori di schemi generazionali, con anche una gran passione per il teatro. E infatti hanno apprezzato molto chi li ha paragonati al gruppo teatrale "Magazzini criminali" o, Michele Serra che parla di "frequentatori di scuole di animazione teatrale". Tutto molto sofisticato, d'accordo. Ma se capitasse al prode Ellroy, di trovarsi sul cofano una scodellata di budella fumanti? "Mi incazzerei. Ma ne sarei anche contento. Sono fiero delle mie emozioni" (8).

Il servizio di Benedetta Cucci contiene un richiamo in due righe e la riproduzione della copertina di un libro. Vero e proprio input per quanti avessero voluto capire.

Mentre scrivo vengo preso da un dubbio di scorrettezza nei confronti di colleghi più autorevoli: come un pormi "sopra" non intenzionale. Alla fin fine, seppure avvantaggiato dalla riflessione che un periodico (rispetto al quotidiano) consente, ero anch'io partecipe di un sistema-mediatico-bersaglio. Il secondo vantaggio era dato dalla mia attenzione agli antagonismi. Ben lontano dal cattivo gusto dell'auto-citazione, dò quindi conto di quanto scrissi di quel libro: "Transmaniacalità e Situazionauti" di Roberto Bui (9). Passaggio necessario per comprendere l'evoluzione progettuale Luther Blisset:

"(...) Nel tempo delle "autostrade" telematiche, il movimento cyberpunk comprese non soltanto l'urgenza di uno spostamento del Luogo del contendere, ma che la partita mortale contro la nuova oppressione si giocava a partire dall'informatica. I sistemi avanzati erano i terminali e il cervello era il Grande Computer, magazzino di dati contenenti estratti di ogni singolo individuo, fino alla direzione automatica di "memorie" strategiche militari - eteroconduzione di movimenti bancari concatenati sul piano mondiale e - più avanti - la sua stessa capacità di controllo sull'elaborazione dei dati acquisiti in un onnivoro aggiornamento difeso in canali informatici inaccessibili. La condizione dell'uomo, dunque, veniva affidata al Meccanismo "perfetto", scavalcando così la metodologia e lo stesso significato tradizionale di politica. I cyberpunks seguono l'evoluzione del Dominio evolvendo di pari passo nella ri-definizione dei linguaggi e negli strumenti dello scontro. Ed ecco che avanza dopo un lungo sopore, un non-movimento, un "coagulo, un laboratorio diffuso e policentrico, dove si forgino sempre nuove e diverse armi"; la Transmaniacalità, elaborazione urbana di resistenza e guerriglia, in qualche modo ancora "umanistica", e che utilizza le strade telematiche, l'etere per un Network di Contrapposizione Globale, simulazioni e spostamenti dei sensi logici convenzionali fomentando eventi "caotici" incontrollabili. Così la transmaniacalità è il vento intelligente che ipotizza l'inadeguatezza (metodologica) e il superamento di strumenti di lotta obsoleti della sinistra estrema che invece oppone una critica "pragmatica" alla nuova "utopia".

Scrive Pina D'Aria nella breve e appassionata postfazione al libro di Bui:

"I surrazionali, i situazionauti, i transmaniaci (...) non realizzano identità, in quanto schegge, tramortiscono la Lingua sfiancandone i muscoli e le ideologie, emanazione del codice, che assume anche la carica del fallimento e si rinnova e si rioriginalizza con la forza non già della ripetizione, bensì della memoria, la quale permea la pelle di radicalismi e nazionalismo e giammai di critica e radicalità. A voler significare questo passaggio, affermo : non è l'immaginazione su postazioni di difesa, non sono le visioni, di morte e di liberazione dal Tiranno che ci entusiasmano, ma il gioco iperistruttivo e maniacale della presenza che si percepisce e pervertisce; sgomina le turbe proposte dal Manicomio e le supera in piazza senza cortei, piagnistei e baruffe..."

Ho parlato e discusso con Roberto Bui volendo evitare una recensione al suo libro (L'ho scritto materialmente io, ma è stato partorito collettivamente"), che nella fattispecie trovavo inadeguata. Quando ci siamo incontrati c'erano anche Aldo Vignocchi ("Cavalla Cavalla"), Cristian e Cristiano. Riporto, dandola come unica voce (collettiva) parte della discussione, basata sulla trascrizione di oltre un'ora di registrazione:

1. "All'inizio è nato il collettivo Transmania. Avevamo già fondato la rete telematica nel '92, stavamo cominciando Radio K e già da anni esistevano i Cavalla Cavalla e la derivazione Dribale Tcnica. All'incrociarsi di queste esperienze ci dicemmo che dovevamo forzare i media che avevamo costruito nella maniera più radicale possibile".

2. "Il libro proviene anche da una sedimentazione dei concetti radicali degli ultimi decenni. A sinistra si pensa che il potere tenti di sradicare gli individui o ripararli dell'identità, mentre la strategia è quella di imporre identità prefabbricate, fittizie a cui agganciarti da tutti i punti di vista. Un esempio è la "negritudine" che non è altro che un modello costruito, alternativo di consumatore. Anche il rapper è un altro modello di consumatore e intanto la nostra incapacità di muoverci in maniera fluida in questo spazio liscio della città, perché si cerca di costruire, per la propria sicurezza una nuova identità, un nuovo corrugamento che impedisce percorsi levigati come dovrebbe un transmaniaco. Lo spazio fisico e percettivo viene completamente livellato dal capitale con produzioni di concetti e immagini".

3. "La differenza tra noi e il movimento cyberpunk sta nel nostro non voler costruire isole o spazi di agibilità fisica recitanti utopicamente nell'etere o nei centri sociali. Noi vogliamo saccheggiare il valore degli spazi altrui (lo spazio pubblico), per mostrare che sono possibili altri spazi non fissati, ma da attraversare come fomentatori anonimi di caos".

4. "La transmaniacalità non è né clandestina né spettacolare, rompe la dialettica fra queste due dimensioni. È vero, la dimensione del rischio non si può rimuovere: è come quando comunico, la mia parola la scambio, la perdo, la dono. E siamo consapevoli che non c'è azione o linguaggio che non sia recuperabile dal potere. La scommessa è giocare col rischio..."

5. All'INTERZONA diamo un diverso significato da quello di Burroughs. Essa è quella zona che sta tra l'anticipazione critica e sovversiva che è appena avvenuta ma che non è stata ancora del tutto recuperata. In quell'attimo (o Interzona) cerchiamo di incunearci per ritardare l'anticipazione critica e poi, vista l'inevitabilità del recupero o della repressione, cercare - nell'ultima frazione di secondo - di scartare e creare un'altra Interzona".

 

(...) Spento il registratore, mi sorgono seri dubbi circa l'intelligibilità, non degli interventi, ma della veicolazione che io ne ho dato.
Cerco nel testo di Bui i momenti "chiari"/definitivi":

La Transmaniacalità non è un riferimento organizzativo né perimetra un ennesimo racket militante (...)

Situazionautica "(navigare sulle e nelle situazioni) e questo "aggredire" (Transmaniacalità) (...) (che) fa leva sulla corporeità insurrezionale, inseguendo il "negativo" (la noia, il controllo sociale...)"

La Transmaniacalità (...) "non è che il movimento cosciente e irrequieto dei corpi, la deriva identitaria dentro e contro la microfisica del potere..."

La Memoria "può essere usata come arma, ma dev'essere abbandonata quando sta per diventare feticcio, quando sta per diventare dominio. Procedere oltre e contro la memoria non significa scordare gli insegnamenti dei precedenti cicli di lotte..."(...) (10).

 

Il compendio dell'idea transmaniaca di Bui aveva un percorso antecedente lungo almeno due anni. A Bologna Radio K. Centrale emetteva una trasmissione (TRANSMANIACON) che diventerà Fanzine "in attesa di repressione" nell'aprile del 93. È qui che si rintrecciano i primi segni evidenti di quanto più avanti, verrà elaborato col confronto tra le diverse menti che attorno al pensiero-base confluiscono:

" (...) liberare il linguaggio, usarlo per produrre eventi, ed usare gli eventi per creare un nuovo linguaggio.

(...) L'unico modo di sovvertire i codici è tendere alla separatezza, costruire eventi-ambienti, (...) situazioni. Un nostro compagno, Riccardo, usa l'espressione "autodeterminazione ambientale". Dice che non c'è un ecosistema da salvare, c'è caso mai un ecosistema da distruggere (11).

Con "Ecosistema" s'intende naturalmente anche il Codice, il sistema dei segni e dell'informazione. Non ci interessa una scienza dell'informazione, ma una scienza del suo sabotaggio, un'anticibernetica transmaniaca.

Cosa significa esattamente "transmaniaco"? . E cosa significa "situazionauta"?

Sono quasi due sinonimi: Transmaniaco è chi opera per produrre eventi, per estrarli col forcipe dall'intrigo di pseudoeventi in cui ci costringe la sopravvivenza quotidiana. Abbiamo ripetuto più volte che questa parola è tratta da un romanzo di fantascienza di John Shirley (12).

È spesso questa fiction "negativa" a ispirarci, questa narrativa d'anticipazione, cinica, corrosiva... Essere transmaniaci significa precipitarsi dentro l'interzona (13) per rendere più difficile il recupero, per scompigliare tutto; ma significa anche provocare, dissestare la quotidianità...(...)

Situazionauta, come dice la parola, è chi naviga nelle situazioni, chi le attraversa e le squarcia. Parlo delle situazioni costruite dal potere, non di quelle costruite da noi, che hanno un ben diverso valore, di riappropazione della vita.

