1. Ray Johnson e Reggie Dunlop tra i Tamariani
"Il mito quel nulla che è tutto"
Fernando Pessoa
"Il segreto è sacro; nondimeno, è in qualche modo ridicolo"
Jorge Luis Borges
Ray Johnson si è ucciso il 13 gennaio 1995, tuffandosi da un ponte nelle acque gelide di Sag Harbor, Long Island (N.Y.), a circa cinquanta miglia dalla sua casa a Locust Valley. Aveva 67 anni, durante i quali aveva conseguito una sorta di "notorietà antispettacolare": nei primi anni '60 aveva fondato la New York Correspondence School, embrione di ciò che sarebbe divenuto lo sterminato network della Mail Art.
"...Un artista del collage che fu pioniere nell'uso di immagini prese dalla cultura Pop [...] capì senz'altro meglio di chiunque altro la tortuosa dinamica del networking. Vi sono altri santi e profeti dell'arte postale, ma fu lui a scrivere le Sacre Tavole della Legge, tracciando il sentiero per tutti quanti seguirono: i concetti base di feedback e di cooperazione [...], di una corrispondenza aperta a chiunque [...] e di una distribuzione libera e gratuita di arte e di informazioni" (Vittore Baroni, ARTE POSTALE! # 69, Near The Edge Editions, Viareggio, gennaio-febbraio 1995).
"Le opere di Johnson sono essenzialmente lettere a cui sono spesso allegati disegni, timbri e ghirigori. Lavori leggiadri e giocosi; anziché venduti come merce, sono spediti ad amici e conoscenti. Sebbene molti lavori di Johnson siano stati regalati ciò non ha impedito che si attribuisse loro un valore di mercato: si cita spesso la frase di Andy Warhol: "pagherei dieci dollari per qualsiasi cosa fatta da Ray Johnson"; si riferiva presumibilmente alle sue lettere..." (Stewart Home, The Assault on Culture, AK Press, Edinburgh, UK 1991 ["Assalto alla cultura", AAA Edizioni]).
"[Johnson] ha un'acuta sensibilità per le parole, tanto per la loro forma quanto per il loro suono. Scova una parola dentro l'altra, ci gioca in maniera bizzarra, con la stessa facilità con cui un missile programmato per colpire le fonti di calore rende inutile ogni mimetizzazione del bersaglio. Egli dà forma alle lettere e alle parole deliberatamente e senza sforzo, infondendovi quasi vita organica. Sa anche come animare la pagina e come far vibrare gli spazi bianchi. Fonde immagini e testo in nuove forme ibride che sembrano rispondere a un codice genetico proprio. Le spedizioni di Ray Johnson sono concatenamenti di idee, che a volte si distinguono e decifrano tra i fogli della corrispondenza, a volte fluiscono uno nell'altro. Quindi la biografia e la fisionomia di Johnson si sovrappongono e mixano a immagini riciclate di opere precedenti, a testi [...], a riferimenti all'arte del momento, con l'inserzione di motivi che sfidano ogni definizione e scorrono quasi in contemporanea al flusso stesso del pensiero." (Clive Phillpot, "The Mailed Art of Ray Johnson" in AA.VV. Eternal Network - A Mail Art Anthology, edited by Chuck Welch, University of Calgary Press, Canada 1992).
Dalla NYCS in avanti, migliaia di persone hanno animato il network della Mail Art, scambiandosi collages, cartoline autoprodotte, fanzines, demotapes, francobolli falsi, carte intestate di nazioni inesistenti, autoadesivi, fotografie ed oggettini tanto vari quanto inclassificabili. Dentro il network si sono sperimentate e ampliate le possibilità di alcuni giochi di origine dada e surrealista, si sono approntati strumenti di detournement e simulazione come il Multiple Name [1] & si è stabilita un'efficace cooperazione-in-rete ben prima che quest'espressione divenisse di moda. Con l'andare del tempo, il network si è contaminato irreversibilmente col sottobosco punk degli anni 80, con la scena musicale sperimentale-rumorista (la cosiddetta "Area Grigia") e con l'esperienza "cybernautica".
Operazioni di guerriglia culturale partite dalla Mail Art, come il lancio
delle finte avanguardie artistiche Ismo (anni 70) e Neo-ismo (anni 80),
sono servite a irridere il mondo delle gallerie d'arte.
Ma non m'interessa
dare un compendio di storia della Mail Art o del Neoismo. Stavo parlando
del suicidio di Ray Johnson.
Quando si è saputo della sua morte, il contraccolpo è stato
fortissimo. Collages e lettere di Ray, chiusi da chissà quanto tempo
in cassetti ed archivi privati, sono stati rispediti, riprodotti, ripubblicati.
Vittore Baroni ha scritto:
"C'è un tesoro di frizzante genialità negli archivi di Mail Art di tutto il mondo, una ricchezza che va ridistribuita, non accumulata. Dunque, create le vostre rayliquie personali [...], e non solo: create le vostre opere di Ray Johnson, e lasciatele circolare liberamente assieme alle originali. Teniamo viva e visibile la leggenda dei Ray virtuali, e che si caghino addosso i mercanti d'arte e gli sfruttatori delle glorie postume!" (AP! 69, cit.).
