Da "Zero in condotta", quindicinale bolognese, 8 dicembre 1995:

AIRPORT '95: IN DERIVA AL GUGLIELMO MARCONI

di Luther Blissett *

Settembre '95. Un gruppo di cittadini minaccia di disturbare la partenza degli aerei con un lancio di palloncini. La Magistratura interviene e apre un'indagine per verificare se ci siano gli estremi del reato: interruzione di pubblico servizio.

Flash-back: estate '95. Il rumore è infernale, l'inquinamento acustico sale alle stelle, l'unica centralina di monitoraggio rileva una media di settanta decibel, con punte di centodieci. Per la cronaca, a quel livello si rischiano danni permanenti all'udito. Forse i palloncini trovano una spiegazione...

La preoccupazione maggiore nasce dal progetto di ampliamento del Marconi. È pur vero che ci sono due impedimenti fisici non indifferenti all'allungamento della pista attuale: il fiume Reno e la linea ferroviaria Bologna-Verona. Ma mentre è pressoché impossibile spostare un fiume, si può spostare una ferrovia; l'unico problema sono i costi. Costi che potrebbero essere scaricati o vistosamente ridotti nel caso che la Società Aeroporti di Bologna riuscisse a far salire l'interramento della Bologna-Verona sul baraccone dei lavori per l'Alta Velocità.

Dopo la detonazione delle polemiche, il presidente della S.A.B. Montefameglio, cerca di indorare la pillola: "L'allungamento della pista è inevitabile se non vogliamo che l'aeroporto retroceda in serie B". Secondo lui questo allungamento recherebbe due benefici effetti: innanzitutto, gli apparecchi sorvolerebbero il centro abitato ad un'altezza superiore rispetto a quella attuale, limitando così l'impatto acustico; in secondo luogo diventerebbe possibile l'atterraggio di aerei di grande stazza - più silenziosi perché tecnologicamente più avanzati -, con il conseguente aumento del traffico passeggeri. "Con la pista corta - continua Montefameglio -, nella fase di atterraggio gli aerei sono costretti a invertire il senso di flusso del gas dei reattori, in quanto il solo freno delle ruote non basta, provocando così un fastidioso ululato". La sua certezza è che se l'aeroporto sarà ingrandito, il traffico aereo aumenterà e il rumore diminuirà vistosamente. In altre parole la diminuzione del rumore sarebbe direttamente proporzionale all'ampliamento dell'aeroporto.

Ma, in questa prospettiva, in cosa consiste il vero vantaggio? Ammesso che il rumore diminuisca, si prolungherà però per tutto l'arco della giornata, dato il maggior afflusso di velivoli. Dunque in termini quantitativi la "musica" sarà sempre la stessa.

Ma sarà meglio specificare di chi stiamo parlando. La S.A.B. è una società a capitale misto: la maggioranza delle azioni è detenuta dalla Camera di Commercio e dalla Cassa di Risparmio; la restante parte è suddivisa tra Comune, Provincia e Regione. Vale a dire che i profitti dell'aeroporto vanno a rimpinguare una voce di bilancio dell'amministrazione locale (si parla di un incremento del 50% del traffico aereo negli ultimi tre anni: un business da 2 milioni di passeggeri all'anno legato soprattutto all'afflusso turistico e fieristico...). Dal bilancio al bilancino il passo è breve: lo sviluppo del Marconi ha fatto sì incazzare gli abitanti delle zone limitrofe, ma gli amministratori locali, consapevoli di perdere qualche migliaio di voti, reinvestiranno i profitti dell'aeroporto altrove, in opere elettoralmente vantaggiose. Magari basterà sventolare la bandiera "ecologista" della chiusura del centro storico alle auto... ("E poi mi vengono a raccontare delle automobili, dello smog... Dovrebbero venire qui a vedere la colata nera di cherosene che ogni aereo lascia cadere sulla città" - intervista a un abitante di Lippo di Calderara, su Radio Kappa Centrale, 16/11/95).

C'è dell'altro però. Riempirsi la bocca con i "traguardi europei", secondo la logica terzomondista che è meglio essere gli ultimi dei primi piuttosto che i primi degli ultimi, potrebbe ritorcersi contro la stessa S.A.B. e i suoi azionisti. Infatti chi ha costruito gli altri aeroporti italiani ed europei non ha ritenuto secondario il problema della sicurezza. Al di là del fatto che non si capisce perché una città di neanche mezzo milione di abitanti come Bologna dovrebbe equipaggiarsi di un aeroporto tipo quello di Parigi, sarà il caso di ricordare che il "Charles De Gaulle" è stato edificato a distanza di sicurezza dal centro abitato. Ed è stato dotato di navette che trasportano i passeggeri dalla città all'aeroporto. Il Marconi invece è a un passo dalla tangenziale ed è completamente circondato da aree abitative: quartiere Navile, Borgo Panigale, Lippo di Calderara.

"Il giorno che un aereo verrà giù - e l'errore può sempre capitare -, rusperà tutto il quartiere. Occorre prevenire le tragedie, non portare le corone di fiori dopo..." (RKC, 16/11/1995).