(...) Lo spettacolo è un sistema di simulacri che non sono né veri né falsi: hanno la loro verità ed hanno la loro menzogna. Con questo voglio dire che è inefficace l' "assalto frontale", lo scontro molare con le "falsificazioni" dei media. Occorre immergersi nel vortice, imparare a sabotare in modo fluido i codici dominanti, nel modo più fluido possibile, e più imprevedibile. Altrimenti esprimeremo solo miseria e sconforto, perché loro hanno indubbiamente mezzi più potenti, apparentemente monolitici ma in realtà elastici, adatti a tutte le dimensioni dello scontro, a quelle locali, molecolari, e a quella generale, molare"... (14)

 

Mentre il pensiero transmaniaco comincia la difficoltosa ascesa verso l'Attenzione, nel multispazionismo dell'underground antagonista, da Radio Città del Capo e dal suo palinsesto (ancora Bologna, ma ormai alla vigilia di ramificazioni internazionali), deborda (15) una trasmissione dall'identità irregolare: "Il Puttanoroscopo" (16). "Un delirio estetico-radiofonico". Un debordare appunto, di provocazioni talora al di là del consentito.
Un contenitore sopraffatto dai propri contenuti, una peregrinazione dissociante di citazioni, assemblages, musiche musichette e musicacce, stratagemmi tecnici. Senza un centro, come una serrata sequenza di segmenti autonomi che soltanto la 'costrizione' in uno spazio temporale radiofonico ne permetteva l'identificazione.
Più avanti "Il Puttanoroscopo" troverà un remixaggio intuitivo e poi finalizzato nella trasmissione "Luther Blisset".
Intanto sul finire del '93 un gruppo di giovani "non omologabili" produce "River Phoenix", "la Inufficiale Fanzine della NO Generation", che si autopresenta così:

"Non è per creare miti. Noi, purtroppo o per fortuna, non abbiamo nessun mito. Noi siamo la generazione alla quale la mitologia è stata negata del tutto (se si esclude qualche palliativo cantante pop...).
E non è nemmeno per sfruttare la pubblicità post mortem di un attore già poco noto e che comunque tra qualche mese avranno dimenticato tutti quanti.
River Phoenix perché è un esempio paradigmatico di questo decennio senza storia, di una generazione chiusa tra le cause ecologiste per i ricchi che possono permettersele e una gamma sempre più vasta di droghe e di felicità sintetiche.
'River' come 'paradosso'; 'River' come 'contraddizione' dei 90's che avanzano col loro carico di sensata assurdità e logica distorta. Non ci sentiamo "belli e dannati" (James Dean era già morto da un pezzo quando siamo arrivati noi), ma chiusi tutti quanti nel 'nostro privato Idaho', nella cella delle nostre paranoie e inestricabili storue 'personali' e della libertà di non fare niente.
Vorremmo cercare di segare le sbarre prima che i capelli ci diventino bianchi e ci si abitui ai ritmi biologici della prigione; o prima di morire su un marciapiede sudicio senza che nessuno muova un dito per aiutarci.
E sia chiaro che lo facciamo per noi stessi... Perché non vogliamo ingoiare le loro pillole di gioia artificiale né essere quelli che passano e lasciano crepare la gente per strada. Noi rivendichiamo il nostro diritto a essere 'altro' da tutto questo.
Vogliamo riappropriarci del nostro futuro, della nostra speranza, della nostra vita" (17)

Con tratteggi rivoluzionari, ambigui, "horrorifici", neointellettuali e ludici, la Confusa Figura è ora un soffocato battere di zoccoli, per l'orecchio poggiato a terra dell'indiano che ausculta l'arrivo dei suoi.
La Figura ha un nome come una eco il cui suono da molti punti torna, sempre uguale.
È un evento o è il solito Silenzio Affollato, per le Grandi Orecchie del Potere-Controllo Quotidiano.
È quello. È questo. È altro.

 

 

NOTE

(1) "Ballad of a thin man" (1965).

(2) Carlino-Bologna, 31.5.1994.

(3) Op. cit., :"Quei reperti maleodoranti sotto i sedili dell'autobus", 18.6.1994.

(4) "Scherzi di pessimo gusto" La Repubblica -Bologna, 18.6.1994.

(5) Op. cit., 29.6.1994.

(6) Op. cit., 15.7.1994.

(7) Ibid., finestrella aperta a pié d'articolo, col titolo "Nostri attori dei macelli"

(8) "Che horror, l'arte dalle interiora", 14.7.1994.

(9) Synergon, febbraio 1994

(10) G. Centi, Nuovi antagonismi - L'insurrezione transmaniaca, Mongolfiera n. 122, del 24.6.1994

(11) Riccardo Paccosi: attore teatrale fondatore della Compagnia Pneumatica e organizzatore degli stage di Teatro Situazionautico Luther Blissett, già autore e interprete di fiato (adattamento di un testo di Edgar Allan Poe) e di uno Studio sull'Apocalisse di Giovanni. Non si contano le denunce a suo carico per procurato allarme e resistenza a pubblico ufficiale.

(12) J. Shirley, Transmaniacon, Mondadori/Urania, 1979

(13) Interzona: Termine coniato da William Burroughs nel 1954 nel corso della tormentata stesura di "Naked Lunch" (trad.it.: Il pasto nudo, Sugar, 1964) pubblicato in Francia nel 1959. Proprio "Interzone" fu il primo dei titoli pensati per questo che è uno dei libri più grandi e criptici del '900.

(14) Roberto Bui, "Chi sono gli 'amici del popolo' e perché lottano contro i situazionisti". Intervento costruito a mo' di intervista, con lo pseudonimo di "Mastro Ciliegia", Transmaniacon, febbraio 1983.

(15) Deborda:: qui nell'accezione di "Uscir fuori" riferito a Guy Debord per vaghi paralleli utopici e soprattutto in riferimento al personaggio Debord sulla sua ultima fase "schizoide".

(16) In origine titolo di una poesia di Samuel Beckett: "Whoroscope", in Poesie in inglese, Einaudi, 1964.

Asterisco. * Questa trasmissione è collegata ad un'altra ("La merenda Uruguagia")

(17) Testo redazionale/Collettivo, N.O, nov. 1993.

 

 

IV
MR. LUTHER BLISSETT

 

"C'è qui un problema filosofico piuttosto complesso che non starò a discutere, ma fra tutte le possibili combinazioni di lettere che si possono dare si trovano quelle che compongono, per così dire, i veri nomi di Dio. (...) Circa nove miliardi..."

Artur C. Clarke (1)

 

"Ascoltate questa storia. Dopo lo stupore iniziale verrà voglia anche a voi d'imbracciare il "fucile della cultura" e seguire l'esempio di questo strano personaggio, di 33 anni, che sta facendo perdere la testa a ispettori, poliziotti, uomini politici, intellettuali del potere dell'ultra-tradizionale Inghilterra.
Nato a Brighton (UK) nel 1961, Luther Blissett è un esponente di spicco della Mail Arte della Neoist Cultural Conspiracy, conosciuto in molti paesi. Il suo nome è "plagiato" da quello di un calciatore nero del Watford, capocannoniere del campionato inglese nell'edizione 1982-83 (protagonista anche di una sfortunata stagione nel Milan appena ri-promosso in serie A), stagione '83-'84.
Attivo sin dalla fine degli anni Settanta col suo vero nome (Harry Kipper), Luther Blissett attira l'attenzione della stampa popolare inglese nel 1981, con la performance English Roundabout, a cui si ispirerà il gruppo pop degli XTC per l'omonima canzone dall'album English Settlement, 1982; travestito da Bobby, Luther Blissett si piazza al centro di un incrocio molto trafficato a Tower Hamlets, East London, e inizia a impartire agli automobilisti direttive sconcertanti, finendo per provocare un colossale ingorgo e dileguandosi prima del (probabile) linciaggio. Nei giorni successivi i Tabloids strillano "Chi era il falso Bobby?", finché Luther Blissett non rilascia a The Sun un'intervista in cui annuncia "street guerrilla acts" e si richiama alle teorie dell'Internazionale Situazionista.
Nel 1984 la sua performance The Neoist Guide Dog sconvolge Glasgow: tenuto al guinzaglio da un'amica non-vedente, Luther Blissett cammina a quattro zampe e sale sugli autobus.
Quando un ispettore, più sconvolto che incollerito, vuole fargli la multa perché privo di biglietto, i passeggeri - benché attoniti - lo difendono gridando: "I cani per ciechi non pagano la corsa!".
Nel 1985 Luther Blissett s'intrufola nel furgone di un'agenzia d'affissioni di Lancaster e sostituisce ai manifesti pubblicitari della Pepsi manifesti quasi uguali...Gli ignari attacchini tappezzano la contea con lo slogan "The choice of a new de-generation", che in breve farà il giro del mondo.
Nel 1988, ispirati dal suo romanzo Pure Mania (una discussa apologia delle bande skinhead della capitale), alcuni teenagers del gruppo anarchico Up Against The Wall diffondono volantini in cui il volto di Margareth Thatcher è sovrapposto a quello di una malata di linfosarcoma della mammella, mentre in un riquadro al leader laburista Neil Kinnock viene fatto esclamare: "Smash England!" . Segue un'ondata di arresti e denunce che coinvolge anche Blissett (ritenuto il "grande vecchio" dell'operazione) e il tabloid di ultrasinistra Class War, che aveva ripubblicato il volantino. Luther Blissett viene assolto ma da quel momento Scotland Yard cerca di coinvolgerlo in qualsiasi cosa accada a Londra e dintorni (contestazioni, sommosse, sabotaggi, scandali, persino affissioni abusive ecc.).
Una vera e propria persecuzione che costa a Blissett alcune commissioni da parte di gallerie o enti pubblici, e che ha il suo culmine all'inizio di maggio 1994, quando un ispettore troppo zelante accenna alla stampa del presunto coinvolgimento "di un artista d'avanguardia residente nel Leicestershire" nell'attentato bombarolo di Bishopsgate, rivendicato dall'IRA.
Non ne segue alcuna incriminazione formale, ma Blissett decide un paradossale contrattacco: trasforma il proprio nome d'arte in uno pseudonimo collettivo internazionale. "Luther Blissett" diviene un personaggio "aperto", ridefinibile, a patto che chiunque in ogni parte del mondo usi quel nome per "firmare" le proprie performances, opere d'arte, contestazioni, rivolte, scandali, boicottaggi, fanzines, lettere ai giornali...Lo scopo ultimo è creare una mitologia dell'improbabile e dell'ubiquo e creare situazioni al cui interno non esista responsabilità individuale. Recentemente sono apparsi dei Luther Blissett in Scandinavia, Olanda, Belgio, Repubblica Ceca, Ungheria, Egitto, Portogallo e Canada. Il nome si propaga attraverso il network della Mail Art e per vie telematiche. In Italia qualcuno inizia a raccogliere l'invito, e si spera che i Luther Blissett cartacei, radiofonici, telematici, musicali, "politici" spuntino come funghi. Non c'è alcuna condizione né limitazione all'uso del nome collettivo. Non è necessario iscriversi a niente né avvisare nessuno.