Si tratta di una citazione nascosta: questa è una frase di Ray, un suo consiglio di qualche anno fa. È un episodio che devo raccontare, riproducendo la seguente "confessione":
"Mi chiamo Coleman Healy, vivo tra Londra e New York, mi occupo principalmente di truffe mediatiche e di terrorismo culturale, fuori e dentro il Mail Art network. Nel maggio 1993, dopo i fasti di Karen Eliot [2], decisi di lanciare un nuovo progetto di multiple name, un po' diverso dai precedenti: LUTHER BLISSETT. Allora non sapevamo che sarebbe diventato il nome collettivo più celebre di tutti i tempi, e che avrei contribuito a provocare una svolta nella storia dell'antagonismo sociale. Lo pseudonimo aveva già una storia più che bizzarra: era il nome anagrafico di un calciatore nero della squadra di Elton John, il Watford, ma era anche il nom de plume di un film-maker e performer neoista della Londra underground, Harry Kipper. Qualche anno prima, con quel nome era stato firmato un misterioso Manifesto for a FakeDesign, presumibilmente scritto da studenti post-situazionisti della London School of Economics (3). I films di Kipper/Blissett erano indimenticabilmente ostici e repellenti: un suo documentario sullaBody Art, Vendez! Crevez!, ha un effetto emetico inimmaginabile. Se tutti ci fossimo ribattezzati "Luther Blissett"l'eco della reputazione virtuale di Kipper avrebbe raggiunto le più remote lande, e sarebbe stata un'ottima pubblicità per i suoi osceni video. Tanto Kipper quanto il neoista Stewart Home colsero subito la sarcastica bestialità della proposta, e ne furono entusiasti. Poiché, ognuno per i fatti suoi, stavamo per andare in vacanza, decidemmo di riconvocarci in autunno. A metà giugno, come tutti gli anni, tornai a New York. Agli inizi di luglio andai a trovare Ray Johnson nel suo eremo, e gli feci vedere una copia molto rovinata di un film di Kipper, A Russian Supreme. Rise come un bambino, anche se (scusami, Harry!) il soggetto era piuttosto deprimente...Gli piacque anche l'idea di multiple name Luther Blissett': Suona davvero buffo!', disse. Passai il week-end a Locust Valley ad inventare assieme a Ray storielle su Blissett perseguitato da Scotland Yard' e altre facezie utili ad avviare la macchina. Prendemmo spunto dai Rosacroce, che nel XVII secolo avevano scritto la biografia di Christian Rosenkreutz, immaginario fondatore della loro confraternita, vissuto duecento anni prima. Harry, suo malgrado, divenne il nostro Rosenkreutz, il protagonista del mito fondativo. Ray scrisse il primissimo "Luther Blissett Manifesto...", un documento che conteneva anche la frase poi citata e manipolata da Vittore Baroni: "create le vostre opere di Luther Blissett, create il vostro Luther Blissett e lasciatelo circolare liberamente assieme all'originale. Teniamo viva e visibile la leggenda dei Luther Blissett virtuali". Vittore, tra l'altro, suonava e suona nei Manitou Scissors/Forbici di Manitù (band che stava risonorizzando completamente i documentari di Harry) e fu uno dei primissimi destinatari di quel Manifesto [4].
Tornai nell'UK a novembre, e all'inizio del '94 Albione cominciò a riempirsi di Luthers. Oggi Harry si fa chiamare Reverend William Cooper, e propaganda il sesso estremo' in tutte le sue forme; Stewart è discretamente noto come romanziere [5], io faccio performances sul tema delle epidemie e Ray è morto, lasciando dietro di sé strani indizi. Pochi giorni dopo il suicidio, ho fatto alcune scoperte sconvolgenti in casa di Ray assieme al suo agente Rick Faigen e all'avvocato ingaggiato dai famigliari: tutti sapevano del totale disinteresse di Ray per il lusso e le comodità, nondimeno abbiamo trovato quasi 400.000 dollari in un suo conto in banca, intestato a...Luther Blissett. Mentre eravamo in casa, il postino ha consegnato una cartolina indirizzata a Ray, spedita da Los Angeles proprio il 13 gennaio. C'era scritto: 'Se stai leggendo queste righe, vuol dire che sono morto. Firmato: Ray Johnson'. Non sembra uno dei suoi collages?
Mentre Luther spopola in molti paesi occidentali, dando il suo contributo a tenere "viva e visibile"la leggenda del Ray virtuale, e mentre il Ray reale - che aveva soffiato la vita nel multiple name - giace da qualche parte in America, esce questo libro. Non si tratta di un bilancio teorico della prima fase del Luther Blissett Project, anche se può essere letto in questa chiave. È piuttosto una deriva tra i fenomeni e i segnali di un nuovo modo di pensare e di voler cambiare la vita. È oggi possibile realizzare l'unità essenziale tra sogno e azione, ai fini di una liberazione totale; per fare questo occorre sbarazzarsi una volta per tutte del concetto di In-dividuo (nozione profondamente reazionaria, antropocentrica e strettamente connessa al concetto di copyright) in nome del [Con-]dividuo, vale a dire di una singolarità multipla il cui profilo comporta nuove idee di "responsabilità"e di "volontà", e non ha nulla da offrire a giuristi e magistrati (6). Ogni singolo corpo-mente (ogni -dividuo) è attraversato da vorticosi flussi di comunicazione che, travalicando i confini del corpo individuale, creano un'elastica comunanza tra le singolarità, la condividualità. Il No Copyright, il plagiarismo, i multiple names, tutte le pratiche di networking controculturale... Si tratta di tappe importanti nel cammino della specie umana verso la condividualità.
In una puntata di Star Trek - The Next Generation, intitolata "Darmok"(data
astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise s'imbatte nei criptici e misteriosi
Tamariani, il cui modo di esprimersi è totalmente incomprensibile
agli umani e agli altri popoli della Federazione dei pianeti. I Tamariani
sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna loro frase
segue una consequenzialità logica o linguistica. Ai nostri eroi occorre
un po' di tempo per capire che i Tamariani citano episodi della loro storia
e mitologia, episodi che costituiscono dei veri e propri "precedenti
segnico-linguistici"a cui ricondurre la situazione in cui ci si trova.