Ancora una volta basterebbe un po' di razionalità e buon senso. Se il traffico del Marconi è soprattutto legato alle Fiere, all'Università e al turismo, è anche vero che i voli potrebbero essere decentrati sfruttando gli altri tre aeroporti della regione: Parma, Forlì e Rimini. Forse sarebbe utile ricordare a chi di dovere che "entrare in Europa" non significa imitare le manie di "prestigio" di Chirac; tantomeno affidarsi a un centralismo straccione del tutto inadeguato alle esigenze della sicurezza e dell'ambiente.

 

* Associazione Psicogeografica di Bologna

 


LEGOLAND IN FERROCEMENTO

"La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel progresso di quei politici, la loro fiducia nella loro 'base di massa', e infine il loro servile inquadramento in un apparato incontrollabile, non erano che tre aspetti della stessa cosa." (Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia)

Su "Tutto Città '95" - giornale pubblicitario dell'amministrazione comunale che ogni bolognese riceve gratuitamente a casa - compare un articolo, a firma di tale Lelio Alfonso, intitolato "Al Marconi si vola di notte", che è un vero e proprio tappeto rosso srotolato per il nuovo ampliamento dell'aeroporto di Bologna. Ne raccomando la lettura, prima che col repulisti di inizio anno tale chicca finisca al macero.

Indorare pillole e supposte non è sempre facile, ma Alfonso si rivela un maestro nel settore. Con un tono assolutamente raggiante il Nostro ci informa che dopo "il progetto per l'ulteriore ampliamento della pista, adesso arriva anche la sorpresa notturna. Un segnale di come a Bologna davvero si voglia puntare in alto". "L'ampliamento - continua Alfonso - consentirà fino a dieci partenze contemporanee e poi, davvero, Bologna sarà l'aeroporto del 2000, funzionale, inserito nell'ambiente e soprattutto a un passo dalla città".

Pura estasi asimoviana! Non una parola sulle conseguenze di questo "puntare in alto". Niente sul fatto che gli abitanti dei quartieri e comuni limitrofi - già adesso stressati dal rumore - dovranno sopportare quelle dieci partenze contemporanee e (sorpresa!) magari anche di notte. Niente sul fatto che l'essere "a un passo dalla città" è già fattore di pericolo per un aeroporto di medie dimensioni come è oggi il Marconi, figuriamoci quando la pista attuale verrà allungata...

Ma Alfonso mi suggerisce una riflessione più ampia.

Tutto il can-can degli ultrà modernisti - questo brusio di sottofondo nell'apocalisse economica ed ecologica che presto li spazzerà via - non è solo propaganda, non è solo il definitivo sacrificio della qualità della vita a favore dell'afflusso di genti e di merci verso il Distretto delle Fiere (Fiera, s.f. bestia selvaggia e feroce). C'è dell'altro ed emerge da tutta la politica urbanistica e territoriale dell'amministrazione locale, di cui l'affare-aeroporto è solo la punta di diamante. Il problema è che la sinistra istituzionale cittadina non riesce a partorire una critica radicale al modernismo, che imponga allo spazio la "misura d'uomo" ("noi abbiamo una pianificazione cittadina che produce solo entropia, produce dispersione di energia e questo è il contrario di qualsiasi ecopiano", Pierluther C., architetto bolognese). Questo discorso vale tanto per le grandi ristrutturazioni urbanistiche in atto, quanto per l'Alta Velocitè ferroviaria e per la Variante di valico. I nostri amministratori (tragicamente privi della pur minima sensibilitè psicogeografica), abbacinati da visioni saint-simoniane e incalzati dal ricatto del sistema economico, si sono adeguati a prestare la loro manodopera qualificata al terrorismo urbanistico della Città delle Fiere. È "una visione del moderno in ferrocemento. È il moderno anonimo delle periferie. Le conseguenze le stiamo già pagando, questa città si sta uccidendo" (Pierluther C.). La cosa più deprimente è che tutto questo viene nascosto dietro il dito di quella miserrima ideologia positivistica che i quadri amministrativi locali hanno ereditato geneticamente dai loro avi; quella sottoepica che "immaginava immense vittorie contro la natura, ma senza reale allargamento delle possibilità della vita quotidiana" (prof. Raoul Vaneigem).

Badate bene, non si tratta di aderire a un eco-fascismo bucolico alla Mulino Bianco, bensì di smascherare ciò che ci viene presentato come modernità e progresso, quando invece non è altro che l'abbrutimento della vita. Io sto parlando di cemento, smog, decibel insopportabili, di montagne che si sbriciolano e di falde acquifere che si inquinano.

Alla trattoria da Gigina il corollario di questa urbanistica circense: la domenica, amministratori e amministrati bolognesi si ritrovano felicemente davanti alle tagliatelle al ragù, a parlare d'Europa, di Bologna polo culturale internazionale e via sbrodolandosi la cravatta con Sirio, Iperbole, Alabarde spaziali, Megastazione Galactica e altre trashate da B-movie di fantascienza. È pur vero che questo ricettario tecno-futuribile per gonzi è la cosmesi più innocua della grandeur bottegaia. Ma il vero punto di non-ritorno restano i progetti urbanistici che, per forza di cose, non hanno l'innocenza e la reversibilità della città dei Lego.

Luther Blissett