 

"JOIN THE LUTHER BLISSETT PROJECT"

 

"Per ulteriori informazioni:

THE LUTHER BLISSETT PROJECT
PO Box 4, Syston, Leicestshire LE7 43D
(United Kingdom)

LUTHER BLISSET
N. Maesstraat 70 - 1071 RC Amsterdam
(Holland)

LUTHER BLISSET
Boterstraat 43 - 2811 Hombeek (Belgium)

LUTHER BLISSET
c/o Radio K Centrale, via Azzogardino 23,
40122 Bologna" (2)

 

L'estate del '94 stava spirando e il "giochino dei buontemponi" anche.
Iniziava a diffondersi la leggenda metropolitana del Nome Multiplo e delle sua gesta. Non si trattava più di un fatto bolognese, ma di una piccola epidemia europea, già cominciata mesi prima, i contorni la cui estensione ignoriamo. Enfatizzati o minimizzati. Una leggenda è suppletiva in quanto tale, sfugge alle indagini, alla conta.
Dalla documentazione interna del Progetto questo è quanto risulta nel settembre del '94:

"Attualmente hanno aderito al progetto di nome collettivo "Luther Blissett" decine di mail-artisi, riviste underground, poeti, performers e collettivi di squatters di alcune tra le principali metropoli europee. Molti, come è giusto, hanno aderito senza "dichiararsi", invisibilmente; quindi il breve resoconto che segue è, per forza di cose, parziale. Il nome "Luther Blissett" è comparso anche nelle rivendicazioni di alcuni sabotaggi l u d i c i in Norvegia e in Finlandia.Il 24 e 25 luglio nell'Antica piazza Kauppatori di Turku (Finlandia) si è svolto il XVI° Festival delle arti intitolato al poeta nazionale Elias Lonnrot (1802-1884). Nei giorni precedenti, anonimi hanno distribuito ai giovani del luogo e agli immigrati russi e ucraini falsi biglietti omaggio,in cui si annunciavano spogliarelli e birra gratis. Migliaia di persone si sono accalcate alle transenne e, di fronte al diniego dell'organizzazione hanno travolto il cordone di polizia e invaso la piazza trasformando il Lonnrot Festival in un evento gratuito. La diffusione dei biglietti falsi è stata rivendicata da Luther Blissett. In Gran Bretagna, il nome di Blissett è usato a scopo di agitazione da FELLAPIO JONS & JONES & THE SKINHEAD SQUAD (BM Senior, London WC 1N 3XX, United Kingdom), che la polizia metropolitana accusa di avere diffuso un falso numero "Spotlight", organo settimanale del fascista British National Party, allo scopo di creare turbolenza e radicalizzare lo scontro ideologico nella capitale. A firma "Luther Blissett" circola anche un opuscolo dal titolo "Marx Christ and Satan United in Struggle". L'indirizzo di riferimento per la Cornovaglia, dove il progetto Blissett è contaminato da riti finto-sciamanici e cultura pseudo-druidica, è: Luther Blissett, c/o P.H. McClure, Lanlovey, Budnik Estate - Perrance Porth, Cornwall TR6 ODB, United Kingdom. Il neoista ungherese Andres Voith (PFS - 4004 Debrecen, Hungary) ha organizzato una CAMPAGNA PER LA LIBERAZIONE DI LUTHER BLISSETT spacciando quest'ultimo per un detenuto politico statunitense. Voith ha talmente agitato le acque da ottennere interrogazioni parlamentari e la creazione di "comitati di solidarietà a Luther Blissett" in quasi tutto il paese. Quando poche settimane fa Voith ha rivelato che si trattava di un falso, nessuno ha reagito male, e alcuni comitati hanno deciso di non sciogliersi e di proseguire un'attività antirazzista e di solidarietà internazionale. Pare anche che in Europa stia circolando uno strano ciclostilato con un folle "carteggio d'amore" (?) in francese tra Luther Blissett e un'anonima signora che, con nomi appena mascherati, coinvolge illustri parlamentari in orge S-M e Hard-Gore. Sembra che l'inglese AK PRESS (22 Lutton Place, Edinburgh EH8 9PE, Scotland, UK) stia per pubblicare in inglese questo misterioso testo" (3).

 

È tempo di mostrare - senza mediazioni - l'humus culturale, la visione operativa, la ragionevole irragionevolezza di tutta questa faccenda:

"Quando qualcuno afferma che, di fronte alla tirannia nihilistica dello spettacolo, "una soluzione potrebbe essere quella di spararle ancora più grosse, grossissime, nella speranza che in questo vortice di panzane si verifichi un corto circuito della comunicazione, e il mondo virtuale torni a lasciare spazio a quello reale",1 non dice in realtà nulla di nuovo. La stessa critica radicale all'ordine del mondo, nonché la possibilità di esercitarla, ci è stata garantita dai furfanti e dai buffoni di ieri, dai pirati "plagiaristi" dei secoli passati. Nel medioevo il conflitto era analogo a quello odierno: alla Lingua dei poteri costituiti (lingua come Legge, Codice e identità), allo Stato (non a caso il participo passato dell'Essere, un tentativo di fermare un divenire), si opponevano le parole dello spiazzamento, i retrovirus della parodia, del plagio e della menzogna di resistenza che rimettevano in movimento la lingua vanificandone le codificazioni autoritarie. Fuori della "strada maestra" dell'alto romanzo cavalleresco, i generi epici minori (satire, canzonacce da trivio, preghiere blasfeme), praticati da saltimbanchi, vagabondi e malfattori, salvarono la contaminazione e la pluridiscorsività (l'attraversarsi e "scavarsi" reciproco delle lingue di tutte le professioni, i ceti e le classi). Il Gargantua e Pantagruel di Rabelais (XVI secolo) deve a questa pratica dell' "allegro inganno" 2 la sua radicalità e carica sovversiva, che consiste nello "spezzare tutti i falsi legami gerarchici tra le cose e le idee, distruggere tutti gli strati ideali divisori tra di loro. E necessario liberare tutte le cose, permettere loro di entrare in libere unioni, proprie della loro natura, per quanto bizzarre queste unioni sembrino dal punto di vista dei legami tradizionali consueti. È necessario dare alle cose la possibilità di stare in contatto nella loro viva corporeità e nella loro varietà qualitativa. È necessario creare tra le cose e le idee nuovi vicinati che rispondano alla loro effettiva natura, porre accanto e unire ciò che è stato fallacemente diviso e allontanato e disgiungere ciò che è stato fallacemente avvicinato"3. A monte, c'è uno "scetticismo radicale nella valutazione della parola diretta e di ogni serietà diretta, confinante con la negazione della possibilità di una parola diretta non falsa" (4) . Rabelais, Villon e i loro anonimi predecessori non puntano i piedi cercando di spingere a forza la propria Verità nel mondo della menzogna diffusa, ma "circuiscono" la verità ufficiale, la smembrano dall'interno spingendo la sua logica fino al paradossale e al grottesco. Oggi, assai similmente, si tratta di vanificare la stesura di una costituzione materiale in cui la comunicazione e l'intelligenza collettiva sono direttamente messe al lavoro per perpetuare un ordine societario basato sullo sfruttamento e sull'ecocidio.

La lotta è ancora contro il Codice, per creare attraverso l' "allegro inganno" nuovi vicinati tra le cose (mettere in rete le diverse soggettività) e spezzare i vecchi legami gerarchici. Come François Rabelais, con la sua opera, rese evidente che il medioevo era finito e che nuovi rapporti sociali si stavano affermando contro la forza inerziale del vecchio mondo, così noi dobbiamo rendere evidente che il lavoro salariato è divenuto superfluo, che la legge del valore non vale più, etc. Ma non basta "sperare in un corto circuito", non serve attendere catarchiche esplosioni: occorre invece costruire una scienza e una strategia dell'allegro inganno. Mi spiego: negli ultimi anni il movimento cyberpunk italiano (5) ha posto l'accento del dibattito teorico sul diritto all'informazione, sulla metafora dell'informazione come banca da scassinare in nome del pieno accesso ai dati e contro la loro segretezza. Giusto, ma la conferenza internazionale di Amsterdam sull'uso alternativo delle tecnologie (ICATA '89) aveva concluso che "ogni informazione è al contempo deformazione. Il diritto all'informazione è al contempo inseparabilmente legato al diritto alla deformazione, che appartiene al mondo intero (...). Bisognerebbe sovvertire i canali regolamentari e convenzionali grazie a détournements e a cambiamenti surrealisti degli avvenimenti al fine di produrre caos, rumore e spreco i quali, a loro volta, verranno considerati portatori di informazione" (6). L'uso paradossale e provocatorio del termine "diritto" permetteva di mettere in crisi il linguaggio liberale, un pò come quando si usa l'espressione "sfera pubblica non-statale". In effetti, squarciando l'orizzonte liberaldemocratico in cui si è inscritto il dibattito sull'info-glasnost nell'epoca dei cybermedia, alcune realtà hanno lavorato, anziché sui miti di "nuove frontiere", proprio sulle interferenze e sui "coni d'ombra" prodotti dalla crescita quantitativa dell'informazione, sui disturbi pscicochimici del corpo sociale e sulla necessaria provvisorietà dell'etica di chi furfante e/o buffone del XI secolo - naviga sulle correnti di dati. Ad esempio, in Italia, è il caso dei Transmaniaci, autori di numerosi e anonimi "allegri inganni" ai danni dei media, il cui collettivo si "suicidò" nel 1993 per poter meglio infiltrare i canali informativi, lasciando che la transmaniacalità viaggiasse senza transmaniaci. (7)

Nei meandri dell'informale NETWORK DEGLI EVENTI che queste équipes di sperimentatori vanno costruendo, si è teorizzato (e si va praticando) l'uso del multiple name, o nome colettivo. Si tratta di un efficace strumento per la guerriglia semiologica, fino a poco tempo fa utilizzato solo a fini artistici (o antiartistici, da Dada alla Mail Art via Fluxus). Sebbene ci fossero già stati esempi di nomi collettivi8, furono i Neoisti americani a perfezionarne l'uso. Il Neoismo era un movimento culturale influenzato dal futurismo, da Dada, da Fluxus e dalla Mail Art9. Tutti i neoisti si chiamavano Monty Cantsin, nome di una pop-star immaginaria (un'opera, più che "aperta", spalancata). Chiunque contattasse i neoisti era invitato a cambiare il proprio nome in Monty Cantsin, e ad incidere demo-tapes o cercare ingaggi nei locali come musicista. Si trattava di aggirare le gerarchie e i privilegi tipici dell'ambiente musicale, ridicolizzando le une e gli altri. Il nome di cantsin viaggiava e creava curiosità (Cantsin era un artista pressoché ubiquo, capace di esibirsi la stessa sera in tre località distantissime tra loro, e le sue incisioni testimoniavano di un'incredibile poliedricità). In seguito qualunque musicista, anche il più scalcagnato, poteva presentarsi a un promoter come Monty Cantsin, e col credito del multiple name (Monty Cantsin? Ma sì, ti ho già sentito nominare!") ottenere un ingaggio. Tra USA, Canada e Gran Bretagna, almeno un centinaio di persone usarono il nome collettivo tra il 1978 e il 1986, ma l'operazione non riuscì del tutto, lo strumento andava perfezionato10. Dopo la rottura tra i neoisti americani (troppo influenzati dal futurismo) e quelli britannici (che, grosso modo, si ispiravano a Fluxus e all'Internazionale Situazionista dei primi anni), fu la volta di Karen Eliot, artista virtuale. Nel Regno Unito, nella seconda metà degli anni '80, alcuni critici d'arte furono tratti in inganno dalla quantità e qualità di opere firmate dalla Eliot. Ma anche in questo caso si trattava di diverse decine di persone di ambo i sessi, che spesso senza conoscersi, tra loro usavano il multiple name. Si arrivò al punto che al "festival del plagiarismo" di Glasgow (1989), quasi tutte le opere, installazioni e performances erano di Karen Eliot.