Ad esempio: "Shàkah quando caddero le mura" può significare
"Fallimento", "Ho sbagliato!", oppure "Che sfortuna!";
"Tembàh, le sue braccia aperte" si può tradurre con "Generosità",
"Prendi questo dono", o "Grazie di questo dono"; "Miràh,
le sue vele spiegate" sta per "fuga", "Andiamo via !"o
"Io me ne vado"; "Il fiume Temark durante l'inverno"
significa più o meno "immobilità", "Fermo!"
o "Stai zitto!"; "Sindah, la sua faccia nera e gli occhi
rossi "significa "morte", "moribondo", "sto
per morire" etc. Il linguaggio tamariano non è logico-referenziale
ma immaginativo-simbolico, iconico, analogico, ed evolvendosi non ha dato
luogo a quella che noi chiamiamo "identità". Da quel poco
che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una "omologazione"
totalitaria all'interno di una società intesa in maniera organicistica,
o (in parole più povere) di un livellamento delle differenze individuali
in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale. Al contrario,
i tamariani attingono collettivamente ad un patrimonio di storie e di immagini
che si modifica costantemente, e i loro rapporti interpersonali sono una
specie di gioco di ruolo nel quale il singolo si appropria e/o si sveste
di tutti i ruoli e di tutte le "identità"; la condivisione
delle esperienze, la comunanza e la compartecipazione emotiva, sono per
loro tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto prescindono dal
concetto di in-dividuo: l'Io dei tamariani è molteplice e multiverso,
la loro soggettività è decentrata. Per questo non c'è
una vera e propria distinzione tra soggetto, predicato e complemento oggetto:
nelle frasi che ho riportato ci sono, genericamente, un "non riuscire",
un "donare", un "andare via" e un "non-agire",
azioni di cui si ammettono serenamente la complessità, la ricchezza
di significati e l'irriducibilità ad una analisi logica. La situazione
che si crea non viene definita e intrappolata nel linguaggio [7].
Il linguaggio
tamariano non è segreto né esclusivo, non è un argot
che la comunità crea per difendersi dal mondo esterno. Anzi, i tamariani
vogliono condividere il loro immaginario e la loro memoria, vogliono ampliarli
e contaminarli per capire e farsi capire. Difatti, poiché è
impossibile capirsi senza conoscere gli stessi miti, occorre crearne assieme
di nuovi, così Datohn, il capitano della nave tamariana, si fa teletrasportare
assieme al capitano dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adrel IV, un pianeta
disabitato e inospitale, dove essi devono collaborare per sopravvivere e
difendersi dalle irradiazioni di una energia distruttiva.
Questa situazione si ispira a quella definita "Darmok e Djalad a
Tanagra"(due eroi della mitologia tamariana, intrappolati su un'isola
abitata da una Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria dello spettatore
il grido d'esultanza di Datohn allorché Picard inizia a capire i
suoi messaggi: "SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIÙ COPERTI!". Dei due
si salva solo Picard, ma ormai il precedente è stabilito: d'ora in poi,
tamariani e federati potranno manifestare l'intenzione di comunicare dicendo:
"Picard e Datohn su El-Adrel".
Potrei accontentarmi di affermare che il Multiple Name è uno scudo contro i tentativi del potere costituito di identificare e individuare i suoi nemici, un'arma in mano a quella che Marx definiva ironicamente "la parte cattiva" della società: nel film Spartacus di Stanley Kubrick (USA 1960), tutti gli schiavi sconfitti e catturati da Crasso dichiarano di essere Spartaco, come gli zapatisti sono tutti Marcos e io siamo tutti Luther Blissett. Ma non mi accontento, perché il nome collettivo ha anche una valenza fondativa, in quanto mira a costruire un mito aperto, elastico e ridefinibile in un network tamariano degli eventi i cui prodromi vengono illuminati retrospettivamente dalla morte di Ray Johnson. Occorre però intenderci su cosa sia il mito. Comunemente la parola "mito" si usa per designare una cosa non vera. Gli enunciati che gli antropologi chiamano miti descrivono eventi mai avvenuti; difatti chi narra i miti non si aspetta certo che si ripetano: essi appartengono ad una remota "era dei miracoli", prima che il mondo andasse come va ora. È tuttavia un errore guardare al mito solo come ad una storia mistificata: esso è il più delle volte un atto istitutivo, la storia della prima esecuzione di quell'atto che il rituale ancora perpetua e che convalida un certo diritto nei rapporti sociali. Le narrazioni della venuta del capostipite di una stirpe reale, che reca con sé tutti gli strumenti della civilizzazione, o i miracoli compiuti dal primo antenato di una autorità rituale o il primo uomo che ha usato un certo tipo di magia, sono miti perché convalidano il diritto dei discendenti di esercitare l'autorità politica o spirituale, o a detenere il monopolio nella pratica della magia. Ci sono poi i "miti delle origini", che raccontano come la morte e il lavoro (più o meno la stessa cosa) si siano introdotti nel mondo e come la terra fu separata dal cielo per punire chi aveva disobbedito agli ordini divini. Questi miti cercano di rispondere a dei "perché" universali. I miti con cui la cultura giudaico-cristiana ha maggiore dimestichezza sono comunque quelli escatologici, vale a dire poggianti su una concezione lineare del tempo e proiettati verso il futuro, come i miti apocalittico-millenaristici o i miti di rinnovamento sociale. Nel 1962 il situazionista Raoul Vaneigem scriveva:
"Nato dalla volontà degli uomini di sopravvivere alle forze incontrollabili della natura, il mito è una politica di salute pubblica che si è mantenuta al di là della sua necessità, e si è confermata nella sua forza tirannica riducendo la vita all'unica dimensione della sopravvivenza, negandola come movimento e totalità."
La convivenza col mito
è certo scomoda, tuttavia è inevitabile, come è stato
inevitabile che, nel fuoco-e-sangue delle rivolte e delle guerre di classe,
ci si affidasse a questa cristallizzazione dell'immaginario collettivo che
illude nell'incanalarsi di ogni azione in un divenire lineare e predicibile.
Edgar Morin afferma:
"Non dobbiamo operare una semplificazione, credendo che i miti siano mentitori. Essi sono in grado di creare illusioni e di consentire menzogne proprio perché sono 'veri', veri nel senso in cui il grande mito porta, concentra e traduce in sé le aspirazioni profonde non soltanto di un'epoca o di una società, ma più in generale anche dell'umanità. Questo vale per i miti democratici della libertà, dell'eguaglianza, della fraternità e per i miti socialisti, comunisti, libertari".
Il problema non è la presunta "mendacia" del mito,
bensì la sua sopravvivenza oltre le forme storiche delle necessità
e aspirazioni che raccoglie e dirige. L'immaginario sistematizzato e ritualizzato
diviene immagine sociale del potere costituito. Il mito di trasformazione
sociale diventa mito fondante della comunità fittizia costruita e
rappresentata dal potere: il "Progresso" fonda la cosiddetta "Umanità"-
protagonista della "Storia"-, l'atto istitutivo fonda la "Nazione",
etc. Tutte soggettività astratte, da scrivere con la maiuscola reverenziale.
Il mito fondante degli USA (di evidente derivazione apocalittica e millenaristica)
non fu forse quello della "Frontiera", risoltosi poi nello sterminio
dei popoli nativi e divenuto infine il collante ideologico dell'imperialismo
yankee novecentesco? Per non parlare dei guasti provocati dal mito del "Proletariato":
anziché porre le basi della sua AUTONEGAZIONE in quanto classe, il
movimento comunista esaltò fin quasi al misticismo il suo ruolo nel presente,
le sue "mani callose", il suo onore e la sua "dirittura morale";
qui si mescolavano la spazzatura pauperistica cristiana e una sopravvissuta
fiducia nell'attendibilità delle scienze sociali borghesi: il proletario
veniva identificato sociologicamente con l'operaio in sé (mentre
Marx aveva scritto che "il proletariato è rivoluzionario oppure
non è nulla"), oppure fatto combaciare col "povero"
delle Sacre Scritture, o addirittura tutte e due le cose assieme. Risultato:
il "realismo socialista", il puritanesimo dei comunisti, la morale
sessuale coercitiva contro la "decadenza" borghese e tutta l'altra
merda, da Kim Il Sung all'italiano Aldo Brandirali.
Ma le relazioni sociali
umane non potranno mai poggiare su un'impossibile rimozione del fantastico
e del simbolico in nome di una razionalità astratta, quindi l'immaginario
collettivo continuerà a produrre mitologie. Non può dunque
trattarsi di "distruggere i miti": dobbiamo convogliare i nostri
sforzi in un'altra direzione: mantenere l'immaginario in continuo movimento,
non lasciarlo raggrumare, capire quando e come il mito va smembrato, rielaborato
o lasciato cadere del tutto, prima che la pluralità di immagini torni
ad essere "assoluto unitario".
Occorre fare netsurfing, scorribande nell'immaginario collettivo; occorre creare nuove situazioni teletrasportandosi su pianeti ostili: Picard e Datowm su Elladrel. Come leggerete nel prossimo capitolo, è in una nuova "ricerca del Graal" che dobbiamo cimentarci, ma ad accompagnarci non saranno nobili cavalieri, bensì un incallito truffatore: Reggie Dunlop.
Chi è Reggie Dunlop? Potete incontrare questo Grande Manipolatore e inventore di leggende metropolitane nel film Slapshot di George Roy Hill ("Colpo secco", USA 1977). Dunlop, interpretato da Paul Newman, è capitano e allenatore di una squadra di hockey su ghiaccio, i Charlestown Chiefs. I Chiefs navigano in cattive acque di classifica, e l'industria che li sponsorizza rischia la bancarotta. Per cercare di rimediare, Dunlop si inventa un'imprecisata e inesistente società della Florida interessata a rilevare la squadra, spaccia notizie false a TV e giornali, avvia un vortice di leggende e panzane dal quale rischia di essere inghiottito e stritolato. L'atmosfera attorno ai Chiefs cambia repentinamente, la squadra torna a vincere e altre società - stavolta vere - propongono contratti ai giocatori.
Dunlop è solo la versione euforica e briosa di un personaggio tipico della narrativa americana: colui che riesce a giostrare con abilità nel "gioco di ruolo" della simulazione e della guerra psichica, il più delle volte in corsa contro il tempo, costretto a saltare di identità in identità, a spiazzare gli avversari e i media, ad attaccare il nemico non nella postazione che sta abbandonando bensì in quella che sta per occupare. James Ellroy, nel suo ultraviolento romanzo White Jazz (1992) ha narrato le gesta del sordido sbirro corrotto Dave D. Klein, la versione più dark di Reggie Dunlop che mi sia mai capitato di incontrare. Nel romanzo di Robert A. Heinlein La luna è una severa maestra (1966), Dunlop è addirittura un computer autocosciente, Mike, che crea un leader rivoluzionario virtuale, Adam Selene. Potrei fare decine di esempi, ma è solo in Slapshot - e, in modo diverso, nella cult-novel di John Shirley, Transmaniacon (cfr. cap.4) che le tattiche e le strategie della guerra psichica vengono esposte con la massima chiarezza. Luther Blissett è attualmente il prototipo più avanzato di Reggie Dunlop, perché coniuga la guerra psichica e la transmaniacalita alla pratica del Multiple Name e alle suggestioni tamariane in materia di mito. Se Reggie Dunlop era un semplice individuo, Luther Blissett è un condividuo, una singolarità multipla.
EXCURSUS: DUE OMAGGI DOVUTI
Luther Blissett è stato preceduto da misconosciute esperienze "seminali" di networking e di uso della leggenda metropolitana, una delle quali dà il nome al libro che stai leggendo. Mind Invaders, Italia, primi anni '80. Si trattava di una rock-band non più reale dei "misteriosi nuovi proprietari dei Charlestown Chiefs", band di cui veniva anonimamente prodotto e distribuito materiale informativo e propagandistico, oltre a gadgets e a false interviste che venivano presto smentite dagli inesistenti "diretti interessati"( la smentita veniva a sua volta dichiarata falsa, e i suoi autori definiti "impostori", poi i presunti impostori replicavano etc.). Ecco un estratto da un comunicato-stampa diramato da Udine il 31/5/1980, introdotto dalla frase: "Siamo venuti in possesso di questo volgare falso che verrà presto smentito":
"Per soddisfare le morbose curiosità di quanti vogliono conoscere la genesi dei Mind Invaders, ma soprattutto per porre fine alle dicerie di chi sostiene che sono nati recentemente sulla scia di altri gruppi musicali più famosi, vi rendiamo noto quanto segue: già nel 1976 Chris Lutman ed Emoform componevano i loro primi pezzi, sperimentando le possibilità di un potente generatore di infrasuoni, costruito in collaborazione con il Laboratory of Physics - Iowa... In particolare hanno composto la suite "Heartquake" che è stata eseguita in pubblico il 6 maggio e il 15 settembre dello stesso anno [...] A chiunque volesse acquistare il disco Music for Entertainment vorremmo precisare che può essere suonato soltanto con lo speciale apparecchio prodotto dalla ALDO MANCUSO & Sons, provvisto di due testine che con una presa a tenaglia permettono la lettura contemporanea di entrambe le facciate del disco [...] firmato: ALDO MANCUSO".