Le potenzialità sovversive del multiple name non sono state sfruttate appieno fino all'avvio del Luther Blissett Project, nella primavera del 1994. Il nome collettivo, se usato fuori dalle piccole cerchie, lungo tutto il "bacino del lavoro immateriale", rappresenta una soluzione pratica ai problemi dell'identità, del rapporto tra singolarità e collettivo, della dialettica tra individuo e comunità. Tutti i discorsi di questi anni sulla necessità di una nomadologia, sulle "macchine di lotta" e sulla costruzione di situazioni si incarnano nella pratica del multiple name. Luther Blissett è un singolo, ma è anche una moltitudine: è soggettività decentrata e incompiuta che tende alla Gemeinwesen marxiana (letteralmente, la "comunanza"), e vi tende proprio in quanto singolarità. Luther Blissett, o chi per lui/lei, è la comunità dei differenti contenuta tutta in un solo molteplice "individuo" (Cfr. Nietzsche, "Umano, troppo umano"). In questo modo viene scalzata l'assurda centralità dell'Io, è la fine del teatro borghese. E poi c'è uno specchiarsi nel vorticoso divenire delle cose del mondo, l'essere un tutt'uno con il mutamento, perché il nome collettivo è uno strumento elastico che non incatena a nessuna appartenenza ("È un pò troppo così? Quando esagero ditemelo subito che mi metto il naso da clown!", Beppe Grillo, 1993). Blissett non è un artista come Cantsin ed Eliot: è un "terrorista culturale". Il Luther Blissett Project è stato avviato dal neoista inglese Harry Kipper11. Nel mondo cablato e interconnesso degli anni '90, il multiple name è potuto arrivare in poco tempo in molti paesi. Il "Luther Blissett Manifesto", diffuso per vie telematiche e postali, afferma che è oggi possibile "navigare nelle situazioni in maniera intermediale e inaspettata. La necessità è quella di infettare tutti i networks a cui sia possibile accedere, introducendo nell'immaginario collettivo codici e pratiche destabilizzanti (come false religioni, pseudoculti, parascienze e antifilosofie) e voci incontrollabili, così da provocare un gioioso malcontento, rivolta e guerra di classe. Luther Blissett emergerà come una sorta di 'grande vecchio' al centro di tutti i teoremi, i complotti, le cospirazioni e le leggende urbane". hanno già aderito al progetto decine di mail-artisti, riviste underground, poeti, operatori del virtuale, performers e collettivi di squatters di alcune tra le principali città europee e nordamericane. Pubblicazioni, video, sabotaggi, performances, manifestazioni, trasmissioni radiofoniche di e su Luther Blissett stanno diffondendo il multiple name in tutto il mondo. Anonimi hanno costruito al computer uno dei possibili volti di Blissett e lo hanno spedito nel cyberspazio, al fine di trasformarlo in una grande icona pop, come il Che Guevara di Korda o la Marilyn di Andy Warhol. L'evoluzione del progetto è del tutto imprevedibile. Luther Blissett sta agendo anche in Italia, ma la semplice elencazione delle (pur innumerevoli) situazioni costruite non renderebbe giustizia al clima di entusiasmo in cui procede questo "allegro inganno" transnazionale.

Nelle metropoli postfordiste (spazio reso liscio dal tempo reale, ma proprio per questo teatro di una guerra civile strisciante tra contrapposte identità), il multiple name assume le caratteristiche di una deriva fisica e semantica, psicogeografica. È inutile difendere le "città dei gitani" dall'irrompere di una Guardia Civil immateriale che "dove passa ordina silenzi di gomma oscura / e paure di fine arena". La Guardia Civil "passa, se vuole passare / e nasconde nella testa una vaga fisionomia / di pistole inconcrete" (Federico Garcia Lorca). Occorre toglierle l'erba sotto i piedi, scalzare i presupposti psicochimici del suo prosperare. Quando Luther Blissett si muove, è ben difficile che i media riconducano le sue azioni ad una interpretazione ufficiale, non si può imbrigliarlo né descriverlo nel suo divenire globale, perché è ubiquo/a, è "rapida anche da fermo", fà la linea e non il punto. È un wo/man-gemeinwesen. Nemmeno la brevettazione del multiple name (la sua trasformazione in trademark) garantirebbe il recupero di questa pratica, perché è una pratica incontrollabile e, perdìo, rizomatica (che importa se il termine è démodé?). In questo senso Luther Blissett rappresenta la potenza della comunicazione e dell'intelligenza collettiva".

 

 

NOTE

(1) "The Nine Billian Names of God", trad. it. : "I nove miliardi di nomi di Dio", Einaudi, 1959.

NOTA DELLA NOTA:

Nel simbolismo numerico il 9 (entità archetipa) suggerisce la morte e la rinascita . Nell'immaginario ebraico, il 9 rappresenta la verità. Essendo il quadrato di 3, si è utilizzato per rappresentare l'infinito . Ripetuto 6 volte (999.999) significherebbe conoscenza e sapienza. Nella mistica è la ricongiunzione dell'individuo al tutto. Nei sogni indicherebbe la fine di un ciclo e il cominciamento di un altro come suggerimento a proseguire oltre quanto si è raggiunto. (cfr. S. Foglia, i simboli del sogno, Newton Compton, 1994).

(2) Il quindicinale Mongolfiera è il primo a pubblicare in Italia questo documento.

Cfr.: Mongolfiera, n. 1 - nuova s. - 16.9.1994.

(3) L.B., "Situazione planetaria aggiornata al settembre 1994".

 

 

V
LA PROVA GENERALE

 

"Credo in tutte le mitologie, memorie, bugie, fantasie, evasioni".

James Graham Ballard

 

È giunto il momento che il curatore di questa cronaca di chi la cronaca vuole elettrizzare si faccia da parte per dar conto dei fatti che, per esteso affideremo ad uno, esemplare.
Nel secondo capitolo abbiamo accennato un esempio (lasciando aperte le porte alla riflessione del lettore) di come un movimento giovanile potesse essere fatto oggetto di strabismo mediologico con dentro insita la domanda di cosa accadrebbe se le parti si invertissero. Più volte è stato richiamato il tema del confondimento o del manipolare il Manipolatore; ecco dunque la cronistoria di una Prova Generale ai danni della RAI, terza rete e in particolare della trasmissione spy "Chi l'ha visto?"

"Al momento di avviare il progetto Blissett, in Gran Bretagna, ignoti hanno USATO il nome di Kipper, incollando assieme i pochi frammenti conosciuti della sua vita e creando un mito, una fiction la cui spinta propulsiva facesse decollare il multiple name. Una vecchia casa di Londra è diventata nell'iconografia blissettiana, l'abitazione di Kipper; un volto costruito al computer "morphando" fotografie degli anni '40 è diventata "l'unica foto di Kipper di cui egli permette la circolazione", ed è stata spedita in giro per il mondo Via Internet. Altri hanno aggiunto tasselli al mosaico della personalità di Kipper, inventandone scritti, interviste, dichiarazioni. Questo Kipper aveva ormai ben poco in comune con quello "vero" (giusto una parte del suo passato). Il nome collettivo si fondava così su 2 livelli di simulazione: un personaggio virtuale cercava collaborazioni REALI per creare un altro personaggio virtuale le cui azioni avessero conseguenze e ricadute REALI. E nessuno, nemmeno chi sta scrivendo, possedeva o possiede tuttora il quadro globale di ciò che è vero e ciò che è falso, né sa da chi arrivò il primo imput.

Dopo che la personalità di Kipper è divenuta coerente, a Luther Blisset viene l'idea folgorante: giocare proprio con il mito fondativo, innestare sull'effettiva scomparsa del "vero"Kipper la scomparsa (mediazzata e amplificata) del secondo Kipper durante un viaggio in Italia. Garantire con l'assenza dichiarata di chi - in un certo senso - non era mai stato presente, il completo oblio di ogni origine del progetto Blissett (anche dell'origine strumentale, della teogonia propulsiva), proprio come accade per le leggende metropolitane. Al primo livello di simulazione (quello della narrazione fondante), la vicenda sarebbe stata una metafora: Kipper organizza la sua performance più enigmatica: decide di SCOMPARIRE; il Soggetto (l' "Artista delle rappresentazioni ideologiche borghesi) si perde, ma si perde proprio perché non c'è mai stato, è sempre stato solo un effetto ottico; Kipper vuole sottolineare che TUTTE le creazioni sono collettive, che non esiste il "Genio" individuale baciato dall'Ispirazione: esiste invece una grande e multiforme Performance Globale - di cui il progetto Luther Blissett è a sua volta un'allegoria - fondata sull'infinita e inconscia circolazione e socializzazione dei saperi e delle "ispirazioni" TUTTI - consciamente o no - CONCORRONO A CREARE TUTTO, non c'è proprietà privata delle idee. Kipper opera quindi un radicale DIS-ASSOGGETTAMENTO del multiple name dalla propria ingombrante tutela, mette in pratica il nietzschano "Che importa di me?". Al secondo livello di simulazione (quello della COOPERAZIONE IN RETE tra i vari Luther Blissett), la scomparsa di Kipper sarebbe stata un'inchiesta sulla "notiziabilità" e sulla permeabilità dei media, e sulla capacità di Blissett di organizzarsi a livello transnazionale (in ogni sua fase, si è trattato di una performance Bologna-Udine-Londra).