Ed ecco un altro comunicato, stavolta senza data, preceduto dall'annuncio "Seguiranno al più presto il disco e alcune cassette":
"Nel concerto di Udine del 29.9.79 all'auditorium Zanon (strapieno) siamo intervenuti con una macchina di nostra creazione che produce sensazioni sonore, tattili e olfattive che hanno provocato un'esplosione di rigetto da parte del pubblico il quale si è allontanato in massa. Consideriamo questo esperimento non perfettamente riuscito data la completa omogeneità di risposta da parte del pubblico che si è riconfermato tale [...]".
Grazie a questa impressionante sequela di panzane e all'appoggio di alcune fanzines e di bands vere che li citavano nelle interviste o che inserivano il loro nome nei credits dei dischi, i Mind Invaders ebbero i loro album immaginari recensiti più volte - in tutta serietà - da alcune riviste del settore (su tutte Rockstar, che all'epoca aveva una certa importanza e diffusione). Questo provocò anche le lagnanze di altri gruppi. Ad esempio, tali Electric Eyes di Firenze scrissero quanto segue alla rubrica di Red Ronnie su Rockstar:
"Carissimo direttore, vorrei proporle un quesito: non le pare che Lei, pubblicando per due volte di seguito nella rubrica Rockers la recensione dei Mind Invaders, rubi spazio a tutti gli altri gruppi (tra i quali il mio) che le scrivono fiduciosi?...Andate a fanculo!".
Si dice che dietro i Mind Invaders ci fossero alcuni mail-artisti italiani, ed in particolare Piermario Ciani, amico personale di quell'Harry Kipper che all'epoca già usava lo pseudonimo "Luther Blissett". Se per caso avete Slapshot su videocassetta (e se siete degli osservatori) scoprirete che, durante una carrellata sul pubblico della finale del campionato, sulla T-shirt di una ragazza si legge chiaramente la scritta in rosso "MIND INVADERS". Tutto torna. Abituatevi per tempo a questo andamento ellittico e divagante.
Il netsurfing inizia, l'ultimo click di questo capitolo ci porta a TRAX, un condividuo materializzatosi nel Mail Art Network nel 1981, i cui preziosi testi sono stati ampiamente saccheggiati, plagiati e rivisitati da Luther Blissett in molti manifesti, volantini, editoriali, e il cui sistema "modulare"di propagazione è servito a seminare ciò che Luther ha raccolto. Per sei lunghi anni, TRAX fu
un corpo misterioso vagante nello scenario dei media 'giovanili' degli anni '80: una cospirazione internazionale, un sistema impersonale, un network autonomo e indipendente. Esistono molti punti di riferimento, ma sono più importanti gli spazi vuoti [...] TRAX si adegua solo in parte a qualsiasi tipo di realtà: la ricerca elettronica, la musica 'industriale', la Mail Art, la Copy Art, la poesia visiva e sonora, il cut-up, la performance, etc. TRAX frantuma le forme consuete del disco, dell'audiocassetta, della rivista o dell'opera grafica, creando una serie di works in progress smontabili e rimontabili a piacimento dal fruitore..."(AA.VV. "LAST TRAX - Final Report of the Trax Project", libro+disco autoprodotto da Piermario Ciani, Vittore Baroni e Massimo Giacon).
TRAX ("Tracks"- tracce, solchi - o, leggendo al contrario, "X-Art", arte proibita) si proponeva di produrre il più possibile, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, parodiando le multinazionali per quanto riguardava i modelli produttivi. In pratica, TRAX era una specie di griffe con cui chiunque poteva firmare i propri lavori. Chiunque aderiva al progetto diventava un'unità TRAX, contrassegnata dalla parola magica e da un numero che indicava solamente l'ordine progressivo di adesione (es. "Piermario Ciani - TRAX 01; "Vittore Baroni"- TRAX 02... Shozo Shimamoto - TRAX 0383..."etc.). Il progetto prevedeva due ruoli operativi intercambiabili: erano dette Unità Centrali quelle che organizzavano e producevano un dato "modulo"(vale a dire un evento, una collana, una determinata ramificazione del progetto), e Unità Periferiche tutti gli altri partecipanti. Dal giugno 1981 al giugno 1987 operarono come Unità Periferiche circa 500 persone da una trentina di nazioni diverse, e dieci Unità Centrali. Tra i media coinvolti in Italia, le riviste Frizzer, Frigidaire e Tempi supplementari, che nel 1985-86 pubblicarono a puntate il fumetto "TRAXMAN"(testi di TRAX 02, disegni di TRAX 03). I moduli furono performances, concerti, dischi, cassette, fumetti, racconti, poesie, films, videoinstallazioni, T-shirts, cartoline etc. La fine del progetto era prevista per il 1987, e fu ufficializzata da queste frasi di TRAX 02:
"TRAX ha proposto un modello operativo, ha fornito un esempio, ma preferisce dissolversi prima che il gioco si trasformi in una sterile ripetizione di gesti. Occorre un nuovo scarto dalla norma, ora che sono state saggiate le capacità dei diversi networks sotterranei. Questi universi paralleli, di cui spesso non si sospetta neppure l'esistenza, potranno incrociarsi e proiettarsi sempre più all'esterno, verso milioni di persone potenzialmente interessate a ricucire, in senso evoluzionistico, il divario tra scienza e creatività..." (LAST TRAX, cit.).
È superfluo ribadire l'importanza di TRAX, basti pensare che tutto ciò è successo 8-14 anni fa. TRAX giocò d'anticipo col franchising [8] quando ancora era poco chiara la portata delle ristrutturazioni industriali che stavano disgregando il modello fordista -taylorista, e quando un VIC 20 o un Commodore 64 erano l'esperienza più tangibile della "terza rivoluzione industriale" che un ragazzino potesse fare. Un triplo hurrà per TRAX!
NOTE
1. " I Multiple Names sono firme che l'avanguardia degli anni Settanta e Ottanta ha proposto per un uso seriale. Sebbene ve ne siano stati di diverso tipo, i più comuni sono nomi propri inventati che, per volontà di chi li propone, possono essere usati da chiunque come contesti o come identità. L'idea è quella di creare un corpus di opere artistiche usando quest'identità inventata [...] I Multiple Names hanno a che fare con le teorie dei giochi più radicali..." (Festival of Plagiarism, London January/February 1988).
2. "Karen Eliot è il nome di un singolo essere umano che può essere chiunque. Il nome è stabilito, le persone che lo usano non lo sono. L'intento di tante diverse persone che usano lo stesso nome è quello di creare una situazione di cui nessuno in particolare è responsabile, oltre ad esaminare praticamente le nozioni filosofiche occidentali di identità, individualità, originalità, valore e verità. Chiunque può divenire Karen Eliot semplicemente adottando il nome, ma chi lo adotta è Karen Eliot solo nel periodo di tempo in cui usa il nome. Karen Eliot non è nata: piuttosto, si è materializzata come contesto aperto nell'estate del 1985. Quando si diventa Karen Eliot, la propria precedente esistenza consiste nelle azioni che altre persone hanno compiuto usando il nome. Quando si diventa Karen Eliot, non si ha più famiglia né nascita. Si diceva sopra che Karen Eliot non è nata: ella è l'incarnazione delle correnti sociali, ed è stata costruita come uno strumento per muoversi sul terreno franoso che circonda l'"individuo" e la società. Il nome Karen Eliot può essere usato strategicamente per siglare azioni, interventi, mostre e testi di ogni tipo. Quando rispondi a lettere o domande riguardanti un testo o azione siglato Karen Eliot, rispondi continuando a usare questo nome. Invece nei rapporti amicali e personali dove hai un'esistenza altra rispetto a quella di chi usa il nome, non ha senso continuare ad usarlo. Se usi il nome nella tua vita privata c'è il rischio che Karen Eliot venga identificata con una persona precisa"(da: Stewart Home, Neoism, Plagiarism & Praxis, AK Press, Edinburgh, UK 1995)
3. Pubblicato per la prima volta in Italia su Virus #5, giugno 1995. Traduzione di Antonio Caronia.
4. Sul n.42-43 della rivista italiana di musica e controcultura Rumore (luglio-agosto 1995), Vittore ha curato un inserto speciale sull'"effetto Blissett", ed esordiva con questa frase: "...il fenomeno Blissett, splendida concretizzazione di un sistema auto-generante di ogni sorta di imprevedibili e strampalate azioni di guerriglia culturale, portate avanti collettivamente e anonimamente senza alcuna gerarchia o coordinamento centrale, ci ha colti [...] di sorpresa, apparendo come dal nulla...". Questa è una classicissima Diminutio auctoris, un atto di falsa modestia a cui non va dato troppo credito: Vittore non solo era al corrente fin dai primi giorni di quale fosse la natura della cospirazione, ma ne è stato anche uno dei massimi promotori e teorici dal gennaio 1994 in avanti.
5. Di Stewart Home dal 1989 al 1994 sono usciti i seguenti romanzi: Defiant Pose (Peter Owen 1991), Pure Mania (Polygon Books, 1992), Red London (AK Press, Edinburgh 1994) e la raccolta di racconti No Pity (AK Press, Edinburgh 1993) [Oggi sono reperibili in italiano: "Assalto alla cultura", Venezia, AAA Edizioni, 1996; "Marci, sporchi e imbecilli", Roma, Castelvecchi, 1996; "Neoismo e altri scritti", Milano, Costa & Nolan, 1997 ].
6. Uno spunto filosofico su questo argomento ci è dato da un episodio
della terza serie di Star Trek, Deep Space Nine, intitolato "Il passato
di Dax"(scritto da Peter Allen Fields, data astrale 46910.1). Dax -
uno dei protagonisti della serie - è un Trill, un essere composto
da due entità interdipendenti: un ospitante e un simbionte, cioè
una sorta di parassita alquanto longevo che viene installato nel corpo di
un volontario fino al termine della vita di quest'ultimo, per poi essere
trapiantato in un nuovo ospite e così via per svariate generazioni.
La cosa interessante è che il simbionte trasmette a chi lo accoglie
parte della memoria delle sue vite precedenti e, viceversa, acquisisce l'esperienza
dell'essere ospitante, creando ogni volta un'originale contaminazione di
personalità. Nell'episodio in questione, il Trill Jadzia Dax viene
processato/a per un crimine commesso dal Trill precedente Curzon Dax. La
linea di difesa vincente del Comandante Sisko si basa sulla constatazione
che Jadzia Dax è un essere nuovo rispetto a Curzon Dax, poiché
con la nuova unione si è verificata una ricombinazione di personalità
che si sono modificate reciprocamente e che sono ormai indistinguibili.
Non è possibile processare singolarmente il simbionte Dax che vive
dentro Jadzia per il crimine che ha commesso nella sua vita/unione precedente:
esso è ormai irrimediabilmente diverso da come era prima di unirsi
a lei.
Una lettura allegorica di questo episodio ci porta ad affermare che ognuno
di noi è un Trill: non siamo unità chiuse sempre identiche a se
stesse, bensì dei sistemi aperti e ricettivi disponibili a un'infinità
di reincarnazioni, di nuove simbiosi, che spazzano via le responsabilità
delle vite precedenti e ci arricchiscono di nuovi ricordi e nuove sensazioni.