La storia della scomparsa di Kipper è stata resa coerente ma non troppo (perché la realtà è spesso incoerente), ognuno ha dato un contributo specifico, si è prodotta una documentazione verosimile ma in gran parte non verificabile, e si è fatto in modo che quanto era verificabile avesse tanta rilevanza simbolica da avvolorare tutto il resto. In parole povere: tante cose vere sono state assemblate fino a creare una simulazione. Con tutto questo, la notte tra il 2 e il 3 gennaio 1995 Luther Blissett è riuscito a passare il filtro dell'ANSA, che ha diffuso la notizia dalla sua sede di Udine. Il 4 gennaio tutta la stampa regionale riportava la notizia, ribattendo quasi testualmente il fax che avevamo mandato all'ANSA. Ecco gli articoli:

 

Da "Il messaggero veneto - Udine" del 4.1.1995, prima pagina:

L'ultima volta è stato visto a Bertiolo

SCOMPARSO UN ARTISTA: S.O.S. IN FRIULI DA LONDRA

- Stava facendo in bici un giro in Europa
- Si pensa che abbia deviato in Bosnia

Da Bologna e da Londra è rimbalzato in Friuli un appello per avere notizie sugli ultimi spostamenti di un artista inglese. Si tratta di Harry Kipper, di 33 anni, alto 1,75, capelli rosso scuro e occhi verdi e magnetici, che non dà notizie da circa 10 settimane. Come ha riferito l'artista Federico Guglielmi da Bologna, Kipper, che con lo pseudoniomo di Luther Blissett faceva anche spettacoli di piazza di illusionismo e magia, è stato segnalato l'ultima volta a Bertiolo ed era diretto a Trieste. A metà ottobre, allo scrittore londinese Stewart Home, suo amico, era giunta una telefonata di Kipper che diceva di trovarsi in Bosnia, poi i contatti sono cessati. Da quanto a conoscenza di artisti italiani suoi conoscenti, Kipper stava facendo, in mountain bike, un particolare giro d'Europa per tracciare, secondo l'idea del friulano Piermario Ciani, una linea immaginaria che, unendo varie città, componesse la parola "ART". Kipper si era fermato da Ciani quest'estate per alcuni giorni. Nei primi di settembre doveva andare a Trieste per riprendere il giorno, ma a Trieste nessuno lo ha mai visto arrivare. Kipper aveva, dal 1991, cominciato ad attuare questo giro di "turismo psicogeografico" tracciando al "A" da Madrid a Londra e Tolone. Nei due anni successivi Kipper ha tracciato la "R" proseguendo per Bruxelles, Bonn, Zurigo, Ginevra e Ancona e nel 1994 ha cominciato la "T" che, dopo Trieste, avrebbe dovuto portarlo a Salisburgo, Berlino, Varsavia, e di nuovo indietro fino ad Amsterdam. Invece, dal Friuli, ci sono state la sua possibile e inspiegata deviazione in Bosnia e la scomparsa.

 

Da "Il Piccolo", pag. 12 "Regione", 4,1,1995:

DA BOLOGNA E DA LONDRA APPELLO PER RITROVARE HARRY KIPPER

Inglese scomparso: è in Friuli?

L'uomo, 33 anni, mago e illusionista, è stato segnalato per l'ultima volta a Bertiolo

UDINE "Da Bologna e da Londra è rimbalzato in Friuli un appello per avere notizie dell'artista inglese Harry Kipper, 33 anni, alto 1,75, capelli rosso scuro e occhi verdi "magnetici", che non dà notizie di sé da circa dieci settimane. Come ha riferito da Bologna Federico Guglielmi, un amico dello scomparso, Kipper, che con lo pseudonimo di Luther Blissett faceva anche spettacoli di piazza di magia, è stato segnalato l'ultima volta a Bertiolo, ospite di un artista friulano, Piermario Ciani, ed era diretto a Trieste. A metà ottobre, allo scrittore londinese Stewart Home era giunta una telefonata di Kipper, che diceva di essere in Bosnia, poi i contatti sono cessati. Nessuno ha potuto accertare se la telefonata che l'artista aveva detto di fare dalla Bosnia fosse in realtà proveniente da quel paese. Nessuno, del resto, è in grado di spiegare perché mai Kipper, benché eccentrico, avesse deciso di recarsi nella ex-Jugoslavia, attraversando, magari sempre in bicicletta, quei luoghi tanto martoriati dalla guerra. Da quanto riferito da artisti italiani suoi conoscenti, Kipper stava facendo, in mountain bike, un particolare giro d'Europa per tracciare, secondo una linea immaginaria che, unendo varie città, componesse la parola "ART". Kipper aveva cominciato nel '91 questo giro di "turismo psicogeografico" tracciando la "A" da Madrid a Londra e Tolone. Nei due anni successivi Kipper aveva tracciato la "R" proseguendo e nel '94 aveva dato inizio alla "T" che dopo Trieste avrebbe dovuto portarlo a Salisburgo, Berlino, Varsavia e Amsterdam. Giunto nella nostra regione aveva deciso di tracciare idealmente la parola "ART" anche in Friuli. Aveva preso il via, l'estate scorsa, da Pordenone. Aveva toccato Maniago, Sauris e Codroipo per scrivere la "A". Tolmezzo, Gemona, San Daniele e Mortegliano le tappe per la "R". Udine, Pontebba, Tarvisio e Treppo Carnico per la "T". Poi era andato a Bertiolo prima di riprendere il tour europeo".

 

(+ un trafiletto sul "Gazzettino). Questa narrazione era corredata dalla foto di Kipper, dai tracciati psicotopografici "ART IN EUROPE" e "ART IN FRIUL", da testimonianze di artisti che avevano ospitato Kipper durante il suo passaggio a Bologna e da un audiocassetta con la voce di Kipper. Come scritto sopra, tutti gli elementi erano "veri"; a rendere "falsa" la narrazione complessiva era solo la loro interrelazione arbitraria. Il 6 gennaio, al numero di Bologna che Luther aveva dato all'ANSA come riferimento, ha telefonato la redazione di "Chi l'ha visto?. Si sono detti "affascinati" dal personaggio Kipper e interessati a riportare l' "atmosfera culturale", a descrivere l'ambiente "neoista" e psicogeografico di Bologna, Udine e Londra; hanno detto che volevano fare un servizio sulla vicenda, si sono detti disposti a recarsi anche a Londra. Dopo un veloce consulto coi suoi omonimi friulani e londinesi, Luther ha accettato.

Il 10 gennaio la troupe è venuta a Bologna, e ha girato ore e ore di materiale sul "movimento", sul nome collettivo e sull'Associazione Psicogeografica di Bologna, ricostruendo i giri e le frequentazioni di Kipper a Bologna nell'estate 1994 (poco prima della sua scomparsa), e constatando l'influenza che egli aveva esercitato sui cosiddetti "transmaniaci" e sulla scena bolognese tutta. Quella che segue è la cronistoria su cui è basato il servizio:

29 GIUGNO: Kipper arriva a Bologna o almeno così dice il giorno dopo a S***, quando i due si incontrano.
30 GIUGNO: di sera al "Made in Bo" Kipper si incontra con S*** di cui aveva avuto il numero di telefono da Piermario Ciani. Rimane a Bologna una settimana, durante la quale incontra B***, gli dà il materiale sulle sue attività in Inghilterra, gli parla del Luther Blissett Project che ha lanciato a maggio. B*** aderisce al progetto e - in agosto - insieme a S*** e a F*** fonda l'Associazione Psicogeografica di Bologna - Sezione Luther Blissett.
8 LUGLIO: Kipper riparte alla volta di Ancona, o almeno così annuncia a S*** e così dirà a Ciani un mese dopo.
10 AGOSTO: Kipper arriva a Udine, si incontra con Ciani e con P*** a Radio Onde Furlane. Ciani gli mostra il tracciato di ART IN FRIUL, che egli decide di seguire.
13 AGOSTO: dopo essere rimasto ospite a Bertiolo parte per Pordenone per iniziare "ART".
28 AGOSTO: torna a Bertiolo e afferma di aver completato il tragitto. È depresso, si fa prestare un registratore da Ciani e registra una cassetta, ritrovata da Ciani a casa sua soltanto in dicembre.
5 SETTEMBRE: Kipper parte alla volta di Trieste o almeno così dichiara. Non è certo che a Trieste ci sia mai arrivato.
21 OTTOBRE: telefonata a Stewart Home a Londra, afferma di trovarsi in Bosnia, la telefonata è molto disturbata, la linea cade.
22 OTTOBRE: Stewart chiama S*** a Bologna. S***promette che si informerà, ma prende la cosa sottogamba. 6 NOVEMBRE: Stewart richiama. Quella che all'inizio poteva sembrare un'ennesima "sparizione artistica"di Luther Blissett comincia a preoccuparlo: Kipper non era mai stato tanto tempo senza farsi sentire. Nel frattempo S*** fa qualche telefonata in giro, in particolare a Ciani. Ciani riferisce quanto alla data 5 settembre. DICEMBRE: dopo qualche settimana in cui non si sono avute notizie di nessun tipo, a Bologna ci mobilitiamo. Ciani ci chiama dicendo di aver trovato a casa sua una strana cassetta lasciata (volontariamente?) da Kipper.
4 GENNAIO: scoppia il caso.

Da notare che il regista della troupe era F***, che 5 anni fa conduceva su RAITRE, con l'etologo bolognese Giorgio Celli e con altri, una trasmissione molto sperimentale sulle leggende urbane, sospesa dalla direzione di rete dopo sole 4 puntate; appena arrivato a radio Città del Capo (luogo d'appuntamento), F*** ha avanzato l'ipotesi che la scomparsa fosse una performance atta a generare una leggenda urbana, ma non era certo in grado di capire quanto la vicenda fosse complicata (del resto, neppure Luther era né è al corrente di tutte le implicazioni...), e non sapeva bene cosa fosse vero e cosa fosse falso. Ad ogni modo, ha detto che la storia era sufficientemente interessante da farli correre il rischio di una "burla". Il giorno dopo, la troupe era a Udine, sui luoghi della scomparsa; quello che segue è il modo in cui la stampa friulana ha riportato la presenza in città della TV di stato:

Dalla seconda pagina del "Gazzettino del Friuli" del 12.1.1995

"CHI L'HA VISTO?" IN FRIULI SULLE TRACCE DI KIPPER

Anche quelli di "Chi l'ha visto?" sono sulle tracce di Harry Kipper, l'artista performer inglese che sarebbe scomparso alcune settimane fa in Friuli. Per cercare di saperne di più su questo personaggio, che aveva progettato con il friulano Piermario Ciani una performance concettuale costituita da un giro in bicicletta che doveva formare la parola "Art" ("arte") tra i paesi del Friuli, una troupe della trasmissione di Rai 3 è arrivata ieri in città, a Radio Onde Furlane, da dove erano stati mandati in onda, prima di Natale, una serie di appelli per ritrovare Harry Kipper. Per ricostruire gli ultimi passi, prima di recarsi in Inghilterra, quelli di "Chi l'ha visto?" hanno parlato con Paolo Cantarutti della rivista "Usmis", che aveva pubblicato il progetto della performance, e con l'artista di Rovigo Alberto Rizzi, in contatto con Kipper. Secondo il regista della trasmissione, la scomparsa non sarebbe altro che un'opera d'arte concettuale messa in atto dallo stesso artista inglese.