Questa constatazione ci schiera necessariamente contro il sistema poliziesco
che, nella vita reale come in Star Trek, vorrebbe imporci di essere sempre
e soltanto una persona singola, distinguibile, un'unità numerabile, tassabile,
processabile, eleggibile e via di questo passo...
7. Persone di buone letture, gli autori dello script (Philip Labeznik
e Joe Menosky). Tra le cose lette e ruminate, sicuramente questi passi di
F.W. Nietzsche, da Crepuscolo degli idoli: "Il linguaggio appartiene,
secondo la sua origine nel tempo, alla forma più rudimentale di psicologia:
se prendiamo coscienza dei presupposti fondamentali della metafisica del
linguaggio - in parole più chiare, della ragione - penetriamo in
un rozzo feticismo. Esso vede ovunque autore e atto: crede nella volontà
come causa in generale; crede nell'io', nell'io come essere, nell'io come
sostanza, e proietta su ogni cosa la fede nell'io-sostanza - solo così
crea il concetto di 'cosa'[...] La 'ragione' nel linguaggio: oh, vecchia
infida baldracca!
Temo che non ci libereremo di Dio, perché crediamo ancora nella grammatica..."
8. Franchising. Modalità con cui l'impresa-a-rete postfordista (es. Benetton) organizza la distribuzione del marchio e del prodotto, "gestione sociale e politica delle reti attraverso il marchiò, piuttosto che vincoli diretti, disciplinari o amministrativi"(M. Lazzarato) come invece accadeva nel fordismo. Un commerciante può aprire un negozio sfruttando marchio, materie prime e tecnologie di una casa madre che programma il piano di investimento da affrontare e concede l'eventuale esclusiva territoriale. Progetto, scelta e arredamento dei locali nonché promozione sono a carico della casa madre (franchisor), mentre al gestore spettano i costi di arredamento e gestione. Il franchisor, in pratica, offre al commerciante "un'aura, un'identità, un mezzo di produzione di reddito. Il commerciante non sarà più il commerciante anonimo, ma il negozio Benetton"(Idem). In questo modo una grande ditta può lasciare che sia una rete di lavoratori autonomi "nobilitati" dal trademark a sobbarcarsi i costi amministrativi e fiscali della distribuzione. TRAX ha funzionato ad un tempo come anticipazione e parodia del franchising.
...Tra uno e due...
"Ci piace pensare che quelli che cercavano il Graal non erano stupidi"
Internationale Lettriste, Potlatch #8, 10/8/1954
Quella che segue è la traduzione di "The Grail Unveiled",
un breve saggio pubblicato sul n.2 di RE:ACTION - Newsletter of the Neoist Alliance (London, Summer Solstice 1995). La
Neoist Alliance (BM Senior, London WC1N 3XX, UK) è una delle più
importanti realtà dell'underground londinese, aderente al Luther
Blissett Project sin dal suo avvio. "The Grail Unveiled" è
una vera e propria dichiarazione di poetica del gruppo. Sebbene il testo
sia complesso e pieno di riferimenti non immediatamente comprensibili ai
lettori italiani, ho scelto di includerlo in questo libro (eliminando alcune
divagazioni, dividendolo in paragrafi e corredandolo di note esplicative)
perché si tratta di una brillante esposizione di come Luther Blissett
usa il mito (antico o contemporaneo che sia), e di come quest'uso non abbia
assolutamente nulla a che fare con quello tipico delle filosofie reazionarie.
La Neoist Alliance - d'ora in poi NA - è stata fondata nel 1993 da
Stewart Home. La parola "Neoismo" significa letteralmente "un
nuovo ismo", quindi significa tutto e niente [1]. La NA si dedica alla
"distruzione di ogni credo monoteistico" e alla diffusione di
"strani culti, misticismo, para-scienza e antifilosofie", oltreché
a "incoraggiare il culto della turpitudine"e a "provocare
invidia, malcontento, rivolta e guerra di classe". Tutto ciò
si concretizza in un'incessante guerriglia mediatica contro l'establishment
culturale "per prendere il controllo della stampa e delle telecomunicazioni,
del cinema e del teatro, di tutto quanto possa influenzare la pubblica opinione...
allo scopo di distruggere dall'interno le istituzioni della classe dominante,
provocando dissenso"[2]. Questo programma è in realtà
un capovolgimento "in positivo"di un testo dell'Imperial Fascist
League in cui era esposto il presunto modus operandi di quanti tra le due
guerre si opponevano all'avanzata del fascismo.
La NA maneggia e manipola con disinvoltura metafore alchemiche, religiosità
neo-pagana, teorie della cospirazione, dottrine rosacrociane e riferimenti
alle architetture massoniche. Ma non vi è alcuna superficialità
nel suo approccio: la provocatorietà di certe affermazioni non è
mai fine a sé stessa, bensì - come ha scritto Mikhail Bachtin
a proposito di Rabelais - porta a "creare tra le cose e le idee nuovi
vicinati...[a] porre accanto e riunire ciò che è stato fallacemente
diviso e allontanato e disgiungere ciò che è stato fallacemente
avvicinato"[3]. Ad esempio, l'uso della parola "celtico"
come sinonimo di "meticcio", di "multietnico" o addirittura
di "afro-europeo" non è un semplice detournement, anzi
ha una precisa rispondenza in alcune teorie storico-antropologiche e serve
- come vedremo - a portare l'attacco al cuore stesso del mito di una "cultura
europea" ancestrale, mito tanto caro alle vecchie e nuove destre.
Per capire "The Grail Unveiled"è necessario avere anche
solo un'infarinatura di cosa sia il Graal e di cosa sia il druidismo. Il
Sacro Graal (ant. franc. coppa) è, secondo le leggende, il calice
di cui Gesù Cristo si sarebbe servito nell'ultima cena e in cui Giuseppe
d'Arimatea avrebbe raccolto un po' del sangue di Cristo deposto dalla croce,
portandolo poi in Bretagna. Essendo andato perduto, sarebbe sorto l'ordine
dei Cavalieri del Sacro Graal per cercarlo e, dopo che fu ritrovato, conservarlo
e difenderlo. Il calice era invisibile a chi non fosse in stato di assoluta
purezza spirituale. La leggenda ha dato vita a diversi poemi cavallereschi.
La destra cattolica e/o fascista legge la ricerca del Graal come l'allegoria
di una restaurazione della "cultura europea" e della sua purezza
razziale, di una rivolta contro il mondo moderno, borghese, secolarizzato.
La NA sconvolge questa interpretazione, e vede nel Graal il simbolo di quei
politeismi pagani che hanno costantemente solcato e corroso la cristianità,
di un melting pot che non smetterà mai di arricchire l'esperienza
della specie umana. Non c'è mai stata alcuna "purezza",
e i miti non vanno restaurati ma usati come "significanti di un continuo
divenire", di un networking che costruisce il con-dividuo. A questo
punto è facile capire che l'attenzione della NA (e di un altro importante
gruppo, la London Psychogeographical Association [4]) per il druidismo è
la negazione attiva della fascinazione nazista per i miti nordici: si tratta
di un'indagine su come un coacervo di incerte mitologie, di identità
remote e immagini vaghe sia stato riempito di nuovi significati, detournato
e adattato a nuove esigenze. Nel caso dei druidi (gli antichi sacerdoti
del culto celtico della vegetazione) ciò è avvenuto a partire
dal Rinascimento e ha subito una decisa accelerazione dopo il Romanticismo.
Da allora in poi il revival druidico è consistito in un continuo processo
di reinvenzione della tradizione, finalizzato a un'esperienza religiosa
cosmopolitica che, in nome del Legame Universale ("the Universal Bond")
tra tutti gli esseri umani, ha accettato e assorbito elementi delle filosofie
orientali e della cultura nativo-americana. Questi elementi sono stati integrati
in un culto del Paesaggio Sacro ("Sacred Landscape") che, nel
Regno Unito, ha avuto una qualche influenza sul socialismo utopistico a
cavallo tra XIX e XX secolo [5]. È proprio questa tendenza del druidismo
alla "cultural cross-fertilisation"che la NA vuole ampliare e
radicalizzare, e per questo in "The Grail Unveiled"viene descritto
l'Avanbardo, vale a dire chi si pone creativamente oltre l'antitesi tra
Progresso e Tradizione. Ciò che l'Avanbardo(6) annuncia è il definitivo
superamento della crisi postmoderna. Il/la portavoce della NA si chiama,
manco a dirlo, Luther Blissett.
NOTE
1. Cfr. Stewart Home, The Assault on Culture - Utopian Currents from Lettrisme to Class War, AK Press, Edinburgh 1991; Stewart Home, Neoist Manifestos/The Art Strike Papers, AK Press, Edinburgh 1991; Stewart Home, Neoism, Plagiarism & Praxis, cit.
2. "Programme of the Neoist Alliance", da S. Home, Neoism, Plagiarism & Praxis, cit.
3. M. Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 1979.
4. La London Psychogeographical Association è stata fondata da Richard Essex nel 1992, e prende il nome da uno dei gruppi radicali che nel 1957 confluirono nell'Internazionale Situazionista. La psicogeografia è "lo studio degli effetti specifici dell'ambiente geografico, consciamente disposto o meno, sulle emozioni e sul comportamento degli individui"("Internationale Situationniste"n. 1, Paris 1958), e la LPA esplora Londra e il territorio circostante studiando gli effetti sullo spazio urbano del periodico riequilibrarsi dei poteri costituiti e delle faide interne alla classe dominante. L'approccio della LPA alla psicogeografia è molto complesso e peculiare e, per quanto riguarda l'esplicito richiamo ai situazionisti, è basato sullo sviluppo delle riflessioni "situlogiche"di Asger Jorn anziché sul sopravvalutato apporto teorico di Guy Debord. Nel 1994 la LPA ha fondato la Luther Blissett 3-Sided Football League (Cfr. Luther Blissett - rivista di guerra psichica e adunate sediziose, #0, Bologna, Grafton 9 aprile-maggio 1995). Chiunque sia interessato a ricevere regolarmente il newsletter della LPA può spedire un vaglia internazionale di 5 sterline a: UNPOPULAR BOOKS, Box 15, 138 Kingsland High Street, London E8 2NS, Gran Bretagna.
5. Dal 1909 al 1946 fu Capo dell'Ordine Britannico dei Druidi l'erborista, dietologo e salutista George Watson MacGregor Reid, più volte candidato socialista alla Camera dei Comuni e al Congresso degli Stati Uniti. Egli "visitò l'Afghanistan e l'India, e ricevette un'iniziazione mistica al buddhismo nel famoso monastero di Kapila, India settentrionale - come druido, adottò il nome di Ayu Subhadra Savvanus. Pare che, più che diventare buddhista, egli abbia integrato il buddhismo nel credo e nella filosofia druidica. MacGregor Reid fu in grado di armonizzare tutto ciò in una forma completamente occidentale, di modo che l'influenza buddhista - al pari di quella islamica e genericamente cristiana - sui riti pubblici dei druidi fosse quasi impercettibile. Uno dei suoi detti più frequenti era: "Dio è troppo grande e grandioso per qualsiasi chiesa
6. Bardi: poeti e cantori sacri e profani, presso i Celti. Insieme ai
druidi e agli ovati costituivano la classe sacerdotale dei Galli.
Nei loro canti, tanto eulogici quanto satirici, celebravano le tradizioni
del clan a cui appartenevano e le gesta del capo. Dopo la conquista romana
i bardi scomparvero dalle Gallie ma in qualche modo sopravvissero durante
il Medioevo in Bretagna, Irlanda, Scozia e Galles. Il Romanticismo riscoprì
il termine e definì "bardi" i poeti che cantavano la patria,
i tormenti dell'anima e il sacrificio dell'eroe. L'avanbardo non ha tradizioni
da celebrare, perché si pone come superamento e sintesi di TUTTE
le tradizioni; il suo clan è l'intera Specie e anziché cantare
le gesta del capo preconizza e predica l'emergere dello Homo Gemeinwesen,
del Con-dividuo.