 

Due giorni dopo, 13 gennaio, la troupe è arrivata a Londra, dove ha intervistato Stewart Home e Fabian Tompsett della London Psychogeographical Association. Stewart e Fabian hanno mostrato loro "la casa di Kipper", oltre a presentar loro testi e video sull'ambiente neoista e pscicogeografico. A questo punto stava per iniziare la fase di montaggio, e il servizio avrebbe dovuto andare in onda nella puntata di martedì 17 gennaio, ma c'è stato un imprevisto... Un collaboratore di "Chi l'ha visto?", sfortunatamente (per noi) domiciliato a Udine, si è imbattuto nella diceria popolare che voleva la "scomparsa di Kipper" un'invenzione dei compagni di "Usmis" e di Radio Onde Furlane (in combutta con bolognesi e londinesi) sulla falsariga di un'analoga performance psicogeoturistica risalente a un anno fa. Ovviamente era una balla nella balla (dopo un pò le leggende urbane, com'è giusto, si autonomizzano e vanno avanti da sole), ma è bastata a mettere la redazione di "Chi l'ha visto?" sul chi vive. Il punto era questo: un eventuale sospetto di F*** equivaleva ad una sua implicita "complicità" nella performance, e non avrebbe fatto altro che "insaporire" il servizio; ma il sospetto accomunava ora l'intera redazione e la conduttrice Giovanna Milella, conscia di aver speso tempo e soldi per qualcosa che avrebbe sottratto spazio ai casi "veri" e lacrimevoli di cui è solita occuparsi la trasmissione. Al telefono, Luther Blissett ha detto a R*** (la redattrice che seguiva il caso da Roma) le seguenti cose:

A. Si trattava di una performance, ma non nei termini che credevano loro; il falso c'era, inutile negarlo, ma non dove credevano di averlo trovato; vale a dire: loro dubitavano persino dell'esistenza di Kipper, che invece esiste eccome, anche se ad un altro livello di "realtà";

B. Se avessero mandato in onda il servizio premettendo che non erano in grado di stabilirne con certezza la veridicità, non ne avrebbero ricavato alcun danno né morale né materiale; vale a dire : avrebbero tolto l'erba sotto i piedi dei "cacciatori falsi" come Chiambretti o Antonio Ricci;

C. Dal punto di vista giuridico-penale, Luther era in una botte di ferro: non era stato lui a cercare "Chi l'ha visto?", ma viceversa; non aveva "procurato allarme", perché oltre ad aver sempre ventilato l'ipotesi che si trattasse di una performance, non aveva MAI avvisato i CC o la PS; inoltre, si trattava di una fiction come quelle che la TV in scena tutti i giorni (era una chiamata di correo: Luther aveva operato sul loro stesso terreno, come poteva essere perseguitato ai sensi di legge?); infine, se avesse inteso danneggiare la trasmissione, Luther avrebbe accettato la proposta di andare in diretta, che invece aveva rifiutato, e proprio il giorno prima che lo sgamassero (o che credesse di averlo fatto...).

R*** ha detto di sentirsi "a metà tra l'amareggiata e l'ammirata", e ha chiesto a Luther come cazzo era riuscito ad organizzare una cosa del genere. Ha aggiunto che probabilmente la trasmissione non lo avrebbe denunciato, e che se "Chi l'ha visto?" fosse stata una trasmissione di attualità non ci avrebbero pensato due volte a mandare in onda il servizio, ma essendo invece una trasmissione di servizio la cosa non era per niente scontata. Luther ha suggerito a R*** di vendere tutta la storia ad un'altra trasmissione, ad esempio a "Spazio Ippoliti". Alla fine, il servizio non è andato in onda, Luther non sa che uso ne verrà fatto" (1).
Il paese mediatico reagisce alla Beffa Incompiuta con una certa simpatia perché si tratta pur sempre della disgrazia di un altro.
l' "Unità":

TV. Beffa per "Chi l'ha visto?"

INCERCA DI KIPPER CHE NON ESISTE

Bologna. Chi l'ha visto? Nessuno, semplicemente perché non esiste. A meno che non si voglia considerare realtà tutto ciò che virtualmente "accade" in televisione. Allora, in questo senso il "noto illusionista londinese Harry Kipper" è scomparso davvero, è bene ha fatto la popolare trasmissione di Raitre "Chi l'ha visto?" ad occuparsene e programmare la messa in onda della sua vicenda. Salvo poi bloccare il servizio, già costato trasferte in Nord Italia e a Londra, interviste e ricostruzioni, poiché in realtà Harry Kipper non esiste. O meglio un Kipper c'è stato, però senza fortuna nel periodo del punk come spalla per i Sex Pistols. Ma non ha niente a che vedere con l'artista "psicogeografico" che, quando è stata denunciata la sua scomparsa in Friuli, viaggiava con la sua bici tracciando per l'Europa immaginarie linee diagonali con cui componeva la parola "Art"... Una beffa bella e buona, anzi ottima, che nei suoi particolari così improbabili quanto affascinanti. Responsabile della superburla, che ha avuto come vittime alcuni giornali prima della trasmissione di Giovanna Milella, un gruppo di ragazzi bolognesi conosciuti nell'underground come i "Luther Blissett". Sotto questa sigla agisce anonimamente un numero pare gigantesco di giovani europei, che negano così il "bisogno" di controllo e schedatura delle amministrazioni e degli stati. Anche Blissett è esistito, e lo ricordano gli appassionati di calcio come centravanti del Milan dei tempi bui, come quello che sbagliava i gol a porta vuota. I "Blissett", a Bologna ragazzi sui 25 anni, scorrazzano per il mondo dei mass-media come hackers nell'informatica, compiendo atti di pirateria. Niente a che vedere con la goliardia, molto con una filosofia tesa a scardinare i sistemi mediatici ed elettronici a fini "democratici", e con una sorta di "situazionismo" che vuole reinterpretare luoghi e percorsi nello spazio urbano piùfamiliare. Per la verità non deve essere difficile "gabbare" una trasmissione come quella di Raitre, che per i suoi stessi meccanismi si espone a mitomanie varie. L'ultimo episodio proprio l'altro ieri, quando la casalinga Violetta Chiari ha confessato di essersi inventata una storia di persecuzione. Ma il "Blissett" ha fatto veramente le cose in grande: perché "'Chi l'ha visto?' è il lato nazional-popolare del bisogno di inquadrarti - dice Davide, un blissettiano- e l'operazione l'abbiamo condotta per bene, non abbiamo agito da soli". Ci saranno altre montature simili ai danni dei mass-media? "Vedremo, ma intanto io suggerirei di controllare bene questa storia di Kipper: sarà veramente tutto falso o c'è qualcosa di reale...?" (2)

 

Il "Corriere della Sera" dà invece una lettura più distratta, anzi per Luther Blissett "assurda" (3).

Bologna, una beffa non riuscita per "Chi l'ha visto?"

IL CLUB DEI GOLIARDI TELEMATICI

Bologna - "È sparito il mago Kipper. Chi l'ha visto?". L'annuncio, con tanto di foto rielaborata al computer, era comparso su manifesti e volantini distribuiti qualche mese fa in alcune città italiane. Una notizia ghiotta per l'omonima trasmissione di Raitre, sempre alla caccia di storie di persone di cui si sono perse le tracce. Ma all'ultimo momento si è scoperto che era soltanto una beffa ben architettata da un gruppo di giovani sparsi tra Bologna il Friuli e, forse, persino Londra. E la puntata sulla scomparsa del mago Kipper, già in scaletta per martedì prossimo è saltata. Quasi impossibile risalire agli autori dello scherzetto che ha rischiato di far fare una brutta figuraccia alla Rai. A Bologna però c'è un gruppo di giovani che conducono una trasmissione notturna su Radio Città del Capoche ne sa qualcosa: "All'iniziativa hanno collaborato un pò tutti, anche da altre città - dice Davide, uno di loro -, ma neppure noi siamo in grado di spiegare come sono andate esattamente le cose. Però non volevamo screditare "Chi l'ha visto?". Ma chi sono questi giovani che si fanno chiamare tutti con il nome collettivo di Luther Blissett, il centravanti di colore che giocò qualche anno fa nel Milan? La loro passione si chiama psicogeografia, che non è una nuova scienza, come si potrebbe pensare. "Andiamo alla ricerca di sensazioni particolari in giro per la città di notte, e le raccontiamo ai radioascoltatori - prosegue Davide. - Il nostro obbiettivo è eliminare le differenze di livello nella comunicazione e nell'espressione artistica". Infatti a Bologna ci sono altri Luther Blissett che si dedicano alla poesia e alla musica, e tra poco dovrebbe uscire un nuovo giornaletto. Ma che c'entra in questa storia il mago Harry Kipper? Semplice. È lui il padre del progetto che sta raccogliendo molti proseliti tra i giovani underground delle città italiane (4).

 

Nervosismo ovviamente alla RAI. Quelli che seguono sono due lanci ANSA sull'episodio:

(ANSA) - ROMA, 21 GEN - "NON C'È STATA ALCUNA BEFFA NEI CONFRONTI DI 'CHI L'HA VISTO?'. C'È CHI CI PROVA, MA NOI STIAMO ATTENTI A NON CASCARCI". LO AFFERMA GIOVANNA MILELLA, LA GIORNALISTA CHE DALLO SCORSO ANNO CONDUCE IL PROGRAMMA DI RAITRE CHE SI OCCUPA DELLE PERSONE SCOMPARSE;

IL RIFERIMENTO È ALLA NOTIZIA DIFFUSA IERI DA UNA AGENZIA E RIPORTATA OGGI DA ALCUNI QUOTIDIANI, SECONDO LA QUALE UN GRUPPO DI GIOVANI BUONTEMPONI BOLOGNESI AVREBBE TRATTO IN INGANNO "CHI L'HA VISTO?" DENUNCIANDO UNA SCOMPARSA IMMAGINARIA, DELLA QUALE IL PROGRAMMA AVREBBE DOVUTO OCCUPARSI NELLA PROSSIMA PUNTATA;

"LA BEFFA, SEMMAI - DICE LA MILELLA- C'È STATA AI DANNI DI CHI HA PUBBLICATO, SENZA VERIFICARLA, LA NOTIZIA FALSA DI UN TENTATIVO RIUSCITO DI FALSO NEI CONFRONTI DEL PROGRAMMA";

PER LA MILELLA, INFATTI, IL FALSO NON C'È STATO: "UN GRUPPO DI SIMPATICI GIOVANI - SPIEGA - CI AVEVA SEGNALATO LA SCOMPARSA DEL LORO PRESUNTO CAPO, IL MAGO KIPPER, AVVENUTA SECONDO LORO IN FRIULI A OTTOBRE DURANTE UNA GITA IN BICICLETTA; QUANDO ABBIAMO INIZIATO LE VERIFICHE, CONDOTTE CON LO SCRUPOLO DI CHI IN SETTE ANNI SI È IMBATTUTO NEI PERSONAGGI PIÙ STRANI, CI SIAMO ACCORTI CHE ERA UN BLUFF. KIPPER ESISTE DAVVERO, È STATO NEGLI ANNI '70 L'APRIPISTA NEI CONCERTI DEI 'SEX PISTOLS', MA QUEI GIOVANI NON AVEVANO NIENTE A CHE FARE CON LUI; COSÌ ABBIAMO RICORDATO LORO CHE ERA MEGLIO LASCIAR PERDERE, SE NON VOLEVANO ESSERE ACCUSATI DI PROCURATO ALLARME". (SEGUE).

 

(ANSA) - ROMA 21 GEN - LA MILELLA HA UNA SPIEGAZIONE ANCHE PER IL FATTO CHE L'ANNUNCIO DELLA PUNTATA DI "CHI L'HA VISTO?" SUL MAGO KIPPER ERA GIÀ SULLE PAGINE DI ALCUNI SETTIMANALI. "AI PERIODICI DIAMO LE LOCANDINE CON VENTI GIORNI D'ANTICIPO, SPESSO INSERENDO CASI DEI QUALI ANCORA NON SAPPIAMO NULLA. È SUCCESSO ANCHE PER IL MAGO KIPPER. È VERO CHE ABBIAMO MANDATO UNA TROUPE A BOLOGNA A PARLARE CON I RAGAZZI, MA ALTRIMENTI COME AVREMMO FATTO A SAPERNE DI PIÙ?. IN NESSUN MOMENTO PERÒ SIAMO CADUTI NEL LORO SCHERZO. LE RICERCHE DA NOI FATTE A LONDRA LE HA REALIZZATE UNA TROUPE CHE ERA LÌ PER IL CASO 'CABIDDU', DA NOI RISOLTO POSITIVAMENTE".

"AI GIOVANI BOLOGNESI - CONCLUDE LA MILELLA- HO SPIEGATO CHE IL LORO SCHERZO ERA SIMPATICO, DATO CHE GIÀ IN OTTOBRE AVEVANO TRATTO IN INGANNO LA STAMPA DEL FRIULI, CHE AVEVA PARLATO DELLA SCOMPARSA DI KIPPER, MA CHE A 'CHI L'HA VISTO?' C'È SPAZIO SOLO PER DRAMMI REALI DI PERSONE IN PERICOLO; FORSE LORO CI SONO RIMASTI MALE E, MAGARI PER FARSI UN PO' DI PUBBLICITÀ, HANNO VOLUTO SFRUTTARE IL FILONE DEI 'FALSI IN TV'"; (ANSA).

 

Commuove l'abissale ignoranza della conduttrice dello spy-program, che tutto riduce al "farsi un pò di pubblicità".

C'è gente che, lavorando nello spettacolo televisivo, dimentica il dovere alla cultura della conoscenza, dell'informazione. Ex giornalisti, non ancora iscritti all'ordine, precipitano in una ignavia serena, risucchiati dalla sovraesposizione che il mezzo televisivo comporta, standardizzando tutto fino ad immaginare un possibile "rimanerci male" di chi deve restare dall'altra parte del video. In questo senso, la signora Givanna Milella ci dà - suo malgrado - il profilo generale (eccezioni sottese) di una categoria ormai orfana della realtà per cui il mondo si divide tra chi ha e chi non ha (ma dovrebbe avere) un "posto al sole" cioé in televisione.

Dall'altra parte, quella del Luther Blisset Project, presumo sia stata questa la risposta attesa: la migliore che si potesse sperare. La reazione "ottimale".

 

 

NOTE

(1) Ricostruzione del L.B.p. (Luther Blissett Project), 16.1.1994.

(2) Vanni Masala, L'Unità/2, 21.1.1995.

(3) Così il commento al termine della riproduzione dell'articolo del L.B.p.:

"Questo è palesemente l'articolo più assurdo scritto sula vicenda dela scomparsa di Kipper. È evidente che questo G. Martelli (l'autore n.d.r.) non ha capito assolutamente nulla di ciò che ha ascoltato o letto. Proprio per questo motivo lo ritengo un articolo splendido"

(4) Giancarlo Martelli, Corriere della Sera, 21.1.1995.

 

 

VI
PSICOGEOGRAFIA DELLA VITA

 

"La cultura deve essere l'aria (ma non un'aria o un'area), ma questo non esclude che vi siano da sempre degli asmatici o dei pescatori di perle. Si riscrive perché non si può scrivere"

Carmelo Bene

 

Febbraio 1995: la fanzine "River Phoenix" fluisce in Blissett e recita il proprio "requiem".
"(...) alcuni degli ex-redattori di River Phoenix hanno deciso di fare aderire La Inufficiale Fanzine della No Generation al LUTHER BLISSETT PROJECT. Per dimostrare che se questa generazione non ha niente in comune oltre al fatto di non avere niente in comune, allora la No Generation non esiste: non è mai esistita e se si parla di essa si parla di un fantasma (...) non parliamone più" (2).
Ad aprile esce "LUTHER BLISSETT", Rivista di Guerra Psichica e Adunate Sediziose.
Alle 0.30 di giovedì 22 settembre 1994 esordisce dalle frequenze di Radio Città del Capo e, in ponte radio, su Radio K Centrale la trasmissione settimanale del Progetto.
In prima pagina, di spalla, su "La Stampa" così ne parla Gabriele Romagnoli in uno scritto di grande atmosfera:

"A mezzanotte e ventotto minuti Luther distende sul tavolo la mappa della città e ci posa sopra un pennarello nero. A mezzanotte e ventinove saluta i ragazzi che escono dallo scantinato diretti alle automobili, controlla che le linee telefoniche funzionino, sceglie il primo disco e aspetta. A mezzanotte e trenta apre il microfono: "È ancora mercoledì notte a Radio Città del Capo, è ancora Luther Blissett che vi parla. Le pattuglie Luther Blissett sono già lanciate verso le loro derive. Il viaggio psicogeografico è cominciato. Datemi le vostre emozioni per compierlo. Portatemi fuori rotta, fatemi disegnare un tracciato che non avrei mai immaginato e poi seguitemi. Lasciatevi condurre nei cunicoli, lungo le strade, sui muri dei palazzi, aiutatemi a scomporre i quartieri perché non siano più le nostre prigioni, a violentare la città per non essere violentati".

La voce viaggia sopra i tetti di Bologna addormentata. La città che a quest'ora non sogna e non mangia, non studia e non balla, ascolta. Ascoltano gli studenti fuori sede accovacciati nelle loro tane da mezzo milione a posto letto, ascoltano i suonatori di rock da cantina che hanno abbandonato gli strumenti e afferrato le bottiglie, ascoltano gruppi di ragazzi che vanno in giro con la bicicletta e la radiolina incollata all'orecchio per poter raggiungere i luoghi che Luther Blissett indicherà durante il programma. Ascoltano la voce che dice: "Mi collego con la prima pattuglia che ha raggiunto la deriva. Dove siete?". La voce all'altro capo risponde: "Siamo al Fiera District, in uno degli ombelichi di Bologna, qui, fra le torri progettate da Kenzo Tange, in questo polmone d'acciaio della città. E da qui vediamo il futuro scorrere, vediamo come diventerà questa zona secondo il progetto dell'architetto Benevolo, con tanti tapis roulant a collegare i diversi palazzi, con la gente che ci cammina su senza più essere padrona nemmeno dei propri passi, a guardare le architetture svettanti per non guardarsi i piedi". E Luther, dallo studio: "Accendete un falò al centro del Fiera Discrict, metteteci intorno dei cartelli, come se fosse una manifestazione di operai che protestano all'una di notte per bloccare i lavori del cantiere, sprigionate energia sul territorio per fermarne il degrado". A volte funzionano anche cose così, dicono. La settimana scorsa Luther Blissett ha portato un "attacco psichico" al progetto di ristrutturazione della stazione ("torri anche lì, e tre piani, e un centro commerciale") e stanotte annuncia fiero che "all'architetto Bofill è bruciato il plastico nel suo studio". Segna con il pennarello un cerchio nero accanto al Fiera District, uno accanto alla stazione e li congiunge: il viaggio "psicogeografico " è cominciato. Il resto del percorso che le pattuglie compiono è un'interazione tra le suggestioni di Luther e quelle degli ascoltatori. Lui dice: "Esploriamo i cunicoli sotto la città" e un ingegnere idraulico di 76 anni si collega e per venti minuti dà istruzioni su come muoversi sottoterra. Quando le pattuglie risbucano sono vicine a Piazza Maggiore e un ascoltatore le invita a scandire il nome di Luther Blissett al contrario. Parte il coro e saranno almeno trenta, perché si sono aggregati tutti i randagi della Piazza Grande. Poi di nuovo via, perché Luther ha ricevuto la chiamata di una studentessa ammalata che ha bisogno di medicine e la pattuglia le va a comprare e gliele porta. Più tardi consegneranno dodici pizze alla festa in casa di un docente americano e qualcuno si fermerà lì, quando saranno le due e un quarto e Luther avrà invece una nuova missione per superstiti: "Raccontare le luci della città, quartiere per quartiere". Il piccolo corteo di auto si divide. Telefonano: "Quartiere Bolognina, un dormitorio. Nessuna insegna, tre finestre alzate e, dietro, luci da schermo azzurrino di televisione". "Quartiere Navile, solo le luci agli uffici di banche e finanziarie".
"Ci stanno spegnendo - commenta Luther -. Tolgono la corrente alla città di notte, le tolgono tutto, anche le prostitute: ce n'erano centoquaranta, sui viali, adesso le hanno ridotte a sessanta e cantano vittoria, le hanno mandate a battere, contagiare e contagiarsi altrove, ma non gliene frega niente, l'importante e che non rovinino l'arredo urbano notturno. Allora ragazzi, andate sui viali, cantate una serenata all'ultima prostituta nigeriana, anche se non capisce le parole è lo stesso, magari fatele ascoltare la radio, metto su una cosa afro".
Tira una riga sulla mappa e arriva a Porta Saragozza. Il disegno è ormai intricato, assomiglia a una stella a otto punte. "Vedi - dice - ogni volta ridisegniamo il mondo di chi ci ascolta e di chi partecipa alle nostre missioni. Una persona media di questa città compie di solito lo stesso tragitto quotidiano disegnando un triangolo in cui il primo vertice è casa sua, il secondo la scuola o il posto di lavoro, il terzo la palestra o un altro luogo che frequenta abitualmente. La conoscenza della città per lui finisce lì. Noi cerchiamo di condurlo altrove, di aprire il suo spazio".
Parla al plurale perché Luther non è lui solo. È un nome collettivo, quello di un progetto underground internazionale (...).
Quest'altro Luther Blissett è un non- nome e un non-volto. La sua faccia è la sovrapposizione dei visi di venti ragazzi diversi. La sua storia è l'incrocio delle loro vite: studenti fuori sede, artisti fuori circuito, cercatori di sensazioni fuori mercato. Invisibili: hanno sospeso la trasmissione piuttosto che farsi riprendere dalla troupe di Chiambretti. Interscambiabili: il Luther che tira le file del programma e degli spostamenti cambia secondo i tempi e gli umori, cambiano i luoghi di questa e altre città, dicono loro enunciando il principio della scienza pscicogeografica.
Il Luther Blissett di stanotte manda in giro le sue pattuglie a intercettare le ultime persone in circolazione alle tre e venti per condurle al chiostro di Santo Stefano, "perché e lì che vorremmo tutti quanti morire".

(...) rimane una voce, alle quattro meno un quarto, che copre la musica mentre sfuma e dice: "Anche Luther Blissett se ne va. Cercate l'ultima luce della notte e tenetela accesa per lui, fino alla prossima settimana e al prossimo viaggio, alla prossima identità e alla prossima vita" (3).

 

Il giorno, o quando dalle tenebre arrivano soltanto avvisi di luce, "con il vocabolo città si indicano dei fenomeni fisici artificiali spesso incomparabili tra loro per le diversità nei modi d'uso che provocano in coloro che genericamente vengono definiti abitanti...", (4) gli stessi che - visti dall'alto - sono punti in movimento su tracciati obbligati e soste da lampeggio. Essi, cioé noi che viviamo su direttive topografiche nella Mappa Geografica Globale in para-cecità per automatici percorsi dove consumiamo parte della nostra vita...

"PSCICOGEOGRAFIA": s.f. (dal gr. psyché, anima, ghè, terra, graphia, segno, descrizione).

La parola pscicogeografia appare per la prima volta con la presentazione saggistica di neologismo in uno scritto dal titolo Iter Aeternum ritrovato attorno al 1900 nel castello di Blanchefort, nel sud della Francia, attribuito a Huhues de Payen. Nel testo che porta in calce la data 5 marzo 1098, alla "psychogéographie" si attribuisce il significato di scienza della descrizione del territorio fondata non soltanto sugli aspetti fisici che lo caratterizzano esteriormente, ma anche sugli stati emotivi che implica il suo attraversamento. (...)
In epoche a noi più vicine il termine psicogeografia compare molto di rado: in una parte dell'Epistolario di Michelangelo; in una delle lettere di Robert Boyle e Johann Valentin Andrea e in un paio destinate a John Locke; Isaac Newton in una lettera a Fatio de Duillie, ma anche in un passo di dubbia interpretazione de La cronologia riveduta e corretta dei regni antichi; Victor Hugo in un'epistola segreta a Luigi Filippo; Jean Cocteau e Claude Debussy in uno scambio epistolare sulla scenografia di Pelléas et Mélisande. Pare infine che il termine compaia nelle pubblicazioni dei situazionisti francesi negli anni sessanta" (5).

Con un excursus piuttosto spericolato che comincia dai Templari e si conclude sulla probabilità che la psicogeografia abbia parentele situazioniste, i Luther Blissett qui silenziosamente denunciano il fastidio d'esser stati più volte ricondotti a quel movimento. Perché ad essi è certamente più che nota, per esempio, la famosa "Teoria della deriva"di Guy E. Debord che scrive: "...la deriva si presenta come una tecnica di passaggio veloce attraverso ambienti diversi. Il concetto di deriva è indissolubilmente legato al riconoscimento di effetti di natura psicogeografica..."(6)
Uccidere i padri è una pulsione antica e Blissett non fa eccezione (7).
Questa mania del rifiuto di paternità (che poi in Blissett nei confronti del situazionismo è anche vaga) faceva dire a Horacio Solas: "La nostra vendetta consiste nel guidar le loro vite/ e obbligarli a copiare segrete frustrazioni,/ ma ogni notte, liberi, ci uccidono nei sogni" (8) e André Geucksmann: "...incontrerai per forza un padre, giacché non puoi essere il tuo proprio erede" (9). E poi camminiamo tutti su strade già percorse, sia pure da idee inespresse, perché "L'umanità è un grande uomo che scrive senza tregua e si rilegge continuamente" (10).
In verità i padri di Blissett stanno nelle mille fenditure della storia, e sono talmente tanti che sarà meglio chiamarli imput. Così - alla rinfusa - si scoprono schegge, pulviscoli, futuristi, anarchici, dadaisti, punk, situazionisti, prankester, spartachisti, nihilisti, cyberpunk, marxisti, beat, fluxus, splatter, transmaniaci. E ancora: scapigliatura, fantascienza, neoismo, noveaux philosophe, i "maledetti" francesi, trash, hackers...
Tanti "padri" fanno "nessun padre". Un Orfanotrofio che davvero "sgomina" le turbe proposte dal Manicomio e le supera (...) piantando un casino che assomiglia (...) all'ipercinetismo provocato da bio-neurotrasmettitori..."(11).
I filamenti storici e i "ricorsi" hanno in sé un che di necrofilo, d'asmatico, che arranca.
Qui invece siamo nella veloce corsa, nella combine sfuggire - come regola di vita - ai dispositivi dell'intercettazione.
Compreso il nostro, se lo fosse o così venisse inteso.

 

 

NOTE

(1) L'orecchio mancante, Feltrinelli, 1970, p. 172.

(2) "John Handcock", Requiem per River Phoenix, in LUTHER BLISSETT, n. 0, Aprile/Maggio 1995.

(3) "L'assalto di radio Blissett", 3.2.1995.

(4) Carlo Aymonino, Il significato delle città, Laterza, 1975 p. 3.

(5) Frammenti tratti da "Che cos'é la Psicogeografia?", in Luther Blissett", n. 0./ op.cit./

(6) "Internazionale Situazionista", n. 2, dicembre 1958, p. 19 e ss.

(7) Cfr.: Luther Blissett, Guy Debord è morto davvero, CRASH Ediz., 1995.

(8) "Los Hijos", trad. it. "I figli", in Giovani poeti sudamericani, Einaudi, 1972, p. 57.

(9) I Padroni del pensiero, Garzanti, 1977, p. 28.

(10) A. Glucksmann, Ibid., p. 224.

(11) Pina D'Aria, La surrazionalità, ovvero: della transmaniacalità; postfazione in "Transmaniacalità e situazionauti", op. ct., pp. 119-120.

 

 

VII
PENULTIME PAROLE

 

"Sul piano una luna notturna sembrando sul monte,
Il Saggio molti cervelli con uno l'ha vista:
Dei suoi figli progetto che rimane protegge
Occhi sole. Da un corpo innumerevoli seni, mani, fuoco."

Nostradamus (1)

 

Incarcerati nelle definizioni, Luther Blissett propone un "liquefarsi" per dileguarsi.
Arroganti e tellurici nella rivendicazione ossessiva identitaria, Blissett conservando l'io traghetta oltre lo stagno, lontano dalla palude del suicidio.
Idolatri della Grande Sorella, egli - nell'Essi - progetta di struccarla perché se ne veda il Teschio con tutti i suoi Vermi semoventi sulle telescriventi.
Potrebbe essere un inizio per lo smantellamento di questa terribile realtà, parallela a quella che viviamo, che sovverte la nostra percezione del mondo.
Demistificare. Palesare. Decontaminare.
I Navigatori, in gruppo o solitari, veleggiano nelle situazioni.
O così pare.
È vero che li abbiamo avvistati ma - ignorandone la rotta - non sappiamo quanto sbarcheremo, malgrado l'abbiamo già fatto inviando qualcuno a perlustrare l'interno e collaudare il funzionamento del Congegno.
Difficile vedere: il mare è un'idea virtuale fumante di nebbia che vela l'orizzonte.
Nell'estensione mentale del cyberspazio o a sessantaquattromila chilobits/secondo sta viaggiando in rete forse l'ultimo sussulto contro il Dominio del Millenovecento.
C'è così tanta enfasi nel dirlo. E c'è una lucida ragione.
È che "sono scomparsi i grandi eccentrici, gli amori appassionati e irresistibili, gli odi eterni e inesorabili, le maledizioni drammatiche e le lodi sperticate: le situazioni si fondono, il caldo rossore e lo sguardo gelido si stemperano in un' "indifferenza" da spazio intermedio (2)".
È questa interzona stravolta, frigorifera e immortale, lo spazio intermedio ,che temiamo sul finire di questa "cronaca" negli ultimi anni dell'Era.
Con quel residuo disincanto che dobbiamo a noi stessi e al lettore, possiamo al contempo dichiarare che ci piace non sapere se la Creatura Una e Multipla il cui nome - oggi - è Luther Blissett planerà, sbarcherà, agirà compiutamente domani, il prossimo anno o giammai.
Ma dovevamo parlarne perché siamo convinti che esistere è chiedersi.
È un domandarsi nella salita che porta al Conflitto con quanto Stabilito.
"Occorre buttare una bomba; occorre suscitare uno scandalo; ci vuole uno di quegli uragani che rinfrescano l'aria", inquit Jean Cocteau.
Arriveranno gli ultimi o i penultimi Antagonisti del nostro tempo e senza confini anagrafici di riconoscimento.
Stanno arrivando. Li riconosceremo da quanto fin qui abbiamo ricostruito o intuito.
Ma chi scrive non è tra quelli che "aspettano-l'arrivo-dei-soccorsi".
Ci siamo, con altri minuscoli compiti.
Su l'Europa s'alza il monolite che nientifica la torre leggendaria edificata dagli schiavi di Sennaar.
Sospesa al suolo. Metafora del concreto Controllo del "Nuovo Re del Mondo" in metamorfosi perenne che effonde subliminali Ultimati.
Tra la sua mole e tutto il Resto le nostre penultime parole.

 

 

NOTE

(1) IV Centuria, XXI quartina. Cfr.: Petre Laroche-Mario Macioti, Sistemazione e interpretazione delle "Prophéties" di Michel de Nostredame, Ist.Naz. Studi Cinquecenteschi, 1909, p. 217.

(2) J. Meyrowitz, op. ct., p. 